La presentazione del DEF, il documento di Economia e Finanza, durante la conferenza stampa tenutasi a palazzo Chigi due giorni fa, ha finalmente dissipato la nebbia per quanto concerne l’inesistenza di soluzioni immediate al problema della riforma pensioni.
Il sistema previdenziale necessita infatti di una riforma pensioni 2023 che possa risolvere il problema di una assenza di prospettiva in merito alla exit pensionistica di molte categorie di lavoratori. Alcune di queste infatti subiranno moltissimi danni nel 2050, anno in cui dovranno saldare il conto con la propria pelle della totale assenza di una politica previdenziale italiana.
Riforma pensioni 2023: perché il governo rimanda?
Con ogni probabilità non ci sarà quindi nessuna quota 41 che il primo anno costerà 4 miliardi, mentre dal secondo anno in poi costerà 9 miliardi. In totale, in tre anni, l’operazione di quota 41 per tutti potrebbe arrivare a superare i 25 miliardi. Una spesa troppo elevata per lo Stato italiano.
Tuttavia anche la legge Fornero va evitata, non tanto per i costi, quanto perché costituirebbe un grave danno di immagine proprio all’attuale esecutivo, che aveva promesso una legge strutturale sulle pensioni. Nonostante la proposta di Pasquale Tridico, ex presidente dell’Inps, che aveva ideato una exit a due tempi dove fino ai 67 anni, l’età anagrafica indicata dalla legge Fornero, si sarebbe percepita una pensione ridotta ed una continuità contributiva fino all’età di 67 anni per poi percepire una pensione piena dopo i 67 anni.
Riforma pensioni 2023: quanto costa quota 41
La proposta di Pasquale Tridico è stata parzialmente ignorata in favore di quota 103 che costituisce un maggior risparmio per il governo, in quanto è in grado di tagliare fino al 30% l’assegno pensionistico. Si tratta di una legge sulle pensioni che si pone a metà tra la riforma pensioni Fornero e la vecchia quota 102 che era stata bocciata proprio per eccesso di costi.
Insomma, anche se la crescita economica sta aumentando quello che manca è il coraggio di fare una legge strutturale che guardi al futuro. Del resto il DEF è stato scritto e pensato all’insegna della prudenza. La situazione legata al conflitto internazionale non è ancora risolta e probabilmente interesserà le economie e gli equilibri geopolitici dell’eurozona per moltissimi anni ancora. Quello che è certo è che la riforma pensioni sarà trattata dopo il lavoro dell’osservatorio ad hoc istituito dal Ministero del Lavoro, proprio pochi giorni prima dalla presentazione del Def. Un modo per prendere tempo? Forse sì, perché di tempo il governo Meloni ne ha davvero bisogno. La riforma pensioni 2023 potrebbe infatti slittare nella Nadef di settembre per poi essere parzialmente affrontata nella legge di bilancio e poi in vista della presentazione del DEF 2024. In quel caso l’attuazione della legge previdenziale partirebbe dal gennaio.