L’intervento del legislatore in relazione al Fondo di solidarietà comunale non solo è necessario, ma è anche urgente. Lo stabilisce la Corte Costituzionale, con una sentenza, la numero 71 con redattore Luca Antonini, in relazione al ricorso proposto dalla Regione Liguria sul Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024. Nelle motivazioni si spiega che all’interno del Fondo di solidarietà comunale, oltre alla tradizionale perequazione ordinaria, che è stata strutturata senza alcun vincolo di destinazione sin da quando è stata istituita, «è stata progressivamente introdotta dal legislatore statale, in forma non coerente con il disegno costituzionale» quella che viene definita «una componente perequativa speciale, non più diretta a colmare le differenze di capacità fiscale, ma puntualmente vincolata a raggiungere determinati livelli essenziali e obiettivi di servizio», con lo scopo di «rimuovere gli squilibri territoriali» nell’erogazione di servizi sociali.
Queste norme, spiega la Consulta, incrementano, tramite le risorse statali, in maniera consistente e progressiva la dotazione del Fondo di solidarietà comunale. Allo stesso tempo, «stabiliscono specifici vincoli di destinazione sulla relativa spesa, in funzione del raggiungimento di livelli essenziali delle prestazioni o di obiettivi di servizio, in relazione ad asili nido, trasporto degli studenti disabili, assistenza sociale, destinati solo a determinati Comuni».
FONDO DI SOLIDARIETÀ COMUNALE, PERCHÉ È URGENTE L’INTERVENTO DEL LEGISLATORE
La Corte Costituzionale ha, quindi, dichiarato inammissibili le questioni tenendo conto del «ventaglio di soluzioni» idonee per risolvere il vulnus alla Costituzione causato dalle norme impugnate e dell’impossibilità di trovarne una adeguata o obbligata dal punto di vista costituzionale. Ma la Consulta ritiene, comunque, «opportuno rivolgere un deciso monito al legislatore per un urgente intervento di riforma», poiché una «una soluzione perequativa ibrida» non viene considerata coerente con l’art. 119 della Costituzione. Infatti, le componenti perequative riconducibili al quinto comma di tale articolo devono «trovare distinta, apposita e trasparente collocazione in altri fondi a ciò dedicati, con tutte le conseguenti implicazioni». La sentenza osserva che è «palesemente contraddittorio che, a fronte di un vincolo di destinazione funzionale a garantire precisi LEP, la “sanzione” a carico dei comuni inadempienti possa poi consistere nella mera restituzione delle somme non impegnate». Si tratta di una soluzione che, a detta della Consulta, non può potenziare l’offerta dei servizi sociali, lasciando «paradossalmente del tutto sguarnite le persone che avrebbero dovuto beneficiare delle relative prestazioni», attraverso le risorse svincolate. La conclusione della Corte Costituzionale è, dunque, che «non può che spettare al legislatore» il compito di «adeguare il diritto vigente alla tutela costituzionale riconosciuta all’autonomia finanziaria comunale», bilanciandola al tempo stesso con «la necessità di non regredire rispetto all’imprescindibile processo di definizione e finanziamento dei LEP», ma il legislatore è chiamato a intervenire «tempestivamente».