Era finita nell’angolo dei discoli la Polonia, sotto accusa in ambito europeo per un sovranismo declinato con tale forza da mettere in discussione lo stato di diritto. Un anno fa, con l’invasione russa dell’Ucraina, tutto è cambiato. Varsavia si è trovata in prima linea, tanto sul versante dell’accoglienza a chi fuggiva dal conflitto, quanto nello sforzo di sostenere Kiev a reggere l’impatto dell’aggressione.
Intendiamoci, non è assolutamente scoppiato l’amore con Bruxelles, ma la Polonia sta conoscendo un centralità nuova, cui non è neppure estraneo l’approdo a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni, che è il leader del partito europeo dei Conservatori, cui aderiscono i primi ministri polacco e ceco. Per parte sua, Varsavia guarda assai più a Washington che non alle istituzioni comunitarie. La recente visita di Biden lo ha dimostrato. Più Nato, e meno Ue, ma la pensano così quasi tutti i Paesi usciti trent’anni fa dal giogo sovietico, che di tornare nell’orbita di Mosca non ne vogliono sapere. Unica eccezione, va detto, l’Ungheria di Orbán.
In questo clima assume un grande rilievo il viaggio che Mattarella comincia proprio oggi da Varsavia, e che toccherà anche la Slovacchia. Da parte del Quirinale l’attenzione ai paesi dell’Est europeo non è mai mancata, ma è innegabile che le posizioni di partenza fra il capo dello Stato e la premier sono decisamente differenti. E questo non potrà non emergere nel corso degli incontri programmati a Varsavia. Ci unisce l’essere oggi Paesi di arrivo delle migrazioni. Anzi, forse oggi Italia e Polonia sono i paesi più esposti, anche se in condizioni decisamente differenti, loro dall’Ucraina (un milione e mezzo di profughi accolti) e noi dalla sponda sud del Mediterraneo. Ma il tema migranti rende più facile il dialogo, specie di fronte alla difficoltà di scalfire il moloch costituito dagli accordi di Dublino, secondo cui il grosso del peso ricade sui Paesi di prima accoglienza.
Sul versante europeo le differenze si noteranno soprattutto martedì, quando Mattarella pronuncerà un discorso nella più prestigiosa università polacca, la Jagellonica di Cracovia, per inciso città dove fu arcivescovo quel Karol Wojtyła che delle radici cristiane dell’Europa è stato forse il più strenuo sostenitore. Nel solco dei suoi precedenti interventi, è facile immaginare che Mattarella formuli un invito a credere di più nelle ragioni della solidarietà continentale, a cominciare dalla moneta unica europea, da cui la Polonia si è tenuta ostinatamente lontana. Lo zloty ha consentito alla sua economia maggiori margini di manovra, con conseguenti meno vincoli da rispettare. Ma la scelta contribuisce a tenere Varsavia, quinto Paese per abitanti, ai margini dell’Unione, perché non pienamente inserita nei meccanismi decisionali dell’area euro.
Nei mesi scorsi alla Sorbona, come davanti al Consiglio d’Europa, Mattarella ha insistito sulla necessità di unire le forze per affrontare le grandi sfide dell’oggi. Nessun Paese, per quanto grande, oggi può farcela da solo, è stato il mantra del capo dello Stato. Non la Germania, non la Francia, neppure la Polonia. E allora per il Quirinale serve alimentare il lato democratico dell’Unione, cosa che fa storcere il naso al gruppo dirigente polacco, che ragiona nell’ottica di un dialogo tutto intergovernativo.
Su un punto il dialogo sarà più facile: il sostegno pieno alla causa ucraina. Per la Polonia è una questione di difesa nazionale. Troppo forte il terrore di essere potenzialmente i prossimi, se Kiev dovesse capitolare. Troppe volte è accaduto nella storia polacca. Mattarella ne fa più una questione di principio, della difesa di una democrazia aggredita da un autocrate che pensa in ottocenteschi termini di potenza. Ma il risultato finale non cambia. L’Italia è in prima linea, con contingenti schierati in ambito Nato in Lettonia, Slovacchia e Romania, aerei e batterie antimissile soprattutto. Il problema è se tutto questo sforzo tiene conto dell’Europa come entità politica, o è imperniato solo sul dialogo privilegiato con gli Usa. Un interrogativo che in qualche modo vale anche per i rapporti fra il Quirinale e Palazzo Chigi.
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