Il governo Meloni ha dovuto mettere un freno alla Riforma pensioni 2023, in quanto questa non potrà essere ultimata nell’anno corrente, ma diventerà necessariamente un obiettivo di legislatura. Il motivo è dovuto al fatto che anche se sta crescendo l’economia del paese oltre le aspettative, purtroppo la riforma pensioni non sarà imminente.
Riforma pensioni 2023: la necessità di un salvagente
E gli ostacoli a tutto questo sono notevoli: si parte dalla necessità di dare del tempo all’osservatorio istituito e all’opera proprio per determinare di quali tipologie di correttivi l’Italia ha bisogno. Di sicuro anche senza avere alla mano le statistiche relative ai pensionamenti del 2035, sappiamo che l’Italia avrà un tessuto socio economico particolare perché per la prima volta l’Inps dovrà far fronte al numero più alto di pensionati contro i lavoratori. Se infatti i lavoratori costituiranno un terzo degli iscritti alle casse previdenziali, i pensionati saranno i due terzi.
Proprio in vista di quell’anno ma anche dei prossimi anni dove il risparmio nelle casse previdenziali sarà necessario in quanto dal 2025 il sistema previdenziale peserà sul PIL per un altro punto percentuale, passando cioè dal 15,2 al 16,2%.
Riforma pensioni 2023: la necessità di un salvagente
Il governo però dovrà necessariamente attivare un correttivo come fino ad oggi è stato l’Ape Sociale, quella misura che il precedente ministro Andrea Orlando avrebbe voluto rendere strutturale.
L’Ape sociale che nasce come misura gi garanzia alla pensione per coloro che hanno svolto mansioni usuranti e che hanno una discontinuità contributiva, avrebbe dovuto essere estesa anche ad altre categorie così da costituire un vero e proprio salvagente irrinunciabile. Del resto il precedente ministro del Lavoro Elsa Fornero, aveva detto a Di Martedì che cancellare la sua riforma non era possibile ma si sarebbe potuto correggerla dal momento che il periodo che ne vide la nascita era ormai superato e le contingenze dell’epoca sono ormai archiviate. Attualmente il governo non è ancora riuscito a pensare ad una legge strutturale che possa garantire realmente e per tutti un anticipo pensionistico. Per questo motivo si attende il primo parere dell’osservatorio o dei sindacati, che dovrebbero comunque collaborare col governo per lavorare ai correttivi della riforma pensioni, questo in vista di placare la scontentezza delle tantissime fasce della popolazione che non potranno percepire di fatto una pensione garantita dalla continuità contributiva.
Se il governo dovesse ignorare la necessità di estendere e rendere strutturale proprio l’Ape Sociale, allora bisognerà pensare ad un’altra tipologia di salvagente: senza questa schermatura infatti il malcontente e l’inaccessibilità pensionistica potrebbero prendere il sopravvento.