Nella giornata di ieri l’Istat ha presentato la decima edizione del rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile), un’indagine intrapresa nel corso della seconda decade degli anni 2000 con l’intento di integrare le indagini economiche e sociali con una valutazione a tutto campo dei 152 indicatori di benessere stimati nell’ambito di 12 aree tematiche con il coinvolgimento di un campione di 45 mila unità. Questa edizione si propone in particolare di valutare anche l’evoluzione avvenuta nel corso della pandemia Covid con un raffronto con i risultati evidenziati nell’indagine sull’anno 2019.
Oltre la metà dei 109 indicatori utilizzati per lo scopo (58) registrano un significativo miglioramento a fronte di un terzo che risultano peggiorati rispetto al 2019. A migliorare sono gli indicatori della sicurezza personale e collettiva, della qualità dei servizi pubblici, quelli relativi al lavoro sul fronte dell’occupazione e della conciliazione con i carichi familiari (oltre il 70% degli indicatori utilizzati per la valutazione), mentre, sul versante opposto, le criticità si manifestano con maggiore intensità sulla qualità delle relazioni sociali e delle condizioni economiche e del benessere soggettivo, nel campo dell’istruzione della formazione. In particolare, risulta aumentato il numero delle famiglie che sono in condizioni di deprivazione economica.
In una situazione intermedia, in equilibrio tra i riscontri positivi e quelli negativi, si collocano quelli relativi alla salute e all’ambiente che tanta parte hanno avuto anche nel cambiamento delle percezioni e degli orientamenti della popolazione nel corso della pandemia. Positiva la valutazione della dotazione di servizi pubblici. Negativa la tendenza prevalente negli stili di vita che registrano un aumento dei livelli di sedentarietà, della cattiva alimentazione e delle persone che fumano.
Preoccupa in particolare il deterioramento della qualità delle relazioni sociali e della fiducia verso le altre persone, la riduzione dei livelli di coinvolgimento nelle attività sociali e di volontariato, di frequenza alle manifestazioni culturali, che nell’insieme riscontrano livelli di partecipazione inferiori al 2019.
Il rapporto Bes stima anche l’impatto dell’insieme di questi indicatori sui territori e sulle condizioni di genere e di età. L’analisi sui territori proietta l’immagine delle due Italie, per livelli di benessere economico, di opportunità di lavoro, di servizi per la tutela della salute che divergono in modo preoccupante, e in senso negativo per le regioni del Mezzogiorno e le Isole, per le quali il 62% degli indici presenta un significativo peggioramento e un divario superiore di 25 punti rispetto alle regioni del Nord e del Centro Italia.
In controtendenza, con un significativo miglioramento per le condizioni di lavoro e di conciliazione tra i carichi lavorativi e quelli familiari e per l’istruzione, sono le condizioni delle donne pur rimanendo elevato, per oltre la metà delle stesse, il livello di dipendenza dal reddito familiare. La condizione dei giovani risulta leggermente migliorata, con significative differenze tra i territori del Paese. Il grado di soddisfazione delle relazioni sociali e di fiducia rispetto alle altre persone e alle istituzioni, anche se inferiore alla media generale, risulta in aumento rispetto al 2019.
La comparazione con gli altri Paesi europei, soprattutto in tema di benessere economico e di occupazione, non è confortante. Nemmeno per gli indicatori che hanno migliorato la performance rispetto ai livelli precedenti la pandemia perché continuano a segnalare un preoccupante divario: dei tassi di occupazione, in particolare dei giovani e delle donne inferiori tra i 10 e i 15 punti rispetto alla media dei 27 Paesi dell’Ue; dei giovani diplomati (-16,5%); dell’abbandono scolastico (+3%). Più elevato della media anche il rischio di impoverimento delle persone e delle disuguaglianze territoriali di genere e generazionali e il tasso di squilibri territoriali che non hanno paragoni in Europa.
L’immagine che scaturisce dal rapporto Bes è quella di un Paese resiliente, in grado di recuperare in tempi rapidi i livelli di reddito e di occupazione rispetto agli anni precedenti alla pandemia Covid, ma fortemente diseguale e poco coeso al proprio interno per la precarietà degli indicatori che rivelano il grado di solidità di una comunità, in particolare della fiducia verso le istituzioni e le altre persone, per via dell’ulteriore calo della natalità, per la riduzione dei livelli di partecipazione alla attività sociali e culturali.
Sommati a quelli dell’istruzione e del sottoutilizzo delle persone sul versante del lavoro rivelano una preoccupante dispersione del capitale sociale indispensabile per affrontare una complicata transizione economica e sociale.
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