Eccoci al punto. Gigino is back. Non ha mai davvero temuto di non farcela, troppi servizi fatti a favore di chi conta per non riscuotere. La sua metamorfosi da bruco populista in statista di sistema era già chiara nelle ultime battute del governo Draghi. L’abiura di ogni rigurgito anti-Europa, la passione per l’euro, la costruzione di un partito coi giochi di palazzo ed infine la nomina, pur avendo avuto un sonoro ceffone dagli elettori, ci dice quello che è ora, quello che voleva diventare: Casta piena. Di quelle vecchio stampo. Da faccia di bronzo senza neppure un minimo di rispetto per quel ragazzo che urlava col megafono e andava in giro a urlare contro poltronisti e voltagabbana, al punto da proporre l’incostituzionale ipotesi del vincolo di mandato, una presa per i fondelli, per cui se cambiavi gruppo in Parlamento andavi a casa. Gli altri. Lui no, a casa oramai non ci torna.
Facciamocene una ragione. Ha preso il vento il ragazzo. È stato funzionale ad un progetto ed ora passa all’incasso. Che abbia costruito le sue fortune sull’odio contro il Pd di Bibbiano, contro gli eletti degli altri (sempre loro malfattori), che sia stato arrogantemente sui palchi urlando cose in cui non ha mai evidentemente creduto, ormai è chiaro a tutti. Ha solo venduto le penne che aveva nel taschino, come un banale Wolf of Wall Street. Cosa volete o popolo? Soldi a casa senza far nulla, e così sia. Volete pagarvi la ristrutturazione di casa coi soldi delle tasse? Così sia. Volete dare addosso alla destra? Evviva gli atleti di sinistra. Non volete gli immigrati? Ecco il mio amico Salvini. Cosa vuoi popolo? Quello ti do. Con la voce monocorde. L’occhio fisso. La particina spiegatagli da altri, guardando solo ai like ed ai sondaggi. Un vero mago della vendita. Niente da dire.
Dei danni che ha fatto, prima di passare sotto l’egida di Re Mario convertendosi a ciò che gli faceva più comodo, le spese per ripararli le stiamo ancora pagando noi. Lui con il suo partito è sparito. I debiti che ha fatto, no. La devastazione sociale dell’idea del reddito di cittadinanza dato a tutti senza criterio, neppure. Noi qui a pedalare, costruire, fare e i nonni a casa a guardare “il bravo ragazzino” con la pappardella ripassata a cui dare il voto perché sembra, appunto, un bravo ragazzo. E con lui sono andati tanti poi delusi di destra e sinistra, qualche milionata di follower più che elettori, spariti dalla sera alla mattina non appena si sono accorti di essere stati presi per quelli che erano.
Quel che più rattrista è la gioia degli addetti ai lavori che in queste ore vedono nella carriera di Di Maio la forza della democrazia. Un redento che passa dalle orde barbariche ai salotti buoni. Uno che ha capito il sistema e lo ha fregato, per sé. La vittoria della propaganda su ogni contenuto. Evviva Di Maio, si è piazzato. Ecco, a questi ricorderemmo i devastanti anni di urlate in faccia, le finte manifestazioni di finta gente convinta, lo show di un gruppo di influencer improvvisati che ha governato il Paese facendogli perdere un quinquennio almeno perché spinti, accolti, amati da un pezzo di establishment convinti che fosse il nuovo. Non erano altro che gente in cerca di lavoro, neppure personaggi in cerca di autore non avendo nulla del carattere di un personaggio. Nessun contenuto reale, solo confusione mista ad arroganza.
Ed il fatto che Di Maio accetti l’incarico proposto da Borrell nonostante il Governo sia contro è il tassello finale dello svelamento. Uno che va a fare il rappresentante per un Paese di chi non lo vuole. E chi se ne frega. Casta pura. Peggio di Andreotti, Craxi, D’Alema, Fini, Casini, Berlusconi, Bossi, Gaspari e Occhetto messi assieme. Che mai si sarebbero sognati un gesto di tale arroganza. Ma si vede che la cambiale che Di Maio sta incassando, per la fiducia all’operazione Draghi, ha avalli importanti. Giorgia si sa che si opporrà poco. O niente. Altra pantomima.
Il tutto mentre un altro grillino urlante, duro, severo come Giancarlo Cancelleri in Sicilia (amicissimo di Gigino) passa alla corte di Re Silvio. Il massimo dello sprofondo politico. Se non avessero avuto il consenso di un pezzo grande del Paese sarebbero anche perdonabili. Ma la loro storia da pifferai magici ora redenti, imbolsiti, andrebbe rinfacciata ogni giorno, ogni minuto, in ogni intervista o intervento. Chiedergli conto di cosa pensano ora e di quello che pensavano prima, del perché cambiano idea, fare emergere chi sono stati. Così, solo per sfizio di non farsi prendere per il naso ancora.
Di Maio ora andrà come inviato nei Paesi del Golfo comunque, a piazzare le sue (?) convinte opinioni su di un tema che pare davvero alieno da lui. Ma qualcuno glielo spiegherà a grandi linee di sicuro, poi lui, ex amico dei cinesi, promotore della Via della Seta, salvo poi diventare prono amico delle stelle e delle strisce, saprà che fare e cosa serve. A lui.
Il rischio è che torni convertito all’islam e guidi la guerra santa per riportare la Sicilia nel califfato alla guida dei suoi nuovi fratelli, visto che il ragazzo cambia spesso idea. E poi, a dirla tutta, spezziamo una lancia per lui. L’incarico è a termine e qualcosa da fare dovrà pur trovarla e un bravo califfo amico un lavoro glielo trova di sicuro. Vedrete che finirà così. Con un tenda piazzata fuori dalle mura di Pomigliano mentre Gigino inneggia contro gli infedeli che occupano la città in cui lui, come tutti sanno, non ha mai vissuto.
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