Da una parte Biden, contrastato forse da Robert F. Kennedy, nipote di JFK. Dall’altra Trump, che deve vedersela con DeSantis e probabilmente Christie, testa di ponte della fazione del partito che non vuole Trump. Comincia a delinearsi il quadro dei candidati democratici e repubblicani per le primarie in vista delle elezioni presidenziali del 2024. Lo spiega Andrew Spannaus, giornalista americano fondatore di Transatlantico.info e conduttore del podcast House of Spannaus.
E Sullo sfondo c’è la guerra in Ucraina. Al di là di qualche iniziativa specifica (una ventina di parlamentari repubblicani hanno chiesto recentemente a Biden di negoziare) la posizione americana, condivisa da entrambi gli schieramenti, è di sostenere l’Ucraina. Biden vorrebbe trovare una soluzione alternativa, chiedendo anche alla Cina di fare pressioni su Putin, anche se poi, di fatto, si continua a rifornire Kiev di armi.
Biden e Trump sembrano ancora gli antagonisti designati per le elezioni del 2024. Saranno loro a contendersi il posto di presidente o ci sono valide alternative nei due schieramenti?
Per il momento non ci sono alternative forti a Biden. Ci sono due candidati minori: uno è Robert F. Kennedy junior, che dice cose interessanti, ma che viene bollato come no vax e per questo il resto di quello che dice viene poco considerato. Verosimilmente non prenderà tantissimi voti. Anche se può pescare nell’elettorato anti-establishment, non solo a sinistra.
Per quali posizioni Kennedy è considerato anti-establishment?
Fa una forte critica al complesso militare-industriale, ai poteri forti. E con questo un po’ di ascolto lo troverà. Fa riferimento a come la Cia ha manipolato suo zio John F. Kennedy, alla necessità di fermare le politiche di guerra.
In questo modo non gioca un po’ il ruolo che è stato di Sanders nelle precedenti primarie?
Sì, anche se è più forte di Sanders in termini di critica al potere, una critica molto netta.
Biden invece su cosa può puntare per farsi rieleggere?
È stato abbastanza produttivo in questi tre anni come presidente, quindi avrebbe una posizione relativamente forte. Ma il gradimento non è alto, mentre invece è alta la sua età. E quindi i rischi non sono pochi. Paradossalmente la sua visione è che se c’è Trump dall’altra parte allora lui è più forte.
Circola anche l’ipotesi di una sua candidatura per poi lasciare il posto a Kamala Harris. Cosa c’è di vero?
Se n’è parlato già nel 2020 ma non c’è nessuna base reale. Viene da chi osteggia fortemente Harris e pensa che Biden sia troppo vecchio. La realtà è che non ci sono buoni rapporti tra presidente e vicepresidente. Alla Casa Bianca non si pensa che Harris sia la persona giusta per fare la presidente.
Non avrebbe lo spessore necessario?
No. Ma lei è importante per una questione di diversità, come donna, come afroamericana. Tuttavia è chiaro che Biden vuole rimanere alla Casa Bianca.
Ci sono anche altri candidati oltre a Kennedy?
C’è Marianne Williamson, una candidata minore. Che ha il suo seguito ma non molto significativo.
Sul fronte repubblicano la contesa è ancora fra Trump e DeSantis?
Per il momento sì. DeSantis ha perso qualcosa nelle ultime settimane. Ha cavalcato sempre in questi ultimi anni le guerre culturali. Recentemente è andato forse un po’ troppo in là intervenendo contro il politicamente corretto, non solo per questioni relative alle scuole elementari, dove può trovare un appoggio ampio, ma anche a livello universitario.
Vuole mettere al bando dei libri?
Sì, alcuni sulle questioni razziali, testi sulla storia afroamericana. Ma una cosa è evitare la discussione di temi Lgbt per i bambini di 5 anni: lì troverebbe il sostegno della grande maggioranza della popolazione. Altro è, invece, quando si tratta di maggiorenni o quasi. In tal caso buona parte del Paese dice “Si discuta, non possiamo limitare la libertà accademica”. In più in Florida (lo Stato di cui DeSantis è governatore, nda) hanno approvato una legge molto restrittiva sull’aborto. Per questo si espone alla critica di essere troppo estremo.
Qual è invece, politicamente, il maggior problema di Trump?
Trump ha un sostegno importante tra i repubblicani, metà del partito circa. Ha, invece, una grande difficoltà nei confronti dell’elettorato indipendente. Probabilmente succederà che Chris Cristhie, ex governatore del New Jersey, entrerà nella campagna per fare il “cane d’attacco” contro Trump. Critica fortemente Trump pur avendo lavorato insieme a lui.
Quindi si candiderà anche Christie?
Probabilmente si candiderà, ha una gran voglia di dire che Trump è un perdente e che distruggerà il partito. Lo ripete già e da candidato potrebbe svolgere un ruolo per l’establishment repubblicano, danneggiando Trump. Qualcuno pensa che sarà utile per permettere a DeSantis, o a qualcun altro che dovesse attecchire, di mettere fine alla carriera politica di Trump.
Per quanto riguarda la guerra in Ucraina come sono messi i due schieramenti? Recentemente c’è stata una lettera di alcuni parlamentari repubblicani che hanno chiesto a Biden di negoziare: un’iniziativa che può avere un seguito?
Si è parlato poco di questa lettera, firmata da deputati e qualche senatore repubblicano dell’ala diciamo nazionalista-populista. La lettera dice che si possono dare ancora armi solo se si cerca una soluzione negoziata, perché c’è un rischio di escalation senza avere una strategia di uscita. Ma utilizza anche argomenti a mio avviso molto deboli: dice che si stanno spendendo troppi soldi, mentre in realtà 100 miliardi di dollari per il bilancio americano non è una cifra così importante. Per la pandemia ne sono stati spesi 6mila.
Se i repubblicani fossero al potere in questo momento farebbero come dice Trump, cioè in 24 ore farebbero finire il conflitto?
No, qui si tratta di una ventina di repubblicani, speculari a una ventina di democratici che avevano inviato una lettera simile prima delle elezioni di Midterm. Sicuramente i vertici del partito seguono la linea del sostegno deciso all’Ucraina. Trump in passato voleva migliorare i rapporti con Putin e non c’è riuscito, per pressioni esterne e anche per responsabilità sua. Ricordiamoci che chi ha mandato più armi in Ucraina prima della guerra è stato Trump, cosa che Obama aveva cercato di evitare.
L’amministrazione Biden, invece, che posizione ha attualmente?
Dietro le quinte la posizione è che bisogna trovare una soluzione, in qualche modo. Si spera entro l’anno, ma comincia a esserci qualche dubbio. Pubblicamente, invece, la posizione è netta e, infatti, si continuano ad aumentare gradualmente le forniture. Si era detto “Non mandiamo carri armati”, ma poi li hanno mandati, dopo gli Himars (lanciarazzi, nda) si discute dei caccia di altri Paesi, ma se ne discute. Gli Stati Uniti vorrebbero trovare una via negoziale ma non riescono a farlo.
Di fatto, insomma, continuano a mandare armi?
Sì. Mandano armi ed esprimono sostegno. Dietro le quinte incoraggiano Zelensky a parlare, ma i frutti sono pochi. Rimane una fazione importante nel mondo militare che è molto preoccupata, e l’uscita di documenti classificati ha aiutato a guidare una discussione sulle difficoltà dell’Ucraina, ma per ora non si vedono cambiamenti concreti nella politica di sostegno.
Dopo la telefonata di Xi Jinping a Zelensky gli Usa hanno detto che sono contenti del contatto. Si aspettano che i cinesi contribuiscano a risolvere la guerra?
Gli Usa da mesi spingono la Cina a mettere pressione su Putin perché si fermi. Solo che non è chiaro per nulla che Pechino chieda a Putin di ritirarsi. Anzi, sembra improbabile. Da tempo il messaggio di Washington a Pechino è “Dovete essere un attore responsabile nelle relazioni internazionali”. Ed è evidente che senza un’iniziativa della Cina la Russia non si preoccuperà delle pressioni internazionali. Pur incoraggiando la Cina a svolgere un ruolo, difficilmente quel ruolo sarà quello che vuole l’Occidente.
L’Unione Europea viene accusata a volte di essere troppo accondiscendente nei confronti degli Usa, di non avere una sua posizione autonoma. Come considerano gli Stati Uniti l’Europa, come un partner alla pari o no?
Nelle istituzioni americane si vede l’Europa come partner essenziale, ma la guida del mondo occidentale e della Nato rimane negli Usa. C’è chi si fida poco dell’Europa, l’Ue è un organo in via di definizione. Ma l’obiettivo in questo ultimo anno è sempre stato di garantire l’unità, la coesione.
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