Con la pubblicazione della relazione della Corte dei Conti sull’attività di ITA Spa (ITA Airways) scopriamo esserci alcuni problemi di varia natura che la nostra nuova compagnia di bandiera ha dovuto sobbarcarsi durante il suo percorso di crescita. Sono per l’esattezza le consulenze con alcune società di advisoring per la redazione del piano industriale, il contratto con la True Italian Experience e l’acquisto degli aeromobili Airbus. Oggi ci occuperemo però solo dei primi due temi e in uno dei prossimi articoli affronteremo la questione dei leasing degli aeroplani ITA.
Al momento della nascita di ITA, il Governo di allora, quello targato Pd/M5s, si diceva molto soddisfatto della decisione di mettere a capo di ITA un amministratore delegato con l’esperienza professionale di Fabio Lazzerini. L’attuale Ceo di ITA proviene dalla vecchia Alitalia. ne era il direttore Commerciale, ancora prima era stato il Country Manager Italia di Emirates (insomma un bel modo per definire un responsabile commerciale) e prima ancora ricopriva il ruolo di responsabile commerciale di Amadeus, uno dei più importanti Crs (Central reservation system) per la gestione delle attività delle compagnie aeree. Ma la vera peculiarità di Lazzerini è quella di essere un ottimo lobbista che, sponsorizzato dall’allora ex-Ministro della Cultura, il plenipotenziario Dario Franceschini, è riuscito a farsi strada fino ad approdare direttamente in ITA come Ad e Direttore generale.
Il Governo, nel dare vita alla nuova compagnia di bandiera, aveva chiesto a ITA di redigere un progetto da sottoporre alle Camere in modo da evidenziare quali sarebbero stati i punti strategici del nuovo vettore che sarebbe andato a sostituire Alitalia. All’inizio il compito di redigere un piano industriale che prendesse in esame tutte le variabili commerciali del caso e che analizzasse i vari scenari post pandemia, venne affidato alla società di advisor Boston Consulting Group.
E qui sorge la prima domanda: ma se il piano lo ha fatto Bcg per conto di ITA, allora i dirigenti di ITA cosa hanno fatto nel frattempo? Normalmente i piani industriali vengono elaborati direttamente dall’azienda che poi a sua volta li fa revisionare dai consulenti per cercarne le falle e quindi attivare ogni cautela per la rimozione delle criticità emerse, proprio grazie al lavoro dei consulenti. Ebbene, per ITA questo giochino è costato ben 9 milioni di euro e rotti.
Infatti, nel 2021 queste consulenze ammontano esattamente a 9.342.800 euro, di cui la modica cifra di 2,92 milioni, per consulenza strategica e piano industriale; 2,15 milioni di euro per le questioni legale e societario a supporto start-up della società; 1,74 milioni di euro, per la parte information technology e 1,10 milioni di euro per le questioni commerciali, i rapporti con la clientela e il programma di fidelizzazione.
Ma ci sono anche altri numeri in evidenza e che riportano una spesa di 752 mila euro per risorse umane e 352 mila euro per il supporto all’apertura di filiali all’estero. Un esborso oseremmo dire alquanto spropositato dato che per un piano da10 milioni di euro attualmente l’azienda macina perdite per quasi 500 milioni di euro.
E qui sorge la seconda domanda: era proprio necessario spendere tutti questi soldi per le consulenze esterne? I dirigenti assunti in ITA non avrebbero dovuto essere i migliori, i più esperti d’Italia, tali da poter essere in grado di redigere da soli il piano industriale? E ancora: non potrebbe essere che il ricorso alle consulenze sia solo un alibi per potersi difendere dai risultati evidentemente negativi emersi proprio dalle analisi dei conti di ITA?
Un’altra grana emersa in queste ultime ore è il contratto stipulato tra ITA e la True Italian Experience (Tie).
Fabio Maria Lazzerini, Dd e Dg di ITA, all’epoca spiegò come Tie fosse un “innovativo hub digitale per lo sviluppo del turismo verso il nostro Paese che aggregando i principali stakeholder della filiera turistica crea sistema per promuovere nel mondo tutte le esperienze che si possono vivere in Italia”. Alla presentazione dell’accordo tra ITA e Tie c’erano l’allora ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, il segretario del Ministero degli affari esteri Ettore Sequi, i Sindaci di Roma e Milano Gualtieri e Sala.
Il sito Dagospia, proprio venerdì ha anticipato un dossier in uscita sull’Espresso di oggi 30 aprile, a firma del giornalista che sia era già occupato della questione del contratto tra ITA e Tie, Daniele Martini. Il quale racconta che il 21 aprile di quest’anno si è concluso un audit interno a ITA, coordinato da Elisa Tarantola, un mastino in gonnella dell’anticorruzione, in precedenza già in forza in aziende come Ansaldo e Hitachi e che ha valutato il contratto di ITA con Tie. Nella relazione emerge chiaramente che il contratto con Tie ha portato benefici a ITA pari a zero euro e con un impatto negativo per 4,4 milioni di euro sull’attuale bilancio della compagnia di bandiera.
Ma non è tutto, il resoconto di Martini prosegue raccontando che il Cda di ITA che il 21 aprile scorso ha preso in esame la relazione dell’audit interno è stato caratterizzato da un durissimo scontro tra alcuni membri del Cda e l’attuale AD Fabio Lazzerini e lì sarebbero volati gli stracci. Solo dopo molte ore e con la minaccia di ricorrere alla Corte dei Conti, il Cda si è espresso per chiudere definitivamente il contratto con Tie. Oggi, e solo grazie alla presa di posizione dei nuovi vertici del Cda di ITA, che si sono spesi per una maggiore trasparenza e sobrietà, si è potuto fare luce su alcune anomalie, purtroppo tutte italiane, portando finalmente a galla la questione.
Chi ha un minimo di esperienza nel settore aeronautico fin da subito si è fatto molte domande sulla validità dell’operazione commerciale tra ITA e Tie, ma soprattutto sull’utilità di sottoscrivere un contratto di tale portata. Non si capisce, infatti, perché dare 15 milioni di euro a un’azienda che non si comprende ancora a pieno effettivamente che lavoro svolga, tant’è che oltre all’articolo pubblicato sul quotidiano Domani già nel gennaio di quest’anno, sempre a firma di Daniele Martini, che per primo faceva emergere la criticità di questa relazione commerciale, anche alcuni esponenti della Camera e del Senato (Matteo Richetti, Giulia Pastorella, Fabrizio Benzoni ed Enrico Costa) formulavano delle interpellanze urgenti per fare luce sui problemi evidenziati nell’articolo del citato giornalista.
Le varie interrogazioni, presentate a Camera e Senato tra gennaio e marzo del 2023, in sostanza chiedevano al ministro dell’Economia e delle Finanze se, in base alle “informazioni societarie presenti sul sito internet di True Italian Experience, anche Trenitalia, società del gruppo Ferrovie dello Stato, interamente di proprietà del Ministero dell’economia e delle finanze, ha in essere una partnership esclusiva per il trasporto ferroviario con la True Italian Experience”; inoltre, se “effettivamente non risultano disponibili dati pubblici che facciano chiarezza su questi accordi commerciali…. e se sia a conoscenza degli accordi in essere tra ITA Airways e Trenitalia con la start-up True italian experience e quali siano i termini sottoscritti dalle due aziende di proprietà pubblica con la controparte”.
Ma i parlamentari vogliono vederci chiaro e infatti hanno cehisto al Ministro Giancarlo Giorgetti anche “quale sia il reale apporto di True italian experience in termini di business per la compagnia aerea ITA Airways (in particolare) e per Trenitalia”… e infine “quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare sia in termini di trasparenza che in termini commerciali, qualora i suddetti accordi si rivelassero di ridottissimo o nullo valore economico per le società a controllo pubblico citate”. A oggi dal Governo, però, non è stata fornita ancora alcuna risposta.
Ma cerchiamo di capire meglio i fatti raccontati dal giornalista Daniele Martini. ITA in definitiva cosa fa? Affida a questa azienda, la Tie, che è stata anche oggetto di varie trasformazioni e passaggi di mano, il compito di valorizzare l’attività incoming del nostro Paese, proponendo pacchetti turistici e itinerari enogastronomici da commercializzare sia nel sito web di ITA ma anche nel sito di Tie. Insomma la stessa cosa che fa TripAdvisor senza però incassare 15 milioni di euro da chicchessia. Inoltre, la stessa attività da anni viene già offerta anche da Ryanair o EasyJet, ma anche da molti big carrier, le quali vendono ai propri clienti servizi ancillari di terze parti (Hotel, Autonoleggi, Itinerari, biglietteria, ecc.) sulle destinazioni servite dalle rispettive compagnie aeree, e senza dover affidare a terzi questo servizio, pagandolo peraltro una fortuna.
Per chi non fosse un esperto della materia, è necessario spiegare che questo tipo di servizio può essere tranquillamente organizzato attraverso un Crs, che è il sistema che gestisce le prenotazioni e le vendite dei vettori, il quale utilizza di base una piattaforma informatica di tipo CX (le cosiddette piattaforme di customer experience) che in sostanza non è altro che una raccolta di strumenti per aiutare le aziende a stabilire i propri obiettivi di interazione con la clientela e che poi gestisce l’interscambio di dati. Questa piattaforma a sua volta utilizza un sistema di tipo Ndc (New Distribution Capability) per la vendita di pacchetti turistici, hotel, autonoleggi, i cosiddetti servizi ancillari o servizi di terze parti.
Questo tipo di sistema è da qualche anno totalmente integrato anche nel Crs offerto da Amadeus, uno dei più importanti e potenti sistemi di gestione e prenotazione delle compagnie aeree attualmente presente sul mercato, e che guarda caso è anche il Crs di cui ITA si è recentemente dotata per gestire le proprie vendite commerciali. Inoltre, i 15 milioni di euro dati a Tir (in realtà fino a oggi ne sono stati corrisposti “solo” 4,5 milioni) non si capisce sulla base di quale parametro siano stati calcolati. Tie è una società che dovrebbe produrre e commercializzare i pacchetti turistici incoming e venderli sulla propria piattaforma web, ma non si comprende bene se anche su quella di ITA.
Scavando più a fondo si scopre che in realtà chi produce questi pacchetti, e quindi gestisce l’attività turistica, non è chi dovrebbe vendere il servizio a ITA e cioè Tie, ma è la società Gattinoni così come anche pubblicizzato nel sito di ITA e nel sito web di Tie. E non potrebbe essere diversamente in quanto le legge parla chiaro: a vendere pacchetti turistici deve essere una agenzia di viaggio o un tour operator con regolare licenza rilasciata dagli enti preposti. Il Gruppo Gattinoni è un’importante realtà di agenzie di viaggio in Italia e in Europa, fattura quasi 500 milioni di euro l’anno ed è proprietaria di vari network turistici. Quello che però sappiamo per certo è che questo è sicuramente un accordo a tre e che prevede che ITA venda a Gattinoni i voli per i pacchetti turistici che dovrebbe creare Tie, ma che in realtà sono organizzati e venduti da Gattinoni. E allora perché dare a Tie 15 milioni di euro? Inoltre, ITA non si identifica con Tie, ma con il network di agenzie del gruppo Gattinoni come vettore aereo privilegiato per la prenotazione di viaggi sulle rotte servite dalla compagnia. E allora perché non dare direttamente a Gattinoni i 15 milioni di euro visto che di fatto esperisce un servizio per ITA? Oppure sono stati dati anche a Gattinoni dei soldi di cui noi non sappiamo ancora nulla?
Stando a quanto appreso dai vari organi di stampa che hanno riportato la notizia dell’accordo tra ITA e Gattinoni, secondo l’intesa commerciale tra le due aziende è previsto che, “le due società individueranno opportunità di business congiunto tese a sviluppare le vendite dei prodotti e dei servizi ITA sul mercato, predisponendo insieme azioni commerciali e attività promozionali dedicate anche ad attrarre nuovi clienti”. Di fatto ITA avrebbe creato quindi una rete agenziale di distribuzione commerciale sul territorio affidandosi a Gattinoni, ed esternalizzando un servizio di particolare rilevanza strategica. Quindi in concreto è Gattinoni che organizza i viaggi e i pacchetti turistici per conto di ITA e non Tie. E allora perché c’è questo doppio passaggio con un esborso così importante da 15 milioni di euro a Tie? E quindi Tie a cosa serve?
Tutte domande che dovrebbero avere delle risposte e non si capisce perché nessuno dei quotidiani che si stanno occupano dei dossier di ITA non si è posto il problema di evidenziare un fatto così grave. Il Governo invece dovrebbe prendere atto del grave imbarazzo nel quale oggi ITA si ritrova, e chi avrà il compito di decidere sulle nuove nomine per il Cda del vettore di bandiera, previste per l’11 maggio prossimo, si spera vorrà tenere nella dovuta considerazione i gravi fatti che sono emersi in questi ultimi giorni.
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