Immaginatevi se quando fallì Banca Etruria Matteo Renzi avesse dichiarato alla nazione: “I depositanti saranno protetti, i contribuenti non corrono pericoli”. Quel “bail in” a causa del quale chi (ahilui, e stupidamente) teneva oltre centomila euro sui conti dell’istituto fallito li ha persi, in questo caso non ci sarà. La storia avrebbe avuto un altro corso. Ma queste parole ha potuto pronunciarle ieri il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, dopo che la Fdic, l’agenzia incaricata di garantire i depositi bancari, ha assunto il controllo della banca, che cederà poi a JPMorgan Chase Bank.
“Le autorità di regolamentazione sono intervenute per facilitare la vendita della First Republic Bank e per garantire che tutti i depositanti siano protetti e che i contribuenti non debbano pagare – ha detto Biden, parlando con i giornalisti -. Queste azioni garantiranno che il sistema bancario sia sicuro e solido e questo include la protezione delle piccole imprese in tutto il Paese che hanno bisogno di pagare gli stipendi ai lavoratori”. E poi ha specificato che i depositanti vengono protetti, ma gli azionisti perdono il loro capitale. E ci mancherebbe, vien da aggiungere.
Dunque, stamattina, alla riapertura delle contrattazioni in tutto il mondo – ovvero anche nei Paesi che rispettano la ricorrenza del 1° maggio – i listini borsistici potranno guardare alla crisi bancaria aleggiante come uno spettro sul credito americano con più ottimismo. Dopo l’assorbimento delle crisi di Signature Bank e di Silicon Valley Bank, rientra anche nelle grandi braccia del sistema il crac potenzialmente più pericoloso, per le dimensioni dell’istituto compromesso, il quattordicesimo negli Stati Uniti, che di fatto è stato il più grande fallimento bancario della storia statunitense.
Ma davvero possiamo star tranquilli?
JpMorgan ha spalle larghissime e visione lucida, quindi in questo caso c’è da sperare che – con buona pace delle casse statali statunitensi, che dovranno accollarsi una parte importante dei danni economici del crac – l’istituto salvato, ovvero quel che ne resta e che riaprirà i battenti in 84 uffici sotto le nuove insegne, non si ritrovi preso nelle stesse condizioni. JPMorgan, che subentra nei 103,9 miliardi di dollari di depositi, acquisterà la maggior parte dei suoi 229,1 miliardi di dollari di attività.
Ma possiamo veramente star tranquilli?
I mercati valutari rispondono di no, a giudicare da come stanno bistrattando il dollaro. L’impressione diffusa – anche se superficiale – è che il celebre “biglietto verde” non sia così apprezzato come pure dovrebbe. L’Amministrazione americana ha mobilitato oltre 2.000 miliardi di dollari di misure di incentivazione al reshoring e alla transizione energetica, un volano al cui confronto il Next Generation Eu, con i suoi 750 miliardi, fa la parte di una caramellina rispetto a una torta nuziale. Ma proprio questo spiegamento di mezzi lascia perplessi. La referenzialità sempre più spasmodica del sistema americano verso la Borsa, l’impossibilità di lasciarla assestare, la necessità di inventare sempre nuove “equity stories”, per legittimare la corsa del “Toro” lascia perplessi. Per dieci anni la Federal Reserve ha irrorato di dollari il mercato con i suoi Quantitative-easing, più della Bce. E ora la palla è passata al Governo, ma sempre droga è.
È chiaro che poi le regole lassiste in materia bancaria e finanziaria lasciano maturare pericoli che dopo il 2012 l’ordinamento europeo – anche al costo di diventare asfissiante – di fatto ha messo al bando. Se si pensa al crac della Silicon Valley Bank siamo di fronte a un istituto che finanziava tutte le imprese di cui poi era depositaria e che insistevano nello stesso comparto, l’hi-tech, e nello stesso territorio, viene in mente lo scandaletto della Cassa di risparmio di Prato, travolta dalla sua “monocultura” tessile.
È una scommessa: da un lato gli effetti potenzialmente avvelenati delle esagerazioni finanziarie dei mercati e delle istituzioni americane che sembrano governarli e in realtà ne sono governate; dall’altra la forza di quei mercati e di quelle istituzioni.
Abbiamo scollinato, con l’aiuto di un colosso sano come JpMorgan, un’altra crisi specifica. Incrociamo le dita…
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