“I robot saranno presto membri della famiglia e, per questo motivo, ai bambini va insegnato l’uso dell’intelligenza artificiale sin dalla tenera età”. A dirlo, in una intervista a Die Welt, sono stati Allan Guggenbühl, psicologo infantile, e Robert Katzschmann, professore di robotica. I timori nei confronti dell’IA, in quest’epoca, sono ancora tanti. Gli esperti, tuttavia, non ritengono che ci sia molto da preoccuparsi.
“L’intelligenza artificiale avrà un impatto importante sulla vita delle generazioni future. I bambini avranno bisogno delle nuove tecnologie a scuola. Il modo giusto per approcciarsi con esse può essere facilmente insegnato con giochi per computer oppure con libri e film. Chi ha tra i tre e i cinque anni è particolarmente affascinato dai robot”, ha affermato Guggenbühl. Per il momento, non c’è il rischio che questi ultimi vengano scambiati in tenera età per esseri umani. “Allo stato attuale non ci sono ancora macchine attive nella maggior parte delle famiglie, queste non svolgono un ruolo importante per i più piccoli nella vita di tutti i giorni. Ma questo cambierà”, ha previsto Katzschmann.
“Robot saranno membri della famiglia”. Il parere di Guggenbühl e Katzschmann
Nel libro per bambini “Mia, Fin e il piccolo robot Ki”, la piccola Mia riceve in regalo dai suoi genitori il robot Ki, che dovrebbe aiutarla a fare i compiti, a pulire la sua stanzetta e a cucinare. Un racconto di fantasia che presto potrebbe diventare realtà. “I bambini imparano attraverso le storie. Un libro del genere sull’intelligenza artificiale può aiutarli a comprendere meglio la tecnologia. È ipotizzabile che un robot diventi parte della vita familiare, non mi preoccupa questo. Può aiutare in casa oltre ad essere un interlocutore. Non può però sostituire le relazioni umane. Una famiglia spesso non è composta solo da persone, anche gli animali domestici o addirittura i peluche ne fanno parte”, ha sottolineato Guggenbühl.
È della stessa idea Katzschmann: “La tecnologia è lontana dall’essere così avanzata da riuscire a sostituire anche parzialmente un essere umano. Ad esempio, una madre che abbraccia suo figlio o lo guarda quando è triste. L’IA non può ancora farlo. Anche se ci sono ricercatori che ci stanno lavorando, credo che non dovremmo rendere i robot troppo umani. Essere umani comporta diritti, ma anche responsabilità. Le persone hanno conseguenze per le loro azioni, i robot no”, ha concluso.