Caro direttore,
come leader di FdI, Giorgia Meloni ha fatto un lavoro straordinario, studiando accuratamente i dossier e maneggiando i social network con abile assiduità. Ha fatto un’opposizione puntuale ed efficace, moltiplicando in maniera inimmaginabile i consensi per il proprio partito.
Una volta vinte le elezioni e diventata presidente del Consiglio ha continuato a comunicare alla stessa maniera, approfittando senza sosta delle nuove molteplici occasioni fornite dagli incontri istituzionali, dalla partecipazione a fiere, eventi, assemblee, per annunciare provvedimenti o magnificarne i contenuti, e quindi è stata ed è costantemente impegnata a comunicare.
L’aspirazione a essere sempre presenti sui media (in particolare sui social) è del tutto tipico delle giovani generazioni che ammirano gli influencer con milioni di follower, per cui il gran numero di contatti raggiunti viene considerato come importante misura del consenso.
C’è un altro un virus mediatico che ha contagiato membri del Governo e parlamentari, giovani e meno giovani. È davvero impressionante vedere l’impegno che ci mettono per essere presenti nel cosiddetto pastone dei tg, cercando di accreditare al proprio partito i benefici risultati dei provvedimenti decisi nel Consiglio dei ministri. Il loro eloquio è sempre composto da triadi però assai generiche, visto che il numero tre è considerato dalla cabala e dai pitagorici il numero perfetto. “Siamo intervenuti per sostenere il lavoro, gli stipendi e le famiglie”. Spesso abusando di formule ritenute efficaci ancorché trite e ritrite come “Senza mettere le mani nelle tasche degli italiani”. Sembra che nessuno di loro si accorga che questa continua rincorsa alla caccia di uno scampolo di visibilità televisiva, pure conteso con i colleghi degli altri partiti della coalizione, li faccia assomigliare a comparse di un teatrino in cui recitano una parte sempre uguale. Fa inoltre una certa tenerezza il vedere quanto si impegnano nel cercare di condensare con assertività le loro triadi nei pochi secondi a disposizione.
Questo comunicare per frammenti troppo generici non tiene poi conto del fatto che molto spesso i provvedimenti presi riguardano solo una porzione della popolazione (vedi, ad esempio, la riduzione delle bollette), il che genera non poco disappunto in quanti dai rapidissimi annunci avevano dedotto riguardassero tutti. Inoltre, annunciare stanziamenti di miliardi che poi purtroppo si trasformano in poche decine di euro a testa è del tutto controproducente.
Stiamo parlando di atteggiamenti comprensibili, peraltro messi in atto – e da tempo immemorabile – dai parlamentari di ogni colore politico, convinti che la presenza in tv sia fondamentale per la costruzione del consenso. Il che è tutt’altro che privo di fondamento, come lo è però il valore e la sostanza dei contenuti espressi.
Tornando ai social network, se è vero che ogni tanto persino Biden o il Pontefice sono presenti su Twitter, è anche vero che lo fanno molto di rado. Da noi invece Twitter e Instagram vengono saturati con incessante frequenza, anche con non poche botta-risposta. Può sembrare un modo per fare uscire la politica dal cosiddetto palazzo. Ma rischia anche di dare l’impressione che troppo tempo venga dedicato a questa attività, sottraendolo alla riflessione e alla concentrazione sui dossier. C’è un altro effetto collaterale di questa sovraesposizione mediatica: nella rincorsa a magnificare provvedimenti e risultati si rischia di perdere il senso del limite.
Alcuni giorni fa il Presidente Meloni ha fatto postare un video tecnicamente assai ben costruito con un unico piano sequenza: mentre avanzava verso l’obiettivo in un elegante corridoio, sosteneva di essere “fiera del più importante taglio delle tasse sul lavoro degli ultimi decenni”. Poiché il dato era tutt’altro che certo, l’irresistibile Crozza ha proposto nella sua trasmissione del venerdì il lancio di una serie “Sono fiera di…” in cui fare la parodia di una Meloni sempre più stupita nello scoprire di averla sparata troppo grossa. Già l’annuncio di una serie dovrebbe creare un certo allarme, perché significa che con i suoi autori Crozza ha individuato un filone potenzialmente assai produttivo: quello delle esagerazioni e della sovrastima delle attività di Governo.
Non è certo facile passare da leader dell’opposizione al ruolo di presidente del Consiglio, per di più in un Governo di coalizione dove tutti ambiscono alla propria visibilità. Sebbene la “grazia di stato sia quello speciale dono divino che accompagna l’esercizio delle responsabilità della vita cristiana e dei ministeri in seno alla Chiesa”, si ritiene che qualcosa di simile debba accadere anche una volta assunte le più alte cariche dello Stato e delle Istituzioni, intendendo con questo un’accresciuta coscienza di dover acquisire un comportamento diverso da quello tenuto nei ruoli precedenti.
In poco tempo, in una situazione internazionale e nazionale assai complicata, il Presidente Meloni ha dimostrato di saper raggiungere uno standing di notevole livello. Ma l’abuso dei social media e la sovraesposizione mediatica rischiano di ridimensionarlo invece di farlo crescere. Anche perché Crozza è in agguato e, come diceva Longanesi, quando uno diventa una macchietta, è la fine.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.