La scuola italiana non forma persone che hanno conoscenze adeguate dopo il diploma. Il mondo dell’istruzione parte bene con le elementari ma peggiora con il passaggio alle medie e ancor di più alle superiori, come rivela l’ultimo rapporto Ocse-Pisa (2018) riportato dal Sole 24 Ore. Questo ha evidenziato come un quindicenne su quattro, nonostante i buoni risultati alle elementari, abbia poi difficoltà con gli “aspetti di base” della lettura e la comprensione del testo, non riuscendo a collegare informazioni diverse. In quinta superiore, poi, le carenze purtroppo aumentano.
Come rivelano le prove Invalsi del quinto liceo, con le rilevazioni nazionali, uno studente su due esce da scuola senza essere in possesso delle competenze base in italiano, matematica, inglese. Particolarmente preoccupante la situazione in matematica. Infatti il 51% dei maturandi non raggiunge la soglia minima di competenze: salito vertiginosamente il numero rispetto al 42% nel 2019. In alcune regioni del Sud la percentuale fotografa una situazione disastrosa, con oltre il 70%.
“La didattica è da innovare”
La situazione della scuola italiana peggiora con la dispersione scolastica, implicita ed esplicita: un fenomeno in aumento specie al sud, dove sono maggiori le difficoltà socio-economiche. Roberto Ricci, presidente dell’Invalsi, al Sole 24 Ore spiega: “C’è un problema di didattica, da innovare. Ci sono competenze che, tutti gli studi, nazionali e internazionali, ci dicono di continuare a insegnare. Dobbiamo tornare a farlo. Certo, poi scontiamo una sorta di effetto trascinamento: i divari territoriali, che iniziano alla primaria, e il numero, in diminuzione, di studenti che ottengono risultati buoni o eccellenti ce li portiamo dietro, e finora non siamo riusciti a invertire il trend”.
Nella scuola secondaria, secondo Barbara Romano della Fondazione Agnelli, preoccupa anche “la formazione continua e iniziale dei docenti. Mentre al primo ciclo c’è la laurea in scienze della formazione primaria che manda in cattedre brave maestre, a medie e superiori, abolite le Siss, si è ancora in cerca di una strada per formare i docenti. E così, come emerge dai rapporti AlmaLaurea, non si riescono ad attrarre i talenti, e finisce che i laureati con performance universitarie peggiori abbiano le maggiori probabilità di insegnare. Non aiuta poi l’elevata età media del corpo docente (oltre 50 anni, ndr) che deve interfacciarsi con adolescenti, e la stessa organizzazione della scuola media è troppo rigida, ancorata a 13 materie uguali per tutti“.