Sembrava ormai una formalità dopo mesi di negoziati, e soprattutto dopo l’accordo (sebbene provvisorio) tra Parlamento Ue e Consiglio raggiunto a fine marzo. Quest’ultimo mirava ad aumentare al 42,5% l’obiettivo Ue al 2030 per la quota di consumi finali di energia elettrica che dovranno essere coperti da fonti rinnovabili. Ma se tutto ormai sembrava certo invece il 17 maggio, data in cui doveva essere approvata la Direttiva europea Red 3 sulle energie rinnovabili, è arrivato lo stop.
Colpa della Francia e della sua posizione sulla definizione dell’idrogeno prodotto da energia nucleare. Ma a darle man forte si sono schierati anche alcuni paesi dell’Est, come Bulgaria, Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Ungheria e Slovacchia, che oltre a far parte dell’Alleanza per il nucleare lanciata dalla Francia, hanno manifestato scetticismo sull’ambizione della nuova direttiva per le Fer. Un’obiezione dell’ultimo minuto insomma quella di Parigi, che chiede maggiori “garanzie” sull’idrogeno a basse emissioni di carbonio derivato dall’energia nucleare. Un modo in realtà per ottenere più sostegno per il nucleare a detta di molti.
Ritardo direttiva energie rinnovabili e conseguenze
Il ritardo nell’approvazione della direttiva sulle energie rinnovabili avrà inevitabili conseguenze. Mettersi di traverso al suo ok infatti potrebbe fermare o rallentare la transizione energetica ed ecologica dell’Unione europea. Ma così facendo verrà anche impedito il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e verranno persi tutti i vantaggi del cambiamento, tra cui gli ingenti investimenti di Bruxelles.
Non dimentichiamo come la stessa Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha più volte ricordato che l’intera Europa punta alle zero emissioni del settore energetico entro il 2040. Obiettivo ambizioso ma non impossibile. Ma perchè possa essere centrato sarà necessario l’impegno e la coesione di tutti i Paesi dell’UE. Mentre però si discute su come superare questo stallo sarà necessario innanzitutto superare le ideologie non solo etiche ma anche politiche ed economiche che la transizione green porta con sé.