Tina Turner spalancò non una porta ma un mondo alle donne di colore. Prima di lei, anche le più grandi interpreti femminili come Aretha Franklin non osavano entrare nel campo della sessualità, dell’espressione del proprio corpo, della propria identità di donne. Educate tutte (anche Tina) nei cori delle chiese evangeliche, esprimevano sì i tormenti dell’animo, ma in chiave prettamente spirituale. Tina Turner arrivò come lo scoppio di una bomba atomica con il coraggio di mettere in mostra la femminilità, quella più conturbante, una voce roca, un magnetismo sessuale e una energia esplosiva.
Vero nome Anna Mae Bullock, era figlia di un pastore e cantava nel coro della chiesa già a 10 anni. La separazione dei genitori la portò a vivere a Saint Louis, uno dei grandi centri della musica di colore e qui incontrò Ike Turner, a cui non si è mai reso merito per aver composto, prima di Elvis Presley, il primo autentico brano di rock’n’roll, Rocket 88. Pianista dotato del genio necessario per capire che la musica di colore possedeva tutto quello che le nuove generazioni americane desideravano, libertà, divertimento, fuga dall’oppressione moralista che li aveva fino ad allora schiacciati, riconobbe nella giovane Tina la voce che poteva rendere merito alle sue composizioni. Il tassello definitivo fu di aggiungere un trio femminile di accompagnamento, le Ikettes, che permisero la nascita della Ike & Tina Turner Revue.
Con la sua voce potente e blues e il suo stile di ballo scatenato, Tina Turner e le sue ragazze attirarono immediatamente l’attenzione del pubblico americano. Diventati uno dei principali spettacoli di musica soul nei locali di colore del cosiddetto Chitlin’ Circuit, il nome con cui veniva comunemente indicato quell’insieme di locali sparsi attraverso gli Stati Uniti in cui musicisti, attori ed ogni altro tipo di artisti e intellettuali afroamericani erano liberi di esprimersi ed esibirsi nel periodo della segregazione razziale statunitense.
Furono i Rolling Stones, ragazzi inglesi della classe operaia ma dall’anima profondamente afro americano, ad accorgersi della esplosiva potenza di questo gruppo: li chiamarono ad aprire per loro per un tour nel 1966 e in seguito anche nel 1969. Fu così che anche il pubblico bianco si accorse di Ike & Tina Turner. L’accoppiata era micidiale: Tina Turner con le sue lunghe gambe, l’esposizione senza pudore del suo corpo, la voce ruggente, il ballo sfrenato e poi gli Stones unirono definitivamente bianchi e neri, distruggendo ogni segregazione razziale.
“Nel contesto dello spettacolo di oggi, Tina Turner è la più sensazionale professionista sul palco”, scrisse Ralph J. Gleason, l’influente critico jazz e pop del San Francisco Chronicle, in una recensione di un concerto dei Rolling Stones a Oakland. “Arriva come un uragano. Balla, si contorce, si scuote e canta e l’impatto è istantaneo e totale”. Lo stesso Mick Jagger ammise di aver preso ispirazione da lei per le sue esibizioni.
La svolta musicale avvenne nel 1966 quando il più importante produttore pop bianco, Phil Spector, scrisse per loro la straordinaria River Deep – Mountain High che anche se non colse il massimo successo, definì uno spartiacque nella musica popolare. Fu la cover di un brano dei Creedence Clearwater Revival a dare il successo mondiale al duo, Proud Mary, che Tina Turner trasformò in un trascinante ballo tribale e nel manifesto della nuova musica nera.
Ma ogni storia ha due facce: personaggio autoritario, dipendente dalla cocaina, Ike abusava pesantemente della compagna, anche fisicamente: “La mia relazione con Ike è stata condannata il giorno in cui ha capito che sarei stata il suo creatore di soldi”, ha scritto Tina Turner nella sua biografia del 2018 My Love Story. “Aveva bisogno di controllarmi, economicamente e psicologicamente, quindi non avrei mai potuto lasciarlo.” Ma alla fine riuscì a farlo. Il loro ultimo singolo fu, nel 1975, Baby get it on, dall’adattazione cinematografica dell’opera degli Who, Tommy, in cui interpretava in modo appropriato il ruolo della “Acid Queen”.
Per ricostruirsi umanamente e artisticamente Tina Turner dopo il divorzio ci mesi quasi dieci anni. A sostenerla il buddismo a cui legò in quel periodo difficile, meditando anche quattro ore al giorno. Private Dancer, nel 1984, un disco di pop rock dai suoni moderni dettati dalla nuova scena musicale, la riportò in cima alle classifiche: “Il mio non è un ritorno” disse “non me ne sono mai andata”. Nel 2000 annunciò il ritiro dalle scene, con una dignità che tanti suoi colleghi invecchiati non hanno mai saputo avere.
Ma la vita privata non le concesse mai pace: il 4 luglio 2018 si suicida a 58 anni di età il figlio primogenito avuto con Ike, Craig Raymond Turner. Il 9 dicembre 2022 muore a 62 anni l’altro figlio Ronnie.
Da anni residente in Svizzera, Tina Turner è morta a 83 anni, nel silenzio e nella privacy. Non ci sarà mai più un’altra leonessa del rock’n’roll del suo livello: lei era “simply the best”.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.