LA GENETISTA COMPORTAMENTALE PAIGE HARDEN: “EVITARE RISCHI EUGENETICA”
Spesso nel senso comune pensare al progresso della genetica e degli studi sul legame esistente tra un certo tipo di geni e un “comportamento” fa pensare alle distopie aberranti dell’eugenetica (e alle volte purtroppo è vero): la genetista comportamentale di fama mondiale, Kathryn Paige Harden, su “La Croix” ha provato a spiegare perché scommettere sulla genetica e il suo progresso non significa per forza accettare l’eugenetica. Anzi, è l’esatto contrario.
Professore di psicologia clinica all’Università di Londra e docente in Texas dirigendo il “lopmental Behavior Genetics Lab”, Paige Harden da tempo confronta studi genetici sui gemelli per capire in che misura i geni influenzano il loro comportamento (in modo da valutare la misura in cui i geni influenzano o meno il loro sviluppo. Ebbene, Paige Harden di cerca di illustrare il peso del DNA sulle nostre vite, sostenendo che se è vero che l’istruzione da sola non può compensare il livello sociale che ereditiamo alla nascita, è altrettanto vero che «una migliore comprensione delle specificità genetiche può aiutarci a costruire una società più adatta all’individualità di ogni persona, e quindi più giusta. Dobbiamo comunque costruire delle salvaguardie contro il rischio di eugenetica». La genetica arriva a determinare la vita di ciascuno, ma non per questo significa che non vi sia alcun “arbitrio” nello sviluppo dell’esistenza umana: «Determina alcune malattie. Per esempio, se si ha un terzo cromosoma 21, si ha la sindrome di Down. In psicologia, invece, nessun gene è determinante; si parla piuttosto di probabilità, o possibilità. Per esempio, se dico che un utente di Instagram ha più probabilità di essere depresso di un non utente, non significa che sono in grado di calcolare il suo livello di depressione sulla base del suo uso dei social network. Ciò che significa è che, tra tutti gli ingredienti del cocktail, questo ingrediente può fare la differenza».
“STUDIO GENETICA PUÒ EVITARE FUTURE MALATTIE”: COSA DICE PAIGE HARDEN
Attenzione però, l’analisi che fa Paige Harden non suggerisce che vi siano geni “buoni” e geni “cattivi” che vengono tramandati e per questo basa “eliminare” i secondi per ottenere il risultato: «Nessun gene è buono o cattivo di per sé: questo è quello che dice l’eugenetica, e non è affatto quello che sto dicendo. Le faccio un altro esempio: alcuni dei geni che probabilmente la porteranno più avanti negli studi possono anche esporla al rischio di sviluppare la schizofrenia». Non sono né cattivi né buoni i geni, sono solo molecole che differiscono da persona a persona: «non si può determinare il valore di una persona in base ai suoi geni. Sono però legati a una serie di situazioni e comportamenti che la società classifica in ordine di importanza», sottolinea ancora la genetista figura di spicco della scienza Usa.
Come ribadito in molti suoi saggi, la tesi di Paige Harden è che occorre «utilizzare i dati genetici per creare maggiore equità, non per classificare gli individui»: attenzione, il punto non è etichettare i bimbi in base alla loro incapacità ma di «riconoscere la loro differenza per aiutarli meglio». Non vi sarà un futuro eugenetico in cui i bimbi saranno sottoposti a test genetici preventivi per capire se iscriverli o meno a scuola o alle altre attività: «Alcune persone hanno un rischio familiare di sviluppare il cancro al seno o la malattia di Huntington, ma non tutti vengono sottoposti a test per scoprire se sono portatori del gene. Il diritto di non sapere è molto importante. Detto questo, molte persone non sanno che esiste già uno screening genetico per i bambini alla nascita, in particolare per le malattie metaboliche (come la fibrosi cistica, l’anemia falciforme o l’iperplasia surrenale congenita, ndr)». Il vantaggio di poter identificare tali mutazioni, spiega ancora la scienziata a “La Croix”, è che ad esempio si può mettere in atto una dieta adeguata senza aspettare le malattie. «In campo medico ci rifiutiamo di accettare la fatalità, quindi perché non dovremmo fare lo stesso in campo educativo? La genetica non risolverà tutto, ma può essere uno strumento per migliorare la vita dei bambini adattando l’ambiente alle loro esigenze», chiosa Paige Harden illustrando come “evitare” le aberrazioni dell’eugenetica. «La genetica ha il potenziale per causare danni, ma questo non dovrebbe impedirci di trarre vantaggio dai suoi benefici. […] Cosa facciamo con questi dati, come li usiamo, come li proteggiamo?»; se non ne parliamo, se non li studiamo, se non ci pensiamo in modo proattivo con il pretesto che sono possibili abusi, «lasciamo il campo libero a chi vorrebbe usarli senza coscienza, o addirittura sfruttarli per i propri fini».