Bambini ucraini rapiti e deportati in Russia, una giornalista della BBC ha seguito in particolare alcuni casi da vicino di minori che sono stati prelevati da una scuola di una città di confine nella regione di Kharkiv e delle madri che hanno affrontato lunghi viaggi sfidando esercito e guerra pur di riportarli a casa dopo averli riconosciuti in alcuni video. In particolare la storia del quindicenne Sasha Kraynyuk, rapito dall’esercito russo e portato in un orfanotrofio in Russia, nel quale poi successivamente sono stati girati alcuni filmati propagandistici, nei quali si vedevano i bambini indossare le divise militari con il marchio Z sulla manica.
La madre Tetyana ha visto il video e riconosciuto il figlio, quindi ha affrontato un lungo viaggio fino in Russia per andare a riprenderlo, passando anche attraverso diversi fermi della polizia durante i quali la donna ha subìto interrogatori piuttosto violenti. Alla fine è riuscita ad incontrare Sasha, al quale nel frattempo era stato detto che la sua casa era stata distrutta e non si avevano notizie della sua famiglia. Sasha frequentava una scuola in Ucraina per ragazzi con bisogni speciali, dalla quale sono stati rapiti anche i suoi compagni, forse, per alcuni di loro non ci sarà nessuno che cercherà di andare a riprenderli ed il loro destino sarà quello di essere “russificati“, come sottolinea la gionalista BBC Sarah Rainsford.
Bambini ucraini rapiti dai russi, mamme affrontano l’esercito per andare a riprenderli
L’altro caso documentato per la BBC nell’inchiesta dei bambini ucraini rapiti dall’esercito russo, che fino ad ora risultano essere almeno 19mila, molti dei quali provenienti da famiglie disagiate o con problemi di disabilità, è quello di Danylo e sua madre Alla Yatsenyuk, che ha affrontato un viaggio molto simile insieme ad altre mamme, pur di andare a riprendere in Russia il figlio rapito a scuola.
La donna ha raccontato che “è stata un’esperienza terrificante“, soprattutto per via delle violenze alle quali è stata costretta dalle forze dell’ordine russe che tentavano di fermarla. Racconta che “una delle donne che era con me ha avuto un infarto lungo il tragitto, siamo state trattate come animali, senza acqua nè cibo“. L’altro trauma, dice Alla, “è stato quando abbiamo scoperto che ai nostri figli veniva detto che nessuno li stava più cercando“. Ora la direttrice dell’orfanotrofio è sotto inchiesta ma continua a dichiararsi innocente.