Alluvione, non bastano i progetti

La coesione sociale, in economia come in tutte le situazioni che siamo chiamati ad affrontare, è fondamentale ed è impossibile senza un ruolo forte del Terzo settore

Ho chiesto a un amico di Forlì, grande esperto di Terzo settore e non profit, quale fosse la reale possibilità di ricostruzione nei paesi delle colline e delle montagne colpite dalla recente alluvione in Romagna. Mi ha risposto: “Ricostruiranno le strade e le altre vie di comunicazione. Ma se non c’è una visione della ricostruzione condivisa con la popolazione del territorio queste strade serviranno alla gente per andarsene definitivamente”.

È vero: l’alluvione come il terremoto o altre catastrofi naturali in altre parti dell’Italia collinare hanno messo in luce una crisi profonda, la mancanza di uno scopo delle comunità locali e l’insufficienza di tanti progetti ingegneristici e infrastrutturali anche costosi e nobili. Perché rimanere in montagna quando i grandi centri urbani sempre di più attirano i giovani, mentre il proprio territorio di appartenenza diventa periferia, sociale e culturale? Inevitabili sono le conseguenze: solitudine, mancanza di servizi primari come ospedali e centri di cura, isolamento, povertà educativa.

Il bisogno di ritrovare un progetto condiviso di società, di rimettere in moto coesione e creatività sociale, a partire da iniziative che rispondano ai bisogni delle persone più in difficoltà domina ovunque, dalle piccole località come nelle grandi città.

Me ne sono reso conto nel corso delle presentazioni del Rapporto “Sussidiarietà e… sviluppo sociale” in numerose città in tutta Italia.

A Compiano, in Val di Taro, nel cuore dell’Appennino ligure-emiliano, dalle testimonianze che ho sentito è emersa evidente l’esistenza di una cultura del “noi per voi” e della rinascita di un sentimento di coesione sociale. Silvia Cudegondi, del Consorzio Fantasia, ad esempio ha illustrato il progetto “im-Mensa opportunità”, un servizio di mensa per il territorio offerto da ragazze e ragazzi disabili inseriti in un percorso formativo ed educativo, un esempio di integrazione grazie al quale il territorio ha la possibilità di crescere combattendo la povertà facilitando l’inclusione di chi è ai margini, dando anche la possibilità di formazione professionale.

A Milano, una delle capitali europee del mondo degli affari, in uno scenario decisamente diverso, ho visto ugualmente il tentativo in atto di creare coesione sociale da parte di protagonisti dell’imprenditoria, del settore bancario e anche del volontariato. Come ha detto il sindaco Giuseppe Sala, intervenuto alla presentazione del Rapporto, “fare del bene agli altri serve anche a chi lo fa, i giovani che oggi fanno volontariato lo fanno perché hanno visto generazioni precedenti prendersi cura di loro. È una macchina del bene che va sostenuta, in cui istituzioni e Terzo settore devono camminare insieme”.

Milano è da sempre una città solidale, attenta a chi ha più bisogno. I numeri del Rapporto lo dicono chiaramente: 180mila volontari, 15 persone su 100 con più di 14 anni svolgono attività benefiche.

Tutto bene dunque? Non proprio, perché a Milano esistono larghe sacche di disagio sociale ed emarginazione, come ha spiegato Alberto Sinigallia, presidente di Fondazione Progetto Arca, una delle realtà più attive nel sociale: “Siamo stati in grado nell’ultimo anno di offrire 100.000 pasti in strada e 7900 pacchi alimentari per le famiglie in difficoltà”. Ma, ha aggiunto rivolgendosi a Paolo Bonassi, Direttore centrale Strategic Support di Intesa SanPaolo, “senza il supporto delle aziende e del mondo bancario il volontariato da solo non ce la fa, la nostra possibilità di sfamare migliaia di migranti e senza tetto nasce proprio da questa alleanza”. “La sussidiarietà” ha concluso “è sviluppo sociale senza della quale esso sarebbe molto più rallentato”.

Siamo davanti a un cambiamento che attecchisce nei diversi strati della società civile partendo dal riconoscimento che la cultura della sussidiarietà fa il bene comune. È la sussidiarietà il valore che può consentirci di ricostruire luoghi di impegno civile e di riattivare il desiderio di pensare al bene degli altri, non solo al proprio e aiutare i cittadini a concepirsi come “comunitari” e non solo come consumatori. La coesione sociale, in economia come in tutte le situazioni che siamo chiamati ad affrontare, è fondamentale ed è impossibile senza un ruolo forte del Terzo settore.

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