LA MISSIONE DI PACE IN UCRAINA: COSA HA DETTO IL ‘MINISTRO DEGLI ESTERI’ DEL VATICANO
La missione di pace che con fatica Papa Francesco cerca di imbastire per porre fine alla guerra in Ucraina vede il Vaticano impegnato in scenari molto delicati e complessi: lo ha spiegato nella lunga intervista a “Vatican Insider” il “ministro degli Esteri” della Santa Sede, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher. Il Segretario per i Rapporti con gli Stati del Vaticano è il più stretto collaboratore di Papa Francesco, assieme al Cardinale Pietro Parolin, per quanto riguarda gli “affari esteri” e da mesi ormai uno degli esponenti più abili nel mantenere contatti e rapporti anche con la Russia di Putin, così come l’Ucraina di Zelensky.
Nell’intervista registrata poco prima della visita del Presidente ucraino in Vaticano con Papa Francesco, Mons. Gallagher ha confermato l’impresa piuttosto ardua in mano alla Chiesa Cattolica: «è una cosa complessa. Il processo diplomatico della Santa Sede consiste un po’ nel destreggiarsi con l’agenda. Proprio come un giocoliere, dobbiamo tenere la palla in aria – non vogliamo che cada a terra». Secondo il diplomatico vaticano, occorre mantenere sempre viva l’idea di un processo di pace: «Riconosciamo le difficoltà, comprendiamo le sofferenze del popolo ucraino e la posizione dei suoi leader. Ma al contempo, come disse tempo fa il Presidente Zelensky, “questa guerra finirà al tavolo dei negoziati”. Quindi, qualsiasi cosa possiamo fare, i nostri sforzi sono volti a cercare di arrivare al tavolo dei negoziati il prima possibile». Gallagher, già in autunno fautore della possibile duplice visita di Papa Francesco a Mosca e Kiev, conferma l’intento del Santo Padre: «Ha sempre detto di voler recarsi in entrambe. E penso che la questione sia ancora aperta. Staremo a vedere. Se gli sembra giusto andare in Ucraina, bene. Se sarà impossibile andare a Mosca, dovremo accettarlo».
MONS. GALLAGHER: “IL VATICANO HA INFLUENZA LIMITATA SUI DIRITTI IN CINA MA…”
Mons. Gallagher non scuce molti dettagli (ed è comprensibile vista la delicatezza del tema, ndr) invece sull’effettiva missione di pace preparata dal Presidente della CEI Mons. Zuppi, appena incaricato da Papa Francesco di seguire da vicino la missione di pace del Vaticano. «il Papa ha contemplato la pace in Ucraina fin dall’inizio, dal 24 febbraio 2022, valutando continuamente idee e proposte che potrebbero contribuire ad allentare le tensioni nel conflitto ucraino e ad avviare percorsi per una pace giusta. Ora, come ha detto il Direttore Matteo Bruni, si stanno studiando i tempi e le modalità di tale missione. Allo stesso tempo, speriamo e preghiamo per una missione così delicata, sapendo che anche la velocità e la tempistica sono molto importanti!».
L’arcivescovo collaboratore di Papa Francesco invita tutte le diplomazie internazionali, qualora abbiano canali importanti di dialogo con Mosca o con Kiev, a collaborare per far finire questa guerra: dal Medio Oriente all’Iran fino alla Cina. Il tutto senza lo “scandalo” di dover parlare con Paesi dove il rispetto dei diritti non sono affatto sviluppati come in gran parte dell’Occidente: in particolare parlando del rapporto fra Cina e Vaticano, Gallagher afferma «a volte quando parliamo con loro, la linea politica si sofferma sulle questioni relative ai diritti umani, ma i nostri contatti con le autorità cinesi sono limitati. Ci occupiamo principalmente dell’attuazione dell’accordo che abbiamo firmato con loro e della nomina dei vescovi. Non abbiamo molto altro in agenda oltre a questo». Questo non significa che non vi sia da parte della Santa Sede un tentativo costante di discutere e promuovere, dal punto di vista cattolica, di una «progressiva normalizzazione delle relazioni tra le comunità cattoliche in Cina e il governo, e di permettere ai cattolici cinesi di dare il loro contributo al bene della società». Il punto, ammette amaramente Gallagher, ricordando che «la nostra influenza su altre questioni relative ai diritti umani è molto, molto limitata. Se ne avessimo l’opportunità, non esiteremmo a mostrare preoccupazione. E crediamo anche che dobbiamo impegnarci, come lei stessa ha detto, in modo molto positivo e non solo nel senso dell’interferenza». In generale resta valida la regola “aurea” per la Chiesa di Francesco (e così prima anche per Benedetto XVI, San Giovanni Paolo II e tutti gli altri Pontefici): «Penso che in ciò che dice sui diritti umani – e sulla libertà – e sul controllo – la Santa Sede si rivolga all’intera comunità internazionale. Questo è il nostro modo di agire. E quindi se questo messaggio è forse appropriato per alcuni Paesi, va bene, ma non abbiamo l’abitudine di sottolineare le cose in modo molto, come dire, “aggressivo”. Preferiamo, come lei ha detto, tenere la porta aperta anche quando si tratta di una situazione che può essere molto difficile per noi».