Non a caso l’autore cita nella pagina di apertura una frase di Einstein sul «senso del mistero»: esiste forse un argomento più misterioso dei buchi neri, che non mandano nessun messaggio all’esterno e che quindi non possono essere studiati in modo diretto?
Ricordiamo, per chi non lo sapesse, cos’è un buco nero: è una zona dello spazio, all’interno di una superficie sferica, detta orizzonte degli eventi, da cui nulla può uscire perché la forza gravitazionale prodotta dalla massa del buco nero è così intensa che la velocità di fuga supera quella della luce. Da un punto di vista dell’osservatore esterno il tempo alla soglia dell’orizzonte si ferma, ma per un osservatore che cade nel buco nero non è così, il tempo continua a scorrere. La relatività del tempo in questo caso provoca due visioni anche temporali completamente diverse all’esterno e all’interno del buco nero.
Dentro il buco nero la forza gravitazionale non ha più alcun freno, per cui la massa all’interno dovrebbe ridursi a dimensioni infinitesime, applicando le leggi della relatività generale. E qui l’autore interviene: secondo lui dobbiamo avere il coraggio di un cambio di prospettiva, e cita gli esempi del passato, a partire da Anassimandro che ipotizza la Terra sferica e sospesa nello spazio, invece che piatta, Aristarco che misura il rapporto fra la distanza della Terra dal Sole e quella dalla Luna per arrivare a Galileo, che mostrando le irregolarità della superficie lunare, annulla la differenza fra cielo incorruttibile ed eterno e terra luogo dell’imperfezione e della caducità.
Occorre quindi un cambio di prospettiva anche nello studio del buco nero. La stessa ipotesi della riduzione a dimensioni infinitesime è un indizio della insufficienza della teoria fisica: quindi anche le leggi della relatività generale a un certo punto, quando la massa del buco nero occupa un volume molto piccolo, vengono meno. Il problema di valori infiniti si è posto in vari settori della fisica e sono un sintomo del limite di una teoria fisica; per esempio negli esercizi di fisica sul moto dell’elettrone lo si semplifica come un punto materiale provvisto di massa e carica negativa. Ma questa semplificazione ha un limite: se l’elettrone non avesse dimensioni, il campo elettrico da esso generato avrebbe un’energia infinita, cosa evidentemente assurda. Ciò comporta l’ipotesi che l’elettrone abbia una dimensione piccola, ma finita.
Nel caso del buco nero, secondo l’autore quando la dimensione della massa del buco nero nella sua contrazione diventa sufficientemente piccola, la relatività generale di Einstein non è più sufficiente, occorre tener conto della meccanica quantistica. Qui, come in altri punti del libro, l’autore si avvale di analogie prese dalla storia della scienza o dalla letteratura: si sente Dante accompagnato da Virgilio (la relatività), che però alla fine del Purgatorio cede il posto a Beatrice (la relatività quantistica). Si ha allora la necessità di una relatività quantica, per questa fase del buco nero che viene chiamata «stella di Planck» del cui sviluppo l’autore fa cenno, ma che è troppo complessa per essere esposta in un testo divulgativo. In base a essa si può ipotizzare una dimensione minima del buco nero, dopo di che avviene un «rimbalzo» per cui da un buco nero si passa a un buco bianco.
La teoria del buco bianco è ovviamente complessa, ma dall’esterno, a causa delle distorsioni temporali, è difficile distinguere un buco nero da un buco bianco. Quindi è difficile provare l’esistenza dei buchi bianchi. Infatti teoricamente da un buco nero non esce nulla, entra solo, mentre dal buco bianco non entra nulla, ma esce tutto. Ciò però in tempi lunghissimi, visto dall’esterno, a causa della relatività del tempo. E poiché, anche dal buco nero, per effetto tunnel, esce qualcosa (fenomeno dell’evaporazione del buco nero) distinguere fra buco bianco e buco nero potrebbe essere difficile.
Nella parte finale del testo c’è una lunga e interessante discussione sull’irreversibilità del tempo, al termine della quale si torna ai buchi bianchi, con l’ipotesi che essi in realtà costituiscano la materia oscura.
Cosa possiamo dire, in conclusione. Un testo sicuramente di argomento appassionante, con uno stile coinvolgente: è stato anche per un certo periodo il saggio più venduto in Italia. Tuttavia alla fine non credo di avere capito qualcosa in più dei buchi bianchi dopo aver letto il libro: si ha piuttosto l’impressione di uno scoppiettio di fuochi d’artificio, dietro cui si intravvede qualcosa, ma non emerge un contenuto che rimanga.
Carlo Rovelli
BUCHI BIANCHI
Adelphi Edizioni, Milano 2023
Pagine 144 euro 14,00
Recensione di Lorenzo Mazzoni