“Noi contribuiamo a costruire la pace facendo di Medjugorje sempre più un luogo di pace, dove aiutare ogni persona a ritrovare la speranza e a diventare operatore di pace nella missione che il Signore gli ha affidato in questa vita”: parla così l’arcivescovo Aldo Cavalli, visitatore apostolico per la parrocchia di Medjugorje, nel suo discorso in Bosnia Erzegovina. Nei giorni in cui ha ricevuto i pellegrini della parrocchia di Ghedi (Brescia), l’ecclesiastico ha spiegato come costruire pace partendo dalla fede: “La prima cosa: se voglio essere operatore di pace, devo esserlo nella missione che il Signore mi ha dato. E che devo realizzare nel modo migliore possibile, qualunque essa sia. La seconda cosa: essere presenti nel mondo, dove c’è pace e dove c’è guerra, e se non è possibile essere presenti fisicamente, esserlo con la preghiera, con il pensiero, con l’interesse attivo per quello che accade”.
Per l’arcivescovo Aldo Cavalli, bisogna essere “Presenti come ci insegna Maria: che era presente quando Dio si è fatto uno di noi in lei; che era presente ai piedi della Croce quando Gesù ha assunto e perdonato i nostri peccati per sempre; che era presente quando, a Pentecoste, è nata la Chiesa. E con una presenza sempre discreta ma profonda. C’è poi un terzo aspetto. Gli organizzatori del pellegrinaggio in memoria di Sergio, Fabio e Guido hanno scelto una frase profondissima di Giovanni Paolo II, che aveva conosciuto la guerra, il nazismo e il comunismo: “Il prezzo della pace è la fatica del perdono”. Perdonare non significa dimenticare il male ricevuto, ma significa che io non farò a te quello che tu hai fatto a me, e mi impegno a creare un ambiente di pace là dove altri hanno seminato il male. Significa che io stesso divento “luogo di pace”. Costa fatica. Ma questo è il contributo che tutti possiamo dare per la pace nel mondo”.
“A Medjugorje c’è gente da tutto il mondo in coda per ore al confessionale dove magari non vanno da decenni”
L’arcivescovo Aldo Cavalli, visitatore apostolico per la parrocchia di Medjugorje, spiega che per costruire la pace, “Ognuno di noi deve vivere in maniera creativa e attiva, non nella mediocrità. Se noi tutti viviamo in maniera forte aggiornandoci e perfezionandoci, possiamo avere un influsso positivo anche sulle scelte politiche dei nostri popoli”. Medjugorje “Qui viene gente da tutto il mondo – un milione di persone lo scorso anno, tanti giovani e trentamila preti – con tanti problemi e sofferenze, e li vedo alla Messa, al Rosario, all’adorazione eucaristica e alla venerazione della Croce, in coda per ore al confessionale – dove magari non vanno da decenni – per chiedere al Signore di aiutarci a cambiare vita. E fanno tutto con gusto e senza stancarsi perché stanno bene, e stanno bene e si sentono riconciliati perché c’è il Signore: come nella Trasfigurazione”.
Papa Francesco è felice di quanto accade a Medjugorie: “Quando mi chiede come va, gli dico che qui, noi, preghiamo, preghiamo e preghiamo in un luogo di grazia. E il Papa è contento. Negli Atti degli Apostoli si dice che nella prima comunità erano perseveranti nella preghiera, che erano in armonia fra loro e che c’era Maria. Così è venuto lo Spirito Santo, così è nata la Chiesa. E così cerchiamo di essere Chiesa a Medjugorje. Che deve restare luogo di grazia: perciò non vogliamo che entrino fattori che turbano l’armonia. Non pretendiamo di dare messaggi al mondo intero: vogliamo solo collaborare con la grazia per costruire la Chiesa che Dio vuole”.