La questione dei diritti umani in America Latina continua a essere alquanto controversa, visto che spessissimo le organizzazioni che si occupano del loro rispetto riescono a vedere solo alcuni aspetti della questione e mostrano amnesie alquanto singolari in altre.
E non stiamo parlando di quest’ultimo decennio: la storia va avanti da molto, fin dagli anni Settanta, durante i quali si sono sì giustamente segnalati e perseguiti, dopo la loro caduta, gli eccessi spesso genocidi delle dittature, specie in Argentina o Cile, ma altrettanto non si è fatto per i crimini, spesso atroci, messi in atto da movimenti terroristi che ancor oggi, dove alcuni dei loro ex appartenenti o famigliari hanno raggiunto livelli di carriere politiche spesso di rilevante importanza, vengono nascosti o addirittura giustificati come se un crimine compiuto nei riguardi di persone inermi o addirittura di adolescenti o bambini risulti non punibile perché figlio di una giusta causa.
Già in passato ci siamo occupati di questa stranissima discrepanza giudiziale, ma oggi purtroppo la cosa continua nella totale alleanza di politiche populiste che spesso sono arrivate al potere attraverso elezioni democratiche, ma che poi, invece di risolvere la gravi situazioni che denunciavano nei riguardi delle popolazioni, le hanno vieppiù aggravate fino a spingerle a crisi impensabili anni fa.
È il caso dell’Argentina attuale, Paese che letteralmente non sa più come uscirne e che la settimana scorsa ha iniziato a discutere con il Brasile dell'”amico” Lula un prestito importante (circa 30 miliardi di dollari) per venire in soccorso dei “fratelli” che hanno provocato la catastrofe attuale con le loro politiche dal 2019, in vista delle prossime elezioni che si terranno a ottobre. Questa è una delle cose che è emersa nel corso della riunione tra 11 Paesi latinoamericani dell’Unasur tenutasi a Brasilia, con una novità importante… anzi due.
In primis, il Presidente brasiliano ha confermato l’intenzione di Buenos Aires di entrare a far parte dell’alleanza Brics che raduna Paesi che vorrebbero distanziarsi dagli Usa economicamente, adottando tra loro, negli scambi, le rispettive monete: ma qui la Cina ha già fatto sapere che non metterà a disposizione lo yuan come valuta sostitutiva del dollaro negli scambi. La seconda è che tra gli ospiti della riunione c’era pure il Presidente venezuelano Maduro che, dopo otto anni, ha potuto rimettere piede in Brasile, visto che in Argentina, per una riunione simile, aveva rinunciato a presenziare personalmente per timore di arresto visto il mandato di cattura internazionale.
Ma previo l’inizio dei lavori della sessione c’è stato un incontro bilaterale tra Maduro e Lula terminato il quale il Presidente brasiliano ha rilasciato delle dichiarazioni talmente gravi da suscitare imbarazzo generale, ma sopratutto generare polemiche durissime nei suoi confronti al punto tale da mandare all’aria il successivo incontro generale.
E qui torniamo al problema che sopra abbiamo esposto, perché Lula ha definito come pura narrativa la repressione e la violazione dei diritti umani che hanno contraddistinto il regime chavista fin dal suo inizio, non tenendo nemmeno in considerazione tantissimi report dell’Onu sull’argomento.
Ennesima “lulata” della serie di débacles che hanno contraddistinto la sua presidenza finora, ma questa ha provocato, come ripetiamo, reazioni durissime che si sono esternate nei discorsi sia del Presidente dell’Uruguasy, Lacalle Pou, che di quello cileno Boric. Quest’ultimo, ideologicamente appartenente al populismo, ha affermato di aver visto di persona la disperazione negli occhi delle migliaia di persone emigrate nel suo Paese per sfuggire alla dittatura venezuelana.
C’è da dire che pure Lula, se avesse voluto, si sarebbe reso conto della cosa, visto che il Brasile ospita più di mezzo milione di venezuelani (degli oltre 7 milioni scappati dal Paese) che si sono rifugiati lì per le stesse ragioni. Ma evidentemente un calcolo politico chiaramente fantozziano ha provocato successivamente una rottura insanabile che, lo ripetiamo, ha allontanato di parecchio la possibile ipotesi di un Unasur come contraltare latinoamericano dell’Ue.
Quando l’ideologia si frappone ai piani e alle proposte intelligenti, tese a creare unità tra i Paesi di uno stesso continente, i fallimenti sono dietro l’angolo: e purtroppo questo è il problema dell’intero continente sudamericano. Ma il fatto purtroppo non si limita a questo, ma spesso coinvolge anche organizzazioni internazionali (come abbiamo già scritto) come il Consiglio norvegese per i rifugiati. Questa organizzazione, di importanza mondiale, ha incluso El Salvador nei Paesi dove i diritti non vengono rispettati. Questo Paese centroamericano ha vissuto per decenni situazioni politiche instabili con “golpe” di vario genere e, soprattutto, in questi ultimi 15 anni, uno strapotere della criminalità organizzata che di fatto ha minato tutte le istituzioni, provocando massive fughe di molti suoi abitanti per sfuggire all’inferno che vivevano.
La situazione, quindi, aveva superato ogni limite immaginabile al punto che il 1° giugno del 2019 le elezioni presidenziali vennero vinte da Nayib Bukele, un uomo di affari poco più che quarantenne che, arrivato al potere, ha preso nelle sue mani l’intera situazione e in pratica ha dichiarato una guerra alla criminalità usando la mano dura e riempiendo le carceri nel cui interno instaurò un regime con regole severissime. Nel giro di pochissimi anni è riuscito in pratica a risolvere la disastrosa situazione e a ristabilire ovviamente non una succursale della Svezia, ma a ridurre fortemente il fenomeno con condizioni di sicurezza accettabili al punto da interrompere l’emigrazione e da provocare il ritorno di molti suoi connazionali.
Ovviamente qui ci troviamo sul versante opposto al populismo, con un Presidente rispondente al liberalismo al punto di adottare per legge il Bitcoin come valuta alternativa e aprirne (caso unico al mondo) l’uso nei bancomat.
Viene visto come un personaggio politico decisamente millennial e oltretutto, visti i suoi successi sul tema della sicurezza, gode del sostegno della maggior parte della popolazione, ma ha anche ottenuto la simpatia e l’appoggio dell’intero mondo politico liberale latinoamericano. Ma, sfortunatamente, i suoi metodi (che colpiscono la criminalità, non la libertà di espressione) sono passati sotto la lente dell’organizzazione sopra citata: El Salvador è stato incluso nella lista e, insieme ad altre organizzazioni dei diritti umani, si pretende che vengano presi dei provvedimenti per garantirli e che si condannino i responsabili delle violazioni.
C’è da chiedersi come mai, oltre al Venezuela e alla Colombia, certe decisioni non vengano prese anche nei confronti di altri Paesi dove tra regime politico e criminalità organizzata esiste un rapporto profondo di alleanze che rendono la sicurezza nazionale un vero problema: oltre al Brasile e il Nicaragua, è il caso dell’Argentina dove recentemente un esponente politico aderente al kirchnerismo ha proposto di depenalizzare la criminalità per arrivare a vivere una società più giusta, visto che “Chi ruba, uccide o violenta ha una necessità”.
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