Steven Schwartz, un avvocato della giuria personale presso lo studio Levidow, Levidow & Oberman di New York, il mese scorso ha utilizzato ChatGPT per preparare una dichiarazione in tribunale, creando però una mozione piena di casi inventati, sentenze e citazioni, che il bot ha assicurato “sono reali e possono essere trovati in database legali affidabili”: in realtà, non era così. Dunque certamente “le vecchie maniere” sono migliori, almeno in questo ambito. La colpa, però, non è dell’intelligenza artificiale ma del signor Schwartz che non ha verificato l’istanza prima di depositarla.
L’intelligenza artificiale è uno strumento che potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui lavorano gli avvocati e non solo, ma in pochi combinano il rischio con la maggiore velocità e semplicità che deriverebbe dalla sua gestione: le aziende che lo fanno bene raccolgono i frutti. Secondo un recente rapporto di Gold man Sachs, il 44% delle attività legali potrebbe essere svolto da IA, ad eccezione del supporto amministrativo e amministrativo. Esaminare i documenti “noiosi” potrebbe essere un compito dell’IA, che svolgerebbe in maniera egregia, sottolinea il The Economist Usa.
Come l’intelligenza artificiale potrebbe aiutare gli avvocati
Le IA “generative” come ChatGPT sono molto più potenti: questo può migliorare la ricerca giuridica e la revisione dei documenti. Allen & Overy, una grande azienda con sede a Londra, ha integrato nella sua pratica uno strumento di intelligenza artificiale legale chiamato Harvey, utilizzandolo per l’analisi dei contratti, la due diligence e la preparazione del contenzioso.
Secondo un recente sondaggio, l’82% degli avvocati crede che l’intelligenza artificiale generativa possa essere utilizzata per lavori legali, ma solo il 51% pensa che dovrebbe. In seguito alla debacle del signor Schwartz, ad esempio, un giudice federale del Texas ha imposto agli avvocati di presentare un certificato attestante che o non utilizzavano affatto l‘IA generativa o che, se lo facevano, controllavano il risultato finale, spiega il The Economist Usa.
Richard Susskind, consulente tecnologico del Lord Chief Justice of England, sostiene che le aziende traggono profitto “dall’avere eserciti di giovani avvocati ai quali pagano meno di quanto fanno pagare ai clienti”. Se l’intelligenza artificiale può svolgere il loro lavoro, le aziende dovranno modificare le loro pratiche di pagamento, passando ad esempio all’addebito di tariffe fisse basate sul servizio fornito, piuttosto che sulla quantità di tempo impiegato per fornirlo. “Le persone che si rivolgono agli avvocati non vogliono avvocati: vogliono soluzioni ai loro problemi o evitare del tutto i problemi”, spiega ancora Susskind.