Nel panorama economico italiano le Piccole e medie imprese (PMI) rappresentano una componente essenziale della struttura produttiva del Paese. Parliamo del 99,9% delle imprese attive, che contribuiscono a quasi il 70% dell’occupazione totale, secondo i dati del 2021. Ma un dato recente ha riportato alla luce un problema che si trascina da tempo: la distribuzione non equa del carico fiscale.
Secondo i dati disponibili, le PMI italiane, vero cuore pulsante dell’economia italiana, hanno versato 19 miliardi di euro in tasse, un valore esorbitante se paragonato ai 186 milioni d’euro versati dalle grandi aziende del web. Ciò evidenzia un profondo squilibrio tra il carico fiscale che grava sulle PMI e quello che grava sulle multinazionali del web. Su questo punto l’Ue ha fatto gran poco, nonostante una serie d’uscite in cui si prometteva d’intervenire.
Un disparità fiscale che richiede azioni
La differenza nelle tasse pagate dalle PMI e dalle grandi aziende del web è un argomento di discussione che necessita di essere affrontato con criterio e trasparenza. La crisi economica causata dalla pandemia ha messo a nudo l’importanza delle PMI come motore economico dell’Italia. Nonostante ciò, le PMI continuano a sopportare un carico fiscale sproporzionato rispetto alle multinazionali che lavorano sul web. Questo squilibrio fiscale crea una barriera alla crescita e allo sviluppo delle PMI. Mentre le grandi aziende beneficiano di una riduzione delle tasse, le PMI devono lottare per mantenere la competitività in un ambiente sempre più digitale. È essenziale che si crei un sistema fiscale più equo, che non penalizzi le PMI, ma che, al contrario, le sostenga nella loro crescita. Del fatturato di una PMI media il 50% va in tasse, contro il 34% di una multinazionale. Un handicap che travolge qualsiasi piano d’impresa. Il tutto nonostante le multinazionali offrano prodotti qualitativamente di livello non eccelso ma competitivi per prezzo di produzione.
Nonostante il peso fiscale, le PMI continuano a essere una forza trainante dell’economia italiana. Sono loro che creano posti di lavoro, innovazione e sviluppo economico nelle diverse regioni del Paese: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna tra le eccellenze del Nord e Centro, a Sud spiccano Puglia e diverse realtà microlocali con specificità d’eccellenza. L’Italia si appoggia fortemente sulle PMI non solo perché costituiscono la maggioranza del tessuto imprenditoriale del Paese, ma anche perché rappresentano una fonte di resilienza economica, fondamentale per la ripartenza economia in atto (l’Italia attualmente è locomotiva in Europa).
Le PMI italiane si sono rapidamente adattate ai cambiamenti del mercato, grazie alla loro flessibilità e alla loro capacità di innovare: il 60% ha già concluso il processo di digitalizzazione. Inoltre, la vicinanza al territorio e la conoscenza delle specificità locali permettono loro di rispondere efficacemente alle esigenze delle comunità locali, sostenendo così perfino “l’economia di vicinato”.
Scenario d’impresa: un futuro di crescita e resilienza
Immaginiamo un futuro in cui l’Italia continui a fare affidamento sulle PMI come motore economico del Paese. In questo scenario, le PMI continuano a crescere e a creare posti di lavoro, nonostante le sfide imposte dall’ambiente digitale e competitivo. Secondo le previsioni di Intesa Sanpaolo, nel 2023 le PMI italiane vedranno una crescita dello 0,6% e nel 2024 si prevede un recupero al +1,8%. Questo scenario di crescita è sostenuto da PMI che hanno dimostrato una notevole resilienza e una maggiore capacità di reazione alle crisi rispetto ad altre imprese in Europa. Nonostante la restrizione monetaria e la recessione, l’analisi di Cerved Rating Agency prevede che i tassi di default rimarranno a livelli di assoluto comfort, aumentando solo lievemente al 5,91% per giugno 2023.
Tuttavia, le sfide principali che le PMI dovranno affrontare sono la crisi energetica e l’inflazione, quest’ultima tradotta in un rapido aumento dei tassi di interesse che impattano sulla possibilità di finanziamento per le imprese italiane. In particolare, i prezzi dell’energia rimarranno elevati nel 2023, mentre l’aumento dei tassi di interesse potrebbe pesare sull’economia, portandola in recessione.
Nonostante questo, le PMI italiane realizzano l’80% del loro fatturato in giro per il mondo, agendo come piccole multinazionali, caso unico al mondo. Esiste uno spazio per ottenere finanziamenti al di fuori del sistema bancario: secondo la ricerca di Cerved Rating Agency, ci sono oltre 300 PMI italiane con un potenziale di emissione pari a 7,81 miliardi di euro senza che questo vada ad abbassare il loro merito di credito. L’80% di queste imprese appartiene al settore manifatturiero, con in seconda posizione il commercio al dettaglio. Complessivamente, queste imprese fatturano 28 miliardi di euro e danno lavoro a 53.000 persone, portando al Paese il secondo posto in manifattura in Europa. L’Italia in questo settore è sesta al mondo e compete quasi alla pari con la Cina, che supera però in qualità.
Nonostante le sfide fiscali ed economiche, le PMI continuano a svolgere un ruolo cruciale nell’economia italiana. L’Italia si appoggia fortemente sulle PMI, le quali, nonostante gli ostacoli, continuano a dimostrare resilienza, adattabilità e innovazione, contribuendo alla crescita e allo sviluppo economico del Paese. Il futuro dell’economia italiana dipenderà in gran parte dalla capacità di queste imprese di superare le sfide attuali, ma anche dalla capacità del Paese di creare un ambiente più equo e sostenibile per le PMI (pensiamo alla rete dell’Emilia Romagna) soprattutto in ambito Ue, dove dal 2000 spopola il modello tedesco delle grandi imprese (d’indubbia qualità, le case automobilistiche tedesche comprano i componenti dall’Emilia Romagna) a discapito del nostro modello (che ha subito il dumping di Berlino, che finanziava le proprie imprese con una legge ad hoc e forniva gas a prezzi stracciati per le produzioni, grazie ad accordi con Mosca).
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