La decisione presa dalla giunta regionale del Veneto il 2 maggio scorso ha sorpreso l’area governativa del centrodestra e in particolare il vasto arcipelago delle associazioni di ispirazione cattolica, soprattutto per la velocità con cui è stata presa, senza alcun dibattito previo, nessun confronto e, a quanto sembra, senza aver consultato nessun comitato etico. La giunta si è di fatto impegnata a garantire, sul piano regionale, a tutte le persone che avanzano richiesta di fine vita un percorso oggettivo, rapido e scevro da qualunque condizionamento esterno.
La premessa di questa importante e discutibilissima decisione va ricercata nella richiesta formulata da una persona affetta fin dalla nascita da una rara forma di distrofia muscolare. Per il paziente la richiesta di poter morire rappresentava una sorta di eredità lasciata a chi si fosse trovato in condizioni analoghe alle sue. In altri termini avrebbe voluto che il suo ultimo dono per loro fosse la libertà di poter decidere autonomamente, contando su leggi, istituzioni ed enti che consentissero di soddisfare questo diritto.
Il paziente si era rivolto alla commissione medica dell’Ospedale San Bassiano, che aveva accolto la sua richiesta, dando il proprio assenso perché venisse fornita, dalla stessa Aulss, tutta la strumentazione e i medicinali da auto-somministrarsi quando e come lui avesse deciso di porre fine alla sua vita. Il primo caso in Veneto, ma certamente non l’ultimo.
A distanza di poche settimane la richiesta viene da una donna di 78 anni, malata oncologica, che nel novembre 2022 ha iniziato l’iter necessario per porre fine alla sua vita. L’azienda sanitaria ha stabilito che la donna possiede tutti i requisiti richiesti: è pienamente consapevole e autonoma, è affetta da una patologia tumorale irreversibile, ha dolori e sofferenze che lei reputa intollerabili. In aggiunta, si legge nella relazione di accompagnamento che “i farmaci antitumorali mirati costituiscono un sostegno vitale”.
Il primo paziente soffriva di una rara forma di distrofia muscolare; questa seconda paziente ha un tumore, patologia tra le più diffuse cause di morte nel nostro Paese. Motivo per cui viene trattata con farmaci antitumorali mirati. Una decisione scientificamente fondata, su cui si regolano tutti i trattamenti oncologici attualmente in vigore, anche in base ai principi propri della medicina di precisione. Al paziente occorre somministrare farmaci mirati, selezionati tra quanto di meglio oggi offre la ricerca farmacologica in campo oncologico, per questo è possibile parlare di sostegno vitale, perché senza di essi la morte sarebbe la conseguenza inevitabile di una malattia considerata fino a chi decenni fa incurabile. Se la delibera della Giunta nel primo caso si applicava ad una malattia rara, ora viene applicata a una delle patologie più comuni, con una argomentazione che smantella dalle fondamenta i principi di ogni trattamento terapeutico. Ogni farmaco, per il solo fatto di essere efficace, costituisce un sostegno vitale, anzi quanto più è efficace tanto più è vero che costituisce un sostegno vitale. Non si capisce quindi il ragionamento seguito dalla giunta, né l’applicazione immediata che l’azienda sanitaria ne ha fatto. Quel che invece appare chiaramente è che in Veneto si sta diffondendo una mentalità filo-eutanasica ambigua e corrosiva.
Sarebbe davvero difficile sostenere che, agendo in questo modo, la giunta del Veneto si sia astenuta da qualunque intervento, anche ideologico: poche battaglie sono così ideologiche come quella condotta per introdurre l’eutanasia nel nostro sistema giuridico. Nella legislatura precedente il centrodestra si è battuto con grande convinzione per sostituire all’ideologia della morte facilitata il diritto dei pazienti all’assistenza, in modo particolare attraverso le cure palliative e la cura contro il dolore. E questo atteggiamento ha contribuito in modo significativo alle diverse vittorie elettorali che si sono susseguite negli ultimi mesi. Le persone vogliono vivere nel miglior modo possibile e per questo chiedono una maggiore qualità nei trattamenti sociosanitari, sia in ospedale che a casa; trattamenti mirati, con farmaci ad hoc, che hanno come obiettivo strategico la guarigione del paziente, ma che comunque si impegnano ad accompagnarlo con le migliori cure palliative possibili fino al termine della sua vita, senza alcuna accelerazione. Chiedono un effettivo miglioramento del nostro Sistema sanitario nazionale, che negli ultimi tempi ha mostrato ampie zone di fragilità soprattutto nella prevenzione e nella riabilitazione. Non chiedono di morire, ma di vivere, ed esigono che chi ha autorità soddisfi questo bisogno primario.
Ciò che sorprende quindi è il capovolgimento di rotta di Zaia, anche perché le parole usate nella delibera risuonano come un atto di accusa verso l’attuale Governo, quando riferisce che, in data 14 ottobre 2022, il Comitato Onu sui diritti economici, sociali e culturali, rilasciando il sesto rapporto periodico sull’Italia, ha evidenziato solo 2 aspetti positivi e ben 69 aspetti preoccupanti tra i quali: mancanza di un’istituzione nazionale indipendente in difesa dei diritti umani; utilizzo dei cosiddetti “discorsi d’odio” verso alcune categorie di persone; carenza di programmi di protezione sociale per le persone con disabilità; difficoltà di accesso alle cure di base in particolare dopo i ritardi accumulati durante la pandemia da Covid-19. I quattro atti d’accusa del Comitato Onu, riportati nella delibera, sono da riferire ad un periodo in cui la Lega era al Governo, con incarichi decisamente di primo piano. E di questo la giunta regionale del Veneto non sembra tenere conto. Tra governo nazionale e governo regionale si sta creando una frattura destinata ad allargarsi, che desta gravi preoccupazioni, sul piano valoriale e sul piano strategico. Sorprende anche la difesa d’ufficio che Cappato ha fatto del governatore della Regione: “Le parole del presidente della Regione Veneto Luca Zaia sono … parole semplici e chiare, in un panorama politico dove l’ambiguità e la doppiezza l’hanno finora fatta da padrone, a destra, al centro e a sinistra, a spese delle persone che soffrono”.
La libertà del paziente, il suo diritto all’autodeterminazione sono indubbiamente valori che meritano il massimo rispetto, sono diritti, ma come tutti i diritti non sono assoluti e hanno precisi confini entro cui si inseriscono, primo tra tutti il rispetto per la vita propria ed altrui, ed esigono altrettanti doveri da parte delle istituzioni, primo tra tutti il dovere della cura: umana e competente. Di tutto ciò nella delibera non c’è traccia. Il riferimento al plauso, scontato, dell’Associazione Coscioni non è accompagnato da nessun riferimento alla legge 38 e all’urgenza ribadita anche nella ultima legge finanziaria di investire risorse adeguate nel campo delle cure palliative, sia negli hospice che a domicilio. Tutto si risolve nel fornire al paziente “la strumentazione e i medicinali di fine vita da auto somministrarsi quando lui lo avrebbe ritenuto opportuno”. Si è stressato un diritto individuale, portandolo fino alle conseguenze estreme, ma senza nessun riferimento alle cure a cui avrebbe avuto diritto, riducendole ad una mera questione ideologica.
Prima dell’attuale delibera regionale ci sono leggi nazionali, tra cui la legge 38, che sottolineano la necessità di disporre di una rete di servizi in cui i malati possano trovare risposta ai loro bisogni essenziali. Una crescente qualità dell’assistenza, al passo con la ricerca scientifica, deve accompagnare il malato fino al termine naturale della sua vita, riconoscendone la intrinseca dignità in ogni momento e sostenendone le diverse esigenze con la indispensabile competenza. Occorre contrastare ogni forma di eutanasia come una pseudosoluzione, destinata ad allargare il circuito della morte, anticipandone tempi e modi, senza rispondere a quel bisogno di cura e di assistenza che è la vera sfida del prossimo futuro.
La Regione Veneto, deliberando in senso eutanasico, anticipa responsabilità che competono prima di tutto al Parlamento e prende una posizione stridente rispetto a quanto detto e fatto finora dal Governo di centrodestra, che ha in Salvini il suo vicepremier. Sarebbe interessante capire in che modo questa dialettica così contraddittoria e conflittuale sarà sanata. Il valore della vita, in tutte le sue fasi e manifestazioni, è strategico nella proposta politica del centrodestra e non è tollerabile che l’esponente di uno dei partiti che ne costituiscono la struttura portante si ponga in contrapposizione a qualcosa che è ben più di un punto del programma politico, dal momento che riflette uno degli aspetti identitari che più e meglio rappresentano la attuale maggioranza.
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