IL RICORDO SU SILVIO BERLUSCONI AL MILAN DALL’EX CAPPELLANO E VESCOVO CAMISASCA
Forse non tutti sapevano che il vescovo emerito di Reggio Emilia, Mons. Massimo Camisasca, tra il 1986 e il 1991 è stato anche il cappellano del Milan della prima era Berlusconi: lo racconta oggi il sacerdote fondatore della Fraternità Missionaria di San Carlo nella lunga intervista a “La Verità”, rivelando aneddoti e giudizi sull’uomo, Presidente e politico Silvio Berlusconi. Milanista nel sangue da sempre, Camisasca racconta di essere stato contattato da Adriano Galliani per fare il cappellano della squadra con una Santa Messa da organizzare ogni sabato alle 18 a Milanello (nei weekend quando il Milan giocava a San Siro, ndr).
Durante un’udienza da San Giovanni Paolo II nel 1986 il vescovo, allora semplice “cappellano”, fu colpito dalla volontà di Berlusconi di utilizzare il Milan per lanciare un significato mondiale nella storia del calcio: «Celebravo la messa. Fu quello un punto di partenza. E di arrivo in un certo senso, perché la messa è un punto di partenza e di arrivo». Per Mons. Camisasca quell’appuntamento divenne poi un punto di riferimento per tanti, giocatori e staff: ne cita alcuni, Arrigo Sacchi, Filippo Galli e Roberto Donadoni ma furono molti di più come fa intuire una risposta “sibillina” del vescovo alla richiesta di Berlusconi di sapere chi veniva a messa tra i giocatori: «io non ho risposto perché questa è una cosa privata. Gli dissi: “viene più della media degli italiani”».
CAMISASCA: “BERLUSCONI TENTÒ DI UNIRE LIBERALISMO E CHIESA, MA I CATTOLICI…”
Il rapporto tra Berlusconi e Camisasca è lo “specchio” di quei tanti che in quegli anni non potevano non notare il fascino di una persona empatica e simpatica: «Era un uomo profondamente empatico, che amava e desiderava essere amato. Quindi creava simpatia, ma desiderava anche la risposta della simpatia dell’altro. Soffriva, se un altro si considerava un nemico, e cercava di farlo diventare amico». Tra gli aneddoti più curiosi raccontati dal sacerdote e vescovo emerito vi è la conferma dell’attenzione quasi maniacale che aveva Silvio Berlusconi per le sue aziende: «si interessava di tutto. Persino di come venivano tagliati i prati di Milanello. Degli orari degli allenamenti, e delle modalità. Con Sacchi discuteva ingaggi e formazioni…».
Dal calcio alla politica, il passo è breve e con la sempre lucida narrazione del vescovo Camisasca si prova ad approfondire quale fu la “rivoluzione” tentata e non riuscita della “discesa in campo”: da “collega” giudica come molto interessante l’omelia dell’arcivescovo di Milano Delpini ai funerali del Cavaliere, «un capolavoro letterario. Anche di sentimenti, e giudizi. Un testo che ho trovato molto manzoniano. Forse nessuno ha fatto caso che non si nomina mai Cristo. Un po’ come nei Promessi Sposi: non c’è mai la parola Cristo». D’altro canto non si poteva nemmeno fare un’agiografia sulla figura di Silvio Berlusconi ma anche qui Mons. Camisasca “scomoda” Manzoni con “Il Cinque Maggio” su Napoleone: «dobbiamo vedere tutti gli aspetti di una personalità e non essere ideologici. Dobbiamo sapere ammirare la grandezza e dire quello su cui non siamo d’accordo. Lasciando agli storici, per quanto attiene l’umano, il giudizio. E a Dio, appunto, quel che è di Dio».
In ultima analisi, pur bocciando certi commenti su donne e comportamenti – «ma non per bacchettonismo ma perché non rendevano ragione di un uomo di grandi orizzonti» – Mons. Camisasca riflette sul tentativo di Berlusconi di lanciare quella “rivoluzione liberale” che avrebbe posto in unità il mondo dei cattolici e il mondo liberale. «Ho sperato nell’incontro tra mondo liberale e il mondo cattolico, in tutte le loro diverse sfumature. Mi sembra di poter dire, non da storico ma da cittadino italiano qualunque, che questo incontro non c’è stato», rileva il vescovo, aggiungendo che il progetto fallì perché «molta parte del mondo cattolico in questi trent’anni ha guardato a sinistra. E quindi non poteva esserci un incontro. Berlusconi ha detto apertamente trent’anni fa come tre mesi fa di voler creare una forza liberale e cattolica. Forse però fin dal principio della sua parabola politica il mondo cattolico organizzato si stava disfacendo e il mondo liberale non esisteva più».