“Tu stai lavorando, una bella giornata di sole, sei soddisfatto delle immagini colorate e curiose che hai già filmato e ti assicurano un pezzetto carino nel Tg delle 13. Ad un certo punto, senza preavviso, vieni trascinato in un buco nero della storia”. In queste poche righe c’è la sostanza di un’idea di giornalismo e, come diretta conseguenza, c’è la ragion d’essere di questo piccolo libro da leggersi tutto d’un fiato (Ad occhi sgranati, Sanpino, 2023). L’autore è Lucio Brunelli, giornalista con un lungo percorso alle spalle tra giornali e tv, con una specializzazione nell’informazione sulla chiesa: è stato vaticanista del Tg2 per molti anni e poi direttore delle news di Tv2000.
L’episodio che abbiamo citato risale all’11 giugno 2012. Papa Benedetto XVI aveva voluto incontrare il popolo rom in piazza San Pietro. Si erano ritrovati in tantissimi, riempiendo il colonnato con i loro colori e la festosità dei violini e dei tamburelli. C’erano tutte le condizioni per fare un bel “pezzo” di colore, con uno sguardo finalmente libero da preconcetti nei confronti degli “zingari”.
Invece ad un certo punto Brunelli vede venirgli incontro una donna con un portamento da regina, con gonna lunga colorata, camicia bianca e scialle. S’informa sul nome e gli dicono che si chiama Ceija Stojka: era una rom austriaca che dipingeva e scriveva poesia. Le chiese se poteva farle qualche domanda e lei “con delicatezza si tirò su la manica e mostrò il tatuaggio che i nazisti le incisero sulla pelle. ‘La Z sta per zigeuner, zingara’, disse. ‘Avevo 9 anni, ero una bambina, venni marchiata come uno dei cavalli che mio padre vendeva alle fiere’. Poi Celja raccontò dei mesi a Bergen Belsen e di come per sopravvivere al freddo era stata costretta a ripararsi sotto i mucchi dei cadaveri”. Era questo “il buco nero della storia”, che quel giorno aveva ammutolito il giornalista: un buco nero davanti al quale anche le buone intenzioni di partenza faticano a trovare voce.
Il giornalismo per Brunelli è certamente curiosità e desiderio di scavare nei fatti. Ma poi è soprattutto esperienza di incontri. In tanti casi sono incontri che sorprendono, commuovono, spiazzano: fanno sentire “piccoli” davanti alla meraviglia di avventure umane che in tanti casi non hanno mai avuto “spazio in cronaca”.
È per gratitudine nei confronti di tutte queste storie di donne e uomini “imprevisti” incontrati nella sua vicenda professionale che Brunelli ha voluto raccoglierne una selezione e raccontarle in questo libro. Incontri inattesi e a volte neppure cercati. Come quello con Carlin Petrini, il fondatore di Slow food, che un giorno “entrò come un ciclone nella mia stanza affumicata facendo sbattere porte e finestre”. Era la stanza da direttore a Tv2000. Ed era il 29 gennaio 2015: le date di certi incontri non si dimenticano… Cosa aveva di così urgente da dire al timoniere di un’emittente cattolica, lui, Petrini, che oltretutto si considerava agnostico? Dall’impeto con cui aveva spiegato il suo amore per il cibo, non come mero fatto di gola ma come esperienza di relazione, era scattata prima un’amicizia e poi sarebbe nata anche una rubrica televisiva alla quale Petrini si è mostrato sempre fedele e puntuale.
Non mancano nel libro i racconti dell’incontro con papa Bergoglio (su di lui Brunelli ha già scritto un libro bellissimo nel 2020) e in particolare di quello con don Giussani. Lo vide per la prima volta nella corsia di un ospedale romano nel febbraio 1975: Brunelli era ricoverato con le braccia spezzate per le violenze subite a colpi di mazza di baseball da un gruppo di neofascisti. Giussani era entrato inseguito dagli addetti perché in quel momento le visite erano vietate. “Mi fece un cenno con la mano prima di essere allontanato”, scrive Brunelli. Quattro anno dopo, in udienza da Giovanni Paolo II, Giussani lo volle presentare al papa: “Lui è Lucio, è stato bombardato dai fascisti”. Sottolinea nel libro Brunelli: “Disse proprio così, bombardato”. Inevitabile non cogliere in quel verbo un po’ sopra le righe un impeto paterno che segna per la vita.
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