La controffensiva ucraina è in atto, ma si dichiarano per avanzamenti conquiste di poche centinaia di metri. Ora, spiega Giuseppe Morabito, generale con al suo attivo diverse missioni all’estero, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei Direttori della Nato Defense College Foundation, Kiev potrebbe riorganizzare le forze e tentare di agire più efficacemente una volta individuati i punti deboli della difesa russa, anche se le forze ucraine devono fare i conti con soldati forse non sufficientemente addestrati per un compito così gravoso. Forse anche per questo motivo si intensificano le voci di un possibile intervento di truppe polacche al fianco di quelle ucraine. Un’ipotesi che sarebbe difficile da contemplare per la Nato, anche se venisse presentata come un intervento unilaterale della Polonia. Più credibile, invece, sarebbe la creazione di una unità di combattimento “modello Wagner”, nella quale potrebbero confluire contractor polacchi e non. Due ipotesi che in ogni caso, se concretizzate, segnerebbero l’aggravamento di una situazione sulla quale aleggiano continuamente richiami all’uso di armi nucleari. Finora si tratta solo di propaganda, ma il pericolo incombe.
La controffensiva per il momento non sta portando risultati, le speranze ucraine di riconquistare qualche territorio si sono già spente?
Può darsi che si concedano una pausa operativa per provare a riorganizzare le forze e attaccare in qualche altra direttrice. Hanno provato alcune azioni ma non sono riusciti a ottenere quello che si erano prefissati. Potrebbero fermarsi per riordinare le idee e individuare un’area dove “sfondare” il fronte difensivo russo.
Le aspettative erano molto alte, è difficile mantenerle?
Penso che la forte aspettativa della Nato e dell’Unione Europea abbia spinto gli ucraini a lanciare questo attacco un po’ troppo presto rispetto alla preparazione delle loro forze armate, probabilmente in previsione del vertice dell’Alleanza Atlantica di Vilnius dell’11-12 luglio. Tutti aspettavano qualcosa di più da queste dieci unità organizzate per la controffensiva. Per ora non hanno ottenuto i risultati che tutti speravamo.
Ma perché non ha funzionato finora?
Ci sono due motivi: per prima cosa c’è stato poco tempo per addestrare le forze da impegnare nella controffensiva. Gli ucraini hanno composto una decina di brigate dell’esercito e le hanno preparate, ma anche se sono state addestrate dalla Nato, ci sono stati pochi mesi per farlo. Secondo, la controffensiva ha trovato una difesa organizzata da parte dei russi nelle zone in cui prevedevano l’attacco. Quando hai una buona organizzazione difensiva, hai tempo, materiali e la superiorità aerea, la difesa ha buone possibilità di riuscire. Bisognerà vedere se la riorganizzazione delle forze ucraine porterà a un nuovo tentativo, su direttrici diverse, nelle prossime settimane. Prima di Vilnius, perché Kiev vorrà presentarsi all’incontro con qualche risultato raggiunto per convincere i 31 alleati che il loro supporto ha ragione di essere e continuare.
Si torna a parlare insistentemente del fatto che i polacchi possano far intervenire loro truppe a fianco dell’esercito ucraino, a corto di risorse umane. Un ‘ipotesi che può essere presa in considerazione?
Se la Polonia fa questo unilateralmente, senza il consenso della Nato, lede i principi dell’Alleanza. Nel Patto Atlantico si lavora per consenso. È un’ipotesi strampalata. Che la Polonia voglia dare più di una mano all’Ucraina ci sta, ma da qui a coinvolgere la Nato nel conflitto ce ne passa. Ogni mossa va concordata e pensata.
Cosa comporterebbe una mossa del genere?
Una spiralizzazione dei combattimenti alla quale non si può arrivare senza l’accordo con gli altri Paesi. Non può essere un’azione unilaterale.
Ma la Nato potrebbe avallare un’iniziativa autonoma della Polonia?
In tutti i casi un Paese Nato entrerebbe attivamente nel conflitto. Potrebbe cambiare le carte in tavola. Rimane comunque un’ipotesi irrealistica.
L’articolo 5 dice che, se un Paese della Nato viene attaccato, gli altri lo difendono. La situazione qui sarebbe diversa?
Intervenire in difesa di un altro Paese membro non è, comunque, una cosa automatica. In Italia, ad esempio, si interverrebbe solo dopo una decisione parlamentare. Se i polacchi volessero intervenire autonomamente la Nato non potrebbe impedirlo, perché ogni Paese è sovrano, ma la logica direbbe che l’Alleanza, a quel punto, non dovrebbe considerarsi parte in causa.
Potrebbe essere comunque un argomento del vertice Nato di Vilnius?
Lì si parlerà di continuare il sostegno all’Ucraina con armi, mezzi e addestramento. Tutto molto lontano da un coinvolgimento diretto. Poi c’è il problema di come relazionarsi con l’autarchia turca, che, per esempio, blocca l’allargamento dell’ Alleanza alla Svezia e compra armi russe.
Quindi non succederà niente del genere?
Una cosa è se soldati polacchi, senza l’uniforme nazionale, costituiscono gruppi di mercenari, tipo Wagner: allora potrebbe essere ipotizzabile che ci siano dei volontari che vanno a combattere per l’Ucraina. Il modello Wagner è l’unica ipotesi possibile, non certo che vadano a combattere truppe regolari polacche. Sulla carta può essere presa in considerazione solo la possibilità che ci siano contractor polacchi che vadano in combattimento.
Gli ucraini temono per la centrale di Zaporizhzhia, le armi nucleari sono state dislocate in Bielorussia, lo stesso Biden ha detto che l’uso delle armi tattiche nucleari è una circostanza che non va esclusa. Il pericolo nucleare in questa guerra torna d’attualità?
Il pericolo nucleare non sta assolutamente crescendo. Sono solo mosse strategiche, di propaganda, usate come deterrente per cercare di scoraggiare ulteriori azioni avversarie. I russi potrebbero usare le armi tattiche nucleari se si trovassero in condizioni di gravi difficoltà. Al momento non è così. L’ipotesi si può fare, ma dire che possa succedere veramente è tutta un’altra cosa. Le forze ucraine non marceranno su Mosca e il nucleare non sarà usato.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.