Taha Elgazi, cofondatore della Piattaforma per i diritti dei rifugiati che opera in Turchia, ha parlato della condizione in cui si trovano i rifugiati siriani nel complesso panorama politico turco, caratterizzato dalla conferma della presidenza a Erdogan. “Una parte della società turca”, spiega subito l’avvocato in apertura di un’intervista per Le Monde, “ha sviluppato un odio verso i siriani”.
Infatti, parte della popolazione della Turchia presume che i siriani siano vicini al partito di Erdogan, ed anche se “non è vero” la notizia è stata strumentalizzata. Insomma, “i rifugiati pagano il prezzo degli errori commessi dall’opposizione siriana, che si è radunata dietro il governo di Ankara, trascurando la società turca”. Un situazione, quella dei rifugiati, che è peggiorata dopo il 2019, quando venne “politicizzata ai fini elettorali. Tutti i problemi del paese, la crisi economica, il deterioramento delle condizioni di vita, la questione abitativa, sono stati da allora collegati dai politici alla pressione demografica esercitata dall’afflusso di siriani in Turchia”. In tutto questo, “anche la retorica del governo è cambiata”, polarizzandosi contro i siriani da prima sostenuti come vittime.
L’ONG: “L’Ue tace sulla condizione dei siriani in Turchia”
La Turchia, insomma, rispetto al rifugiati siriani ora, spiega Elgazi, si trova in un loop che ha portato “da un lato, l’opposizione [a sfruttare] la situazione dei rifugiati come arma politica contro il governo. Dall’altro, il governo [ad usarla] come arma contro l’Unione Europea, subordinando il controllo dei movimenti siriani agli aiuti finanziari”, in un contesto peraltro in cui “manca una legislazione chiara che condanni il razzismo”.
“Si sta affermando una nuova cultura”, sintetizza, “quella dell’odio verso i siriani, ovunque essi si trovino”, citando casi analoghi alla Turchia anche in Germania e nei Paesi Bassi, dove tuttavia non si tratta di un odio istituzionalizzato. Ma vi sarebbe un ulteriore livello di preoccupazione, spiega ancora Elgazi, che riguarda “l’atteggiamento ambiguo dell’UE nei confronti dei diritti umani“. L’Unione, conscia della situazione in Turchia, già “nel 2016 ha concordato di trasferire 1 milioni di rifugiati [ma] dopo il 2019 la maggior parte dei Paesi europei si è ritirata dall’accordo ed ad oggi sono stati trasferiti solo 100mila rifugiati”.
Continuando l’accusa all’UE, infatti, spiega che, oltre a non aver fatto nulla per trasferire i rifugiati dalla Turchia, “ha concesso 1,2 miliardi di euro per combattere l’immigrazione clandestina e aiutare i bambini siriani” ma la maggior parte dei fondi sono stati destinati solamente alla prima componente, “in particolare [per i] centri di detenzione“. Mancherebbero, insomma, “garanzie del rispetto dei diritti umani” a cui i finanziamenti dovrebbero essere subordinati. Anche perché, conclude, in Turchia sempre più spesso i rifugiati siriani sono costretti a firmare “certificati di ritorno volontario” oppure subiscono “la deportazione forzata“.