Saranno sette gli italiani che prenderanno parte al Tour de France, mai così pochi dal 1983. Matteo Trentin, della UAE Emirates, sarà tra questi. Dieci anni fa Trentin si rivelò vincendo a Lione, dopo un lungo digiuno italiano di 71 tappe. Ora siamo a quota 64: “Le stagioni vanno e vengono, sono fasi, ed è evidente a tutti quello che ci manca: una squadra nella massima categoria, il World Tour, che abbia gli italiani al centro del suo progetto” racconta a Repubblica. “Nella UAE siamo 8 di 8 paesi, e al via del Tour ci saranno 27 nazionalità diverse. È il bello del ciclismo di oggi, il livello si è alzato moltissimo, soprattutto nel post-Covid. Siamo a livelli impressionanti” racconta.
Secondo il ciclista, “Fa spavento pensare a quanto si vada veloci, e tutto conta: equipaggiamento, bici ultrafilanti, copertoni più bassi, manubri stretti, leve ruotate verso l’interno, che io vieterei perché è molto più difficile raggiungere i freni. E poi i percorsi sempre più estremizzati verso lo spettacolo. Fermiamoci e parliamone. Noi corridori siamo sempre poco ascoltati, siamo la parte più debole del gioco”. Il gruppo solo poche settimane fa ha fatto i conti con la morte di Gino Mäder: “Ci ha toccato nel profondo e ci ha fatto chiedere perché, quale sia il senso di tutto ciò. È vero che il ciclismo è uno sport all’aria aperta, le variabili sono tantissime, ma bisognerebbe arrivare a una standardizzazione dei sistemi di sicurezza, a impedire ad esempio che un arrivo si faccia ai piedi di una discesa, a mettere in sicurezza i punti più critici. A non esaltare il rischio. Il sindacato dei corridori si sta impegnando molto affinché la morte di Gino non sia vana”.
Matteo Trentin: “Pogacar? La gamba c’è”
Al Campionato italiano, in Trentino, Matteo Trentin ha avuto uno scontro con Lorenzo Rota, che l’aveva chiuso in volata: “Si rischia molto, ogni piazzamento conta. Me la sono presa molto sul momento perché veniamo da un momento terribile, la morte di Gino mi ha riportato alla mente quella di Thomas Casarotto, al Giro del Friuli nel 2010. Il giorno prima eravamo in coda al gruppo a ridere e chiacchierare, il giorno dopo quel maledetto Suv in discesa, l’impatto con lo specchietto. Una giornata che mi porto dentro da allora” racconta a Repubblica.
Al Tour de France il suo team andrà per vincere con Pogacar: “Ci incontriamo a Bilbao per la prima volta dopo tanto, ma la scorsa settimana ha vinto crono e prova in linea ai campionati nazionali sloveni. La gamba c’è”. Per lui, invece, sullo sfondo c’è il Mondiale di Glasgow e poi in futuro un ruolo da ct: “A Glasgow ho vinto un Campionato europeo e voglio arrivare al massimo, sfruttando anche la gamba del Tour. Il ruolo di ct lo lascio per ora a Bennati perché voglio correre tanto, ancora”.