Il male di vivere dell’uomo al centro del pensiero di Giacomo Leopardi, nato 225 anni fa e oggi celebrato da Google con il suo consueto doodle. Il poeta di Recanati ha basato tutto il suo lavoro sul pessimismo, rimarcando una sorta di ossessione morbosa nei confronti della morte e anche della sconfitta. Ma non v’è rassegnazione lamentosa, il malessere è sfumato in altri modi, in altre direzioni. Da qui l’invito all’amore fraterno e alla solidarietà tra gli uomini come punto di riferimento della vita sociale.
Una poetica studiata e analizzata nel corso dei secoli, con le riflessioni sulla contraddizione tra anelito della vita e disillusione, così come quella tra sentimento e ragione, fino alla filosofia del sì la filosofia del no. Giacomo Leopardi si adoperò costantemente per ricomporle, come evidenziato da Karl Vossler, senza mai rassegnarsi allo scetticismo. (Aggiornamento di MB)
225 ANNI DI LEOPARDI: 5 FRASI PER RICORDARLO
Oggi si celebrano i 225 anni dalla nascita di Giacomo Leopardi, punto di riferimento della letteratura italiana. Google ha deciso di celebrarlo con un doodle e noi vi segnaliamo quelle che sono le frasi più amate. Partiamo dalla più celebre in assoluto: “La vita e l’assoluta mancanza d’illusione, e quindi di speranza, sono cose contraddittorie”. Poi non possiamo non consigliarvi questa: “Sono convinto che anche nell’ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino”.
Vi segnaliamo in rassegna altre tre frasi da poter utilizzare sui social network per ricordare questa ricorrenza dedicata a Giacomo Leopardi: “Il forse è la parola più bella del vocabolario italiano, perché apre delle possibilità, non certezze… Perché non cerca la fine, ma va verso l’infinito”, “Il maligno dice male dé buoni; lo stolto or dé buoni, or dé malvagi; il saggio di nessuno mai”, “La storia dell’uomo non presenta altro che un passaggio continuo da un grado di civiltà ad un altro, poi all’eccesso di civiltà, e finalmente alla barbarie, e poi da capo”. (Aggiornamento di MB)
“CARA BELTÀ” DI GIACOMO LEOPARDI: L’INVITO ALL’ETERNITÀ
Una delle poesie certamente più struggenti e commoventi dell’intera poetica di Giacomo Leopardi è “Alla sua donna” dove il “vate” di Recanati tra tutta la sua ragionevole e commovente posizione davanti all’esistenza. Un uomo sofferto e sofferenti che “invita” all’eternità e a quella Bellezza così difficile da riconoscere-raggiungere. Come scriveva nella prefazione all’edizione Rizzoli di “Cara beltà” – Poesie di Giacomo Leopardi, Don Luigi Giussani (sacerdote, educatore e fondatore del Movimento di Comunione e Liberazione) «il vero discorso che anima tutte quante le parole del grande sofferente Giacomo Leopardi è che l’uomo è niente e tutta la sua grandezza consiste nel rapporto con l’infinito. E il fondo del suo cuore attende in ogni cosa che la presenza segnata si palesi».
L’inno di “Alla sua donna” non si rivolgere a “qualche” donna di cui si era innamorato, ma mira molto più in alto Leopardi: «Leopardi stende il suo inno non a questa o a quella donna, non a una delle tante donne di cui si era innamorato, ma alla Donna, col D maiuscolo, alla Bellezza, col B maiuscolo. È l’inno a quella amorosa idea che ogni donna gli suscitava dentro: idea amorosa che è intuita come una presenza reale. Credo che basti leggere questo canto per sentirsene conquistati», scriveva ancora Don Giussani in un alto testo (“Le Mie Letture”). Leggendo i versi di “Cara beltà” a 15 anni, il sacerdote oggi compianto Servo di Dio per la Chiesa Cattolica, racconta «mi si è illuminato improvvisamente tutto Leopardi, perché questa è una sublime preghiera. Mi sono detto: che cosa è questa Bellezza col B maiuscolo, la Donna col D maiuscolo? È quel che il cristianesimo chiama Verbo, cioè Dio, Dio come espressione, Verbo appunto. La Bellezza col B maiuscolo, la Giustizia col G maiuscolo, la Bontà col B maiuscolo, è Dio. Allora, non solo questa Bellezza non ha sdegnato rivestire l’“eterno senno” di carne umana, non solo non ha sdegnato di “provar gli affanni di funerea vita”, ma è diventato Uomo ed è morto per l’uomo. Non l’uomo “ignoto amante” di lei, ma lei presente, ignota amante dell’uomo. Il genio, come ho detto, è profeta, e infatti questa è una profezia dell’Incarnazione, nel senso letterale della parola». (agg. di Niccolò Magnani)
LA CATTIVERIA E LO ZIBALDONE: LA POETICA DI GIACOMO LEOPARDI
Continuiamo a celebrare il grande Giacomo Leopardi, che oggi Google ricorda nel 225esimo anniversario della sua nascita, con alcune delle sue frasi e delle citazioni più famose prese direttamente dallo Zibaldone, un libro in cui vengono racchiusi numerosi aforismi e che nel contempo è anche una delle opere più note del poeta di Recanati. Partiamo con: “L’arte non può mai uguagliare la ricchezza della natura”, ma anche: “L’egoismo è sempre stata la peste della società, e quanto è stato maggiore, tanto peggiore è stata la condizione della società”.
Giacomo Leopardi scrisse anche: “L’esistenza può essere maggiore senza che lo sia la vita”, e si concentrò anche sulla cattiveria intrinseca all’uomo: “L’uomo è quasi sempre tanto malvagio quanto gli bisogna. Se si conduce dirittamente, si può giudicare che la malvagità non gli è necessaria. Ho visto persone di costumi dolcissimi, innocentissimi, commettere azioni delle più atroci, per fuggire qualche danno grave, non evitabile in altra guisa”. Chiudiamo questo spazio dedicato al 225esimo anniversario della nascita di Giacomo Leopardi con quest’ultima sua citazione: “La convenienza al suo fine è quello in cui consiste la bellezza di tutte le cose, e fuor della quale nessuna cosa è bella”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
GIACOMO LEOPARDI, DA RECANATI A NAPOLI, “LA VITA È LA MANCANZA D’ILLUSIONE”
Giornata speciale quella di oggi dedicata a Giacomo Leopardi. In occasione del 225esimo anniversario della nascita dell’immenso scrittore italiano, Google gli ha dedicato un Doodle apposito, e noi vogliamo invece ricordarlo con alcune delle sue frasi più celebri, a cominciare da quella forse più famosa in assoluto: “La vita e l’assoluta mancanza d’illusione, e quindi di speranza, sono cose contraddittorie”.
Proseguiamo con una frase sul destino: “Sono convinto che anche nell’ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino”. Un’altra citazione presa da Trattateli tradotti dalla lingua malabrica: “Il maligno dice male dé buoni; lo stolto or dé buoni, or dé malvagi; il saggio di nessuno mai”. Per il 225esimo anniversario della nascita di Giacomo Leopardi vogliamo citare anche queste parole prese dallo Zibaldone: “La felicità consiste nell’ignoranza del vero”. Infine delle parole sulla natura, spazio a questo splendido pensiero: “Quando miro in ciel arder le stelle; dico fra me pensando: a che tante facelle?… ed io che sono?” (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
GIACOMO LEOPARDI, DA RECANATI A NAPOLI, VITA E OPERE DALLO “STUDIO MATTO E DISPERATISSIMO”
Si celebra oggi il 225esimo compleanno di Giacomo Leopardi, poeta e letterato nato 29 giugno 1798 a Recanati. “Io non ho bisogno di stima, né di gloria, né di altre cose simili; ma ho bisogno d’amore” è una delle sue frasi più celebri, oltre naturalmente alle strofe che compongono la poesia L’Infinito.
Sebbene la maturità sia già un ricordo per molti studenti, ci sono autori di cui non si cessa mai di parlare e Giacomo Leopardi è uno di questi, in particolare la giornata di oggi in cui ricorre il suo 225esimo “compleanno”. Solitamente inserito nel contesto del Romanticismo, la sua produzione in realtà non è ascrivibile totalmente a questa definizione. Infatti, le opere di Leopardi affrontano il patriottismo, l’amore non corrisposto e profonde riflessioni sull’esistenza umana, rendendolo un precursore dell’Esistenzialismo. Leopardi, in particolare, fu ateo, materialista, sensista, ed ebbe una rigorosa formazione classica. Inoltre, si innamorò profondamente delle idee dell’Illuminismo, sposando dunque la supremazia della ragione e della logica rispetto alla superstizione. Fu uno dei pensatori più radicali della sua epoca.
Giacomo Leopardi, la nascita in una famiglia nobile in decadenza e un’adolescenza di studio
Giacomo Leopardi nacque a Recanati, che oggi si trova nelle Marche ma che nel 1798 faceva parte dello Stato Pontificio. La sua fu una famiglia nobile eppure in decadenza. Dal 1809 al 1816 Leopardi vive quelli che definirà “sette anni di studio matto e disperatissimo” nella grande biblioteca del padre. Giovanissimo, impara da autodidatta grazie a una Bibbia poliglotta il greco, il latino, l’ebraico e il francese. Traduce in autonomia le opere di Omero, Esiodo, Virgilio, Orazio. Nel 1813, ad appena quattordici anni, è autore di Pompeo in Egitto, un manifesto volto a criticare una delle figure più potenti di Roma. Quegli anni, tuttavia, segneranno per sempre la sua salute, comportando problemi alla vista e alla schiena che Giacomo Leopardi si porterà dietro per tutta la vita.
Nel 1817 inaugura lo Zibaldone, un poderoso diario che fino al 1832 accoglierà appunti e riflessioni. Nel 1819 tenta di scappare di casa, ma il tentativo viene sventato dal padre e Giacomo Leopardi cade in uno stato depressivo. Nello stesso anno i genitori tentano di sospingerlo verso la carriera ecclesiastica, che mal si sposa con le sue idee ormai devote all’Illuminismo. A quegli anni risalgono le poesie “sentimentali”, tra cui L’Infinito, ma anche le canzoni civili.
Giacomo Leopardi, l’addio a Recanati e l’ultimo viaggio a Napoli
Nel 1822 Giacomo Leopardi subisce la cocente delusione dell’agognato viaggio a Roma, di cui apprezzerà solamente la visita alla tomba di Torquato Tasso, e dal 1823 si apre il periodo del “pessimismo cosmico” inaugurato dalle Operette Morali. Nel 1825 viaggia a Firenze, nel 1828 a Pisa compone la poesia A Silvia e grazie all’aiuto economico di alcuni amici nel 1830 abbandona per sempre Recanati. Tornato a Firenze, s’innamora di Fanny Targioni Tozzetti e vive una profonda delusione d’amore, che da quel momento considererà “l’estremo degli inganni umani”.
Nel 1833 Giacomo Leopardi ha terminato lo Zibaldone ed è a Napoli insieme all’amico scrittore Antonio Ranieri, dove si scaglia contro la cieca fiducia nella scienze. I due amici, assieme alla sorella di Ranieri, abbandoneranno Napoli nel 1836 in seguito all’epidemia di colera. In quest’ultimo periodo della sua vita nascono La ginestra o il fiore del deserto (1836) e Il tramonto della luna (1837), opere che costituiscono un vero e proprio testamento poetico e spirituale. A Napoli, il 14 giugno del 1837, Giacomo Leopardi infine muore.