Cosa c’è di vero nel timore che puntare sull’energia solare esponga l’Italia e l’Europa a una dipendenza dalla Cina dello stesso tenore di quella dipendenza dal gas russo che lo scorso anno si è rivelata un’autentica sciagura soprattutto per il nostro Paese? Alla base di questo timore ci sono un grande fraintendimento e il rischio di perdere un’occasione storica per ridare forza all’industria del Vecchio continente.
È vero che la maggior parte dei moduli fotovoltaici installati nel mondo arriva dalle fabbriche della Cina, ma proprio qui sta la radice del grande fraintendimento. Mettere allo stesso livello gas e moduli fotovoltaici è un paragone che ci porta lontano dalla comprensione dell’argomento. Il gas è una fonte energetica primaria. Il modulo fotovoltaico no: l’energia solare sta al modulo come il gas sta a un impianto di trivellazione o a una centrale termica.
A differenza dei giacimenti di gas, il sole non è di proprietà di nessuno Stato e di nessun regime. Il gas ha un costo, la fonte solare no. Le forniture di gas sono soggette a molte variabili tra cui fattori economici e geo-politici. La disponibilità di radiazione solare è stabile con minime variazioni lungo il corso dell’anno. Qualcuno dirà, “sì, ma senza moduli fotovoltaici non si può catturare questa energia”. Corretto. Ma anche qui occorrono due ordini di considerazioni.
La prima. Il modulo fotovoltaico oltre a non essere “la fonte” energetica è solo uno degli elementi che compongono il costo totale di un impianto fotovoltaico. Sul valore totale generato da un impianto fotovoltaico, il costo dei soli moduli incide per circa il 6-8%.
La seconda: i giacimenti di gas e di petrolio non si possono spostare, le linee industriali sì. Quindici anni fa una parte molto importante della produzione di moduli fotovoltaici si trovava in Europa, soprattutto in Germania, e con una discreta presenza anche nel distretto italiano in Veneto.
Poi, il Governo cinese ha deciso di farne una bandiera della propria leadership tecnologica con aiuti più o meno mascherati ai player locali che hanno favorito la crescita di centinaia di fabbriche e l’affermazione assoluta dei brand cinesi. Ma si è trattato di una scelta politica, una scelta che (piaccia o no) ha saputo mettere in moto una strategia industriale vincente.
I giacimenti di gas e petrolio non si possono spostare. Le strategie industriali si possono adottare, anche in Europa, anche copiandole da casi di successo. Questa è la vera sfida: la capacità di favorire e attirare investimenti. Gli Stati Uniti lo hanno fatto con il tanto discusso Inflaction reduction act che sta spingendo alcuni grandi player del settore energetico a pianificare la realizzazione di linee produttive di moduli fotovoltaici su terra americana. Addirittura Enel North America, attraverso la controllata 3Sun ha annunciato la prossima costruzione di un sito produttivo di celle e moduli fotovoltaici in Oklahoma, per un totale di circa 1.000 posti di lavoro.
Qualcosa, a dire il vero, si sta muovendo anche in Europa. Negli ultimi mesi si sono fatti più frequenti gli annunci di player del settore delle rinnovabili che hanno pianificato la realizzazione di fabbriche e linee produttive. Anche in Italia. In provincia di Padova, ad esempio, FuturaSun ha avviato i lavori per la realizzazione di un centro di produzione di moduli fotovoltaici per un investimento di 25 milioni di euro, mentre Energy Spa sta costruendo una gigafactory da cui usciranno ogni giorno 600-800 batterie da abbinare a impianti fotovoltaici, che a regime arriveranno a oltre 5.000 pezzi al giorno.
Ecco la vera sfida: cogliere quell’indipendenza energetica che il solare rendere un obiettivo raggiungibile, e che gas, petrolio e carbone lasciano sempre nelle mani di altri.
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