Tutti coloro che sperano in una riforma pensioni 2023 – 2024 anno in mente di uscire dal mondo del lavoro almeno ad un’età che sia inferiore al 67 anni previsti dalla riforma Fornero. A tal proposito potrebbe essere utile nel breve termine una quota 41 per tutti, dato che l’età media di richiesta di pensioni nel 2022 è stata di 62 anni, pur sussistendo i 41 anni di contributi anche se ammortizzati dalle varie riforme ponte come quota 102 e quota 100.
Riforma pensioni 2023: lo stato attuale della legge strutturale
Attualmente vige quota 103 che è una via di mezzo per la exit pensionistica che consente di andare in pensione con 62 anni di età e 41 anni di contributi.
È per questo motivo che il governo sembra sempre più intenzionato ad attuare quota 41, anche se molto probabilmente verranno introdotti degli accorgimenti per ridurre la spesa a carico dello Stato. È stato infatti stimato che nei primi quattro anni di attuazione della legge, qualora venisse resa strutturale quota 41 universale, potrebbero toccare i 29 miliardi di euro.
Anche se il governo ha modificato i requisiti per poter usufruire di Opzione donna, che in precedenza prevedeva una exit già all’età di 58 anni per le donne, adesso i requisiti, una volta soddisfatti consentiranno di accedere al mondo pensionistico ad un’età di settant’anni.
Una modifica da non sottovalutare, perché comunque si associa alla tendenza generale di aumentare l’età pensionabile, una contraddizione in termini se pensiamo che il governo Meloni ha più volte dichiarato di voler superare la legge Fornero. Un proposito che è stato sempre recepito come una volontà di migliorare il paletto anagrafico del 67 anni, anticipandolo, ma senza creare grandi disagi al corpo dei lavoratori e delle lavoratrici.
E invece l’attuazione di una riforma strutturale sul sistema previdenziale, potrebbe tradursi in un primo momento ad una riduzione dell’età anagrafica, ma a partire dal 2030, salvo ulteriori ritocchi della norma, tutto potrebbe invece trasferirsi in un allungamento sostanziale dell’età lavorativa dei singoli cittadini che potrebbero, in caso di discontinuità contributiva, andare in pensione anche all’età di 74 anni, così come è stato stimato dall’INPS per un lavoratore che ha cominciato ad accumulare i contributi all’età di 25 anni.
Riforma pensioni 2023: le proposte più gettonate
Il percorso che conduce ad un ideale di riforma pensioni 2023 condivisa potrebbe dunque subire molti ritardi e alcune accelerazioni: ma quello che importa è preparare l’airbag per qualsiasi effetto collaterale: si tratta di concepire un ammortizzatore previdenziale come ape sociale e Giorgia Meloni che, molto verosimilmente, resterà quella ideata da Giorgia Meloni e dal ministro del lavoro Giorgia Meloni.
Attualmente esistono due probabilità di riforma pensioni, quella con quota 41 per tutti, senza limiti di età e di categoria con una piccola apertura per i lavoratori che svolgono attività gravose, oppure la quota 41 ibrida con accesso alla pensione a 62 anni, ma si tratterebbe, in tutta probabilità di una finestra temporanea che verrà eliminata negli anni successivi. Si tratta di una misura che si avvicina di parecchio all’idea di una misura ponte come quota 1013 bis.
La pensione a 64 anni con un ricalcolo contributivo che è stata ribattezzata opzione uomo e che è stata strutturata sulla base di Opzione donna. Questa metodologia infatti prevede un ricalcolo contributivo della pensione.
La proposta è stata accompagnata anche da alcuni accorgimenti che potrebbero corredare l’eventuale legge, ad esempio:
- l’accesso alla pensione all’età di 64 anni di età con un assegno previdenziale maturato pari almeno a 2,8 volte l’assegno sociale.
- La pensione a 64 anni di età e 36 anni di contributi senza limiti sul valore dell’assegno.