Non basta denunciare il disagio giovanile: occorre abbracciarlo concretamente con l’aiuto di tutti. Un esempio di coprogettazione in Brianza coinvolge enti locali, realtà associative del Terzo settore, comunità cristiane, scuole e promuove azioni di welfare di comunità. La speranza una volta di più viene dal basso.
Venerdì 30 giugno si è conclusa la prima fase di un innovativo percorso di co-progettazione sul tema disagio giovanile ed emergenza educativa avviato dalla Commissione per l’animazione socio-culturale della Diocesi di Milano – Zona pastorale V, comprendente oltre 60 Comuni della Brianza monzese e comasca.
Il tema era emerso con forza come prioritario negli incontri fra i Sindaci e gli Amministratori del territorio con l’Arcivescovo che si tengono annualmente presso la sede della Provincia di Monza e Brianza. In particolare, le esperienze e le considerazioni espresse dai Sindaci nell’incontro del 26 marzo 2022 riguardo al disagio degli adolescenti acuitosi durante gli anni dell’emergenza Covid-19 hanno spinto la Commissione di Zona a interrogarsi sulle modalità più opportune per rafforzare le capacità di intervento e l’efficacia delle molte iniziative già messe in campo da diverse Amministrazioni e realtà del territorio. A esito di questi approfondimenti, la Commissione ha individuato nell’Università Cattolica e nei suoi centri di ricerca il necessario supporto scientifico, metodologico ed esperienziale.
Si è deciso di avviare un vero e proprio percorso di co-progettazione di iniziative condivise tra comunità cristiane, enti locali, scuole, istituzioni,… realtà associative – cattoliche e non – che operano nel mondo giovanile (target 12-19 anni). E per rispondere all’urgenza sottolineata dai Primi cittadini, si è concordato che la prima fase dovesse produrre risultati e proposte concrete in tempi stretti (4-5 mesi) con un calendario di incontri di lavoro serrato.E nonostante i tempi stretti che ci siamo imposti i risultati sono stati importanti.
Il primo risultato è certamente una visione olistica costruita insieme e con una consapevolezza più profonda, dall’immagine dell’adolescenza oggi (in primis riguardo a una narrazione dell’adolescenza “valorizzante” rispetto alle etichettature di varia natura) ai progetti con gli adolescenti nel territorio, dalle risorse alle sfide per la scuola, gli enti locali, il Terzo settore. La “rete” nel territorio esiste già, è caratterizzata da elevate competenze e professionalità, da una ricchezza di progettualità, da risorse economiche consistenti. Ma fino a oggi non si era ancora attivato un “luogo” così ampio dove poter dialogare e lavorare insieme tra i numerosi soggetti invitati dalla Commissione di Zona.
Ed è rispetto all’evidenza condivisa nei tavoli di lavoro che la rete “può fare di più” che si riferisce il secondo risultato. Nel percorso, i partecipanti della rete hanno acquisito sul campo una metodologia di lavoro e una cultura partecipativa maggiore, quella del “fare con, realizzare con”, arrivando a ritenere gli aspetti valoriali come premessa culturale indispensabile per costituire una vera rete. Per passare cioè da una rete informale a una rete “integrata”. E alcuni aspetti qualificanti e fondanti sono già emersi: l’ascoltare accompagnato da fiducia, l’orientare per far emergere la personalità, il lavorare con gli adolescenti e non sugli/per gli adolescenti
Il terzo risultato è costituito dall’esito molto articolato di una “autoriflessione” dei partecipanti per individuare le modalità più sostenibili ed efficaci per organizzare e mantenere la rete. A questo proposito, sono state individuate le prime linee d’azione relative agli impegni della rete: raccolta/condivisione di buone pratiche, definizione di obiettivi precisi Inoltre, sono stati condivisi i bisogni della rete: formazione permanente e supervisione scientifica, “cabina di regia” con funzioni di coordinamento.
La presentazione di questi primi risultati da una parte ha consentito la condivisione ai massimi livelli di responsabilità delle realtà coinvolte e delle istituzioni del territorio, dall’altra ha confermato l’impegno dello stesso Arcivescovo nell’accompagnare e sostenere questa esperienza pilota. Preziosi i suggerimenti di SE mons. Delpini rispetto alla necessità di stimolare il protagonismo intergenerazionale “perché gli adolescenti si sentano responsabili dei loro coetanei e i più grandi dei giovani” e di non censurare nessuna dimensione della vita di un ragazzo o di una ragazza, “la prima è la dimensione religiosa dell’adolescente: le domande sulla morte, la vita, l’amore, meritano di essere considerate. Abbiamo una parola da dire che dà speranza, mentre ora la speranza pare proibita e sembra che non si possa parlare di Dio in una società laica. Inoltre, c’è la dimensione affettiva. Abbiamo bisogno di persone che siano capaci di ascoltare i ragazzi sulle cose fondamentali. E noi siamo pronti a dare il nostro aiuto”.
Nelle prossime settimane la Commissione di Zona metterà a fuoco le proposte elaborate dai tavoli di lavoro Amministratori-Scuole-Terzo settore alla luce dei contributi emersi nel corso della presentazione e delle autorevoli indicazioni di SE mons. Delpini. Nel mese di settembre poi si proporrà – con il supporto della Cattolica – le priorità su cui focalizzare il prosieguo del percorso avviato.La volontà è di impostare insieme gli sviluppi del percorso avviato costituendo una cabina di regia snella, intesa soprattutto come laboratorio-speranza di pensiero e di azioni sinergiche per contribuire ad aggiustare il mondo, secondo le belle espressioni dell’Arcivescovo.
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