Be’, insomma, 100 milioni per Marta Fascina non è una robetta da niente. È il valore del fratello Paolo, stessa cifra in eredità. Semmai quei 30 milioni per il fratello acquisito Marcello sembrano pochi, con tutto quello che ha fatto per il Cavaliere, ma c’è chi ricorda i 54 già elargiti pochi anni fa.
Insomma, la vera vincitrice morale di questo giallo del testamento sciolto ieri dalla famiglia superstite di Silvio rendendone note le disposizioni resta la Fascina. Sì, certo: anche il fatto che il controllo disgiunto di Fininvest passi a Marina e a Piersilvio, figli di primo letto, e non venga spalmato equamente anche sui tre figli di secondo letto è quel che si dice “una notizia”. Ma non per le aziende: quelle, si sapeva che sarebbero comunque rimaste saldamente sotto il controllo dei primi due.
È una notizia perché rappresenta la tassa impropria che Luigi e le sue sorelle Barbara ed Eleonora pagano per la ribellione della loro mamma Veronica Lario, bollata da Libero (giornale “simpatizzante”) come “velina ingrata” quando osò dire, anzi scrivere (e dove poi: su Repubblica) che il Berlusca era totalmente impallinato per le donne (lui avrebbe indicato una parte per il tutto) da risultare imbarazzante, ridicolo. Quel devastante appello ai suoi amici di sempre, “aiutatelo”!, no, era un affronto insanabile. E dunque, ammesso e non concesso che Berlusconi abbia potuto avere dei dubbi sul lascito, queste considerazioni glieli hanno senza dubbio cancellati.
La Fascina, con 100 milioni per tre anni d’amore di cui uno di assistenza infermieristica assidua e oggettivamente affettuosa, diciamo che si è messa a posto per tutta la vita, altro che la Pascale, per la quale in fondo quei 21 milioni erano pure troppi, e poi s’è andata a sposare con una donna, oibò: il massimo dello sfregio antimacista.
Dunque con Marina e Piersilvio in sella, il gruppo è stabile: tutto qui la cronaca “tosta”, che potrebbe finire a questo punto. Già, perché il serioso e ipocrita cordoglio, dietro la costernata apprensione per la stabilità proprietaria di un “valore nazionale”, la Fininvest, a rischio di migrazione sotto proprietà straniere – modello Stellantis, per capirci – dietro tutto questo la curiosità morbosa e gossippara, dai Palazzi del potere ai coiffeur del pettegolezzo, si concentrava proprio sulla Fascina, e assai meno sui figli e su Dell’Utri… Era insomma più materia da cronaca rosa e mondana, che finanziaria o societaria.
E niente, la curiosità gossippara è finalmente saziata. E pure quella borsistico-finanziaria, perché si sa cosa pensano Marina e Piersilvio: non si vende niente. Hanno già ripetuto invariabilmente che tutto resterà tale e quale, la proprietà rimarrà salda, i ruoli aziendali quelli già (e da anni) rivestiti, con la paterna benedizione, insomma: nulla di nuovo, nessuno scossone.
Con la Dipartita nulla sarà più come prima – e del resto, uno come Berlusconi, nel bene e nel male, nasce ogni cent’anni, e guai se la cadenza s’intensificasse! – eppure tutto rimarrà tale e quale. Con qualche soprammobile diverso, come Bianca Berlinguer dalla Rai a Mediaset, alla fine l’unico lascito imprevedibile e degno di nota di questo dopo-Silvio; sorprendente però soltanto per chi, beata ingenuità, fosse rimasto al lontano ’84 – l’anno della dipartita dell’ultimo grande segretario comunista italiano, Enrico, padre della giornalista – e non avesse invece seguito in diretta la metamorfosi salottiera di quel che resta del vecchio partito rosso ed anche, e coerentemente, della figlia prediletta di quel leader.
Una cosa è chiara: l’ordine regna nella proprietà e nella gestione delle aziende Fininvest, non si scherza con le migliaia di posti di lavoro e ancor meno (molto molto meno) con le migliaia di milioni di euro cristallizzati sotto Fininvest. Non si scherza neanche con quei 90 milioni di crediti ufficiali vantati dalle holding Fininvest verso Forza Italia, che trasformano il vecchio “partito azienda” nel primo “partito Npl”, di un genere però che nemmeno un fondo-locusta degnerebbe più di uno sguardo.
Se mai i figli volessero realizzare qualcosa della loro immensa fortuna, non accontentandosi più di quei 20 o 30 o 40 milioni di euro di dividendi annuali che l’abilità del loro padre ha procurato a ciascuno di loro, e be’: avranno tempo e modo per farlo al meglio, soprattutto senza dar l’impressione al mercato di aver “bisogno” di vendere, perché davvero non ne hanno bisogno.
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