LE PAROLE DI GHIGLIONE (CGIL)
A luglio proseguirà il confronto tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni. Ma, come ricorda Affari & Finanza, inserto economico di Repubblica, “le parti hanno curiosamente ricevuto” a partecipare ai tavoli tecnici, da parte dell’Osservatorio della spesa previdenziale istituito dal ministra del Lavoro Marina Calderone. Lara Ghiglione, Segretaria confederale della Cgil, non nasconde che “ci pare incredibile la convocazione da parte dell’Osservatorio e non della ministra o del sottosegretario Durigon. Saremo almeno 30, compresi i datori di lavoro. Parleremo sì e no un minuto a testa. Un modo evidente per dilatare i tempi”. “Andremo a tutti gli appuntamenti, ma abbiamo poca fiducia di portare a casa risultati concreti”, aggiunge la sindacalista. Nell’Esecutivo si sta facendo intanto strada l’ipotesi di scaricare la flessibilità in uscita sulle imprese, ma non tutte hanno la possibilità di sostenere i costi legati a simili strumenti.
IPOTESI PENSIONE DI GARANZIA: COSA ‘BALLA’ SUL TAVOLO DELLA RIFORMA
Come da calendario stilato a fine giugno nell’ultimo incontro tra Governo e sindacati, nei tavoli specifici sulla riforma pensioni 2023-2024 si affronterà anche il tema tutt’altro che marginale del futuro per gli attuali lavoratori sul fronte previdenza. In particolare, nell’incontro del prossimo 11 luglio i sindacati potrebbero tornare a proporre al Ministero del Lavoro una sorta di “pensione di garanzia” per i 40enni di oggi, in modo da evitare che il precariato moderno si trasformi in futuro in pensioni troppo basse.
La richiesta dei sindacati – contenuta nella piattaforma Cgil, Cisl e Uil – è quella di creare «una pensione contributiva di garanzia, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati». Inoltre, rilevano ancora le sigle nazionali, occorre «valorizzare anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di basse retribuzioni per poter assicurare a tutti un assegno pensionistico dignitoso, anche attraverso il ricorso alla fiscalità generale». Il tema è sempre anche economico e in attesa di capire quali risorse saranno a disposizione per la riforma delle pensioni, si aggiunge anche il fronte della pensione di garanzia sul tavolo. (agg. di Niccolò Magnani)
LE PAROLE DI PACIFICO
L’ipotesi di Opzione 41 per sostituire Quota 103 provoca immediata la reazione dell’Anief, il cui Presidente Nazionale Marcello Pacifico afferma: Quello che abbiamo denunciato, come Anief e Cisal, anche due settimane fa al ministero del Lavoro davanti al ministro del Lavoro Marina Calderone e il sottosegretario Claudio Durigon, è che si parla tanto di quote ma non del valore degli assegni, perché non è accettabile andare in pensione con Quota 41 e perdere in media 300 euro mensili, ancora di più dopo avere versato contributi previdenziali per una vita”. Dal suo punto di vista “occorre garantire di andare in pensione con il massimo dei contributi che non possono essere inferiori all’80% dell’ultimo stipendio: qualsiasi riforma pensionistica deve partire da questo punto-base, oltre che incentivare l’anticipo pensionistico per tutte le professioni logoranti, come quelle che si svolgono a scuola, senza più penalizzazioni nell’assegno di pensione”.
LE PAROLE DI BOLDRINI
Commentando su Facebook i dati del Rapporto Istat presentato venerdì scorso, Laura Boldrini evidenzia che la “povertà è una trappola che si trasmette di generazione in generazione: un terzo degli adulti oggi a rischio povertà proviene da famiglie in condizioni precarie”. Nel frattempo, secondo i dati Oxfam, “772 aziende tra le più grandi del mondo, nell’ultimo biennio, hanno realizzato extraprofitti per 2.000 miliardi di dollari”.
“Qualsiasi Governo che ha a cuore le sorti del Paese correrebbe immediatamente ai ripari. Un’imposta su questi guadagni immeritati potrebbe aiutare milioni di famiglie che l’inflazione sta complendo a livello globale”, sottolinea l’ex Presidente della Camera. “Si era iniziato a farlo con il governo Draghi. Poi, con Meloni a Palazzo Chigi, si è cambiata rotta per fare cassa sulle pensioni e sui sostegni alle persone povere. E la destra non vuole neanche la legge sul salario minimo. Prepotente con i deboli, genuflessa di fronte ai potenti. Ecco la destra italiana”, aggiunge la deputata del Pd.
RIFORMA PENSIONI, L’IPOTESI DI OPZIONE 41
Secondo quanto riporta Repubblica, “c’è un’ipotesi che corre parallela al tavolo sulle pensioni tra governo e parti sociali. Quella di sostituire l’attuale Quota 103, l’uscita anticipata a 62 anni con 41 di contributi valida solo per il 2023, con ‘Opzione 41’. Ovvero Quota 41 – l’uscita con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età – ma con il ricalcolo tutto contributivo dell’assegno, come oggi avviene per Opzione donna. Un’ipotesi di questo tipo sarebbe più leggera per i conti dello Stato, ma comporterebbe per il pensionato un taglio dell’assegno fino a quasi un quinto, dalle prime simulazioni”. In questo modo si potrebbe introdurre la Quota 41 prevista nel programma della maggioranza, anche se potrebbe non essere molto gradita.
LE SIMULAZIONE DI SMILECONOMY
Il quotidiano romano ha chiesto a smileconomy di preparare alcune simulazioni su questa ipotesi di Opzione 41. Ed emerge che “due lavoratori con stipendio netto attuale di 2.500 euro – uno classe 1958 e l’altro 1963 che l’anno prossimo compiranno 61 e 66 anni, il primo escluso da un’eventuale riedizione di Quota 103 – perderebbero, a seconda se uomo o donna, dai 200 ai 300 euro al mese, tra il 10 e il 16% su pensioni da 1.800-2.000 euro netti. Non trascurabile visto il poco anticipo che si assicurano, al massimo 22 mesi”. Va anche detto che “Quota 41 di sicuro premierebbe quanti (soprattutto uomini) possono vantare una carriera lunga e senza salti, iniziata da giovanissimi, in alcuni casi da minorenni”, ma Opzione 41 rischia di far perdere loro molti dei vantaggi derivanti dal sistema retributivo di cui in parte godono.
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