Domenica scorsa, a Roma, un ragazzo di 21 anni si è suicidato negli alloggi residenziali dell’Università Lumsa a Piazza Adriana. Ogni anno, nel mondo quasi 46mila bambini e adolescenti tra i 10 e i 19 anni si tolgono la vita, circa uno ogni undici minuti. Il suicidio è la quinta causa di morte più comune tra gli adolescenti dai 10 ai 19 anni e la quarta nella fascia d’età dai 15 ai 19 anni (addirittura la terza se si considerano solo le ragazze).
L’altro giorno un ragazzo mi confidava che spesso gli viene un sentimento di odio verso se stesso che non riesce a eliminare. Si sente inadeguato, fuori posto, impacciato. C’è come il sospetto di essere ospiti nella realtà anziché a casa. Bisogna ponderare tutto, moderare le reazioni, calibrare i termini, rivisitare le espressioni, contenere i sogni, stare attenti a non esagerare… più la società inventa regole e norme nella menzognera illusione di poter garantire la vita dell’uomo, e più diventa simile a una gabbia in cui la vita diventa insopportabile. In una “realtà garantita” non c’è posto per troppe cose che, invece, lo cercano. Non c’è posto per le domande, per gli sbagli, per la personalità, per le ansie, per la tristezza, per gli slanci, per le esagerazioni, per la nostalgia, per il dolore del cuore che, più di tutto il resto, non accetta di non avere un posto. Ha il compito di essere il primo e irrinunciabile punto di libertà per ciascuno. Avverte all’istante quando qualcosa non torna. Non tollera alcuna riduzione. Esplode al primo indizio di corrispondenza. Insomma, pretende il suo posto.
È impossibile descrivere ciò che porta una persona a togliersi la vita. Forse il sospetto di non avere avuto la possibilità di iniziarla davvero. Alda Merini, in una delle sue poesie più geniali, “Le lacrime non fanno rumore”, scrisse: “Il dolore è nell’aria, lo respiro ogni volta che il pensiero cade su di te, avrei voluto che le tue braccia diventassero sponde forti dove appoggiarmi quando il mio cammino si fosse fatto lento. Avrei voluto fidarmi del tuo domani lasciandomi cullare dai ricordi… Eri il fiore voluto, cercato ora così lontano… sfiorito da false illusioni e danze di fantasmi, maschere bugiarde pronte a ingannare il tuo tempo e la tua mente. E io resto qui… con una lama nel cuore a guardare il tuo salto nel buio. Le mie mani non riescono a raggiungerti. Troppe luci che ti abbagliano… troppo il frastuono che hai intorno… non puoi sentire le mie lacrime… perché le lacrime non fanno rumore…”.
Con questa “lama nel cuore” dobbiamo fare i conti tutti, con l’umiltà di cercare e seguire quelli che hanno incontrato “sponde forti dove appoggiarsi”. E ci sono.
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