I soldi della terza rata che non sono ancora arrivati, quasi un terzo dei progetti della quarta (16 miliardi) modificati per venire incontro alle richieste della Ue. E poi c’è il negoziato complessivo per rimodulare il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il Pnrr è un work in progress anche se gli ostacoli per assicurarsi i soldi promessi dall’Europa, almeno per quanto riguarda le due rate ora oggetto di trattativa, sembrano in via di superamento. Il condizionale, però, è d’obbligo, perché i tentativi di adeguare procedure e obiettivi sono ancora in corso e i tempi di realizzazione, anche per questo, diventano più incerti.
Intanto, osserva Annalisa Giachi, responsabile Ricerche di Fondazione Promo Pa e coordinatrice di OReP, Osservatorio sul Recovery Plan, i Comuni stanno accelerando i tempi per appaltare i lavori e secondo la Ragioneria generale alla fine dell’anno dovremmo riuscire a spendere altri 14 miliardi di euro legati al Piano. Oltre ai 25 già spesi.
Cominciamo dalla terza rata: come mai non sono ancora arrivati i soldi?
Ci sono un paio di aspetti che sono oggetto di trattativa. Per gli asili nido siamo arrivati al 91% di assegnazione dei lavori. Ci manca ancora qualcosa: ora sembra che si riesca a concordare lo spostamento della data di aggiudicazione. La Commissione ha fatto un po’ di problemi perché sembrava che non fossero rendicontabili le riqualificazioni degli asili esistenti, ma soltanto quelle dei nuovi asili. Bisognerà vedere se le riqualificazioni passeranno da qui o dovranno essere finanziate in altro modo. La Commissione ha mosso eccezioni molto burocratiche, puntigliose, su aspetti non sostanziali. Ad esempio, sugli alloggi universitari ha chiesto verifiche su verifiche per avere la certezza che fossero veramente destinati agli studenti e non utilizzati per fini immobiliari.
Non si fidano?
Sì, non si fidano. Così tutte le volte si dice che la terza rata sta per arrivare e poi non arriva. Credo, comunque, che la situazione si risolverà. Anche se danno l’ok, tuttavia, prima di erogare i soldi passerà qualche settimana: prima di settembre non se ne parla. Per il via libera dovrebbe essere una questione di giorni, anche se è un mese che si dice così.
Per quanto riguarda la quarta rata, invece, sono stati modificati 10 obiettivi su 27. Qui a che punto siamo?
Hanno definito prima alcuni cambiamenti proprio per evitare l’allungamento dei tempi successivo, in fase di rendicontazione, come è successo per la terza rata. Hanno condiviso subito alcuni cambiamenti in modo tale che quando si arriverà al controllo il lavoro dovrebbe scorrere senza intoppi.
Questi cambiamenti, quindi, sono già condivisi con la Commissione?
Alcuni obiettivi erano legati all’installazione delle colonnine elettriche: i bandi relativi alle reti autostradali sono andati deserti, nessuno ha partecipato. Probabilmente i requisiti posti dalla Commissione non erano fattibili: il problema a volte è proprio il modo in cui sono stati congegnati gli obiettivi. Riguardo al superbonus 110% una delle modifiche ha riguardato le caldaie a gas, di cui all’inizio la Commissione non voleva accettare la rendicontazione: sono la maggior parte degli interventi in questo ambito. Ora è stato trovato un punto di equilibrio e verranno rendicontate quelle più efficienti. Una parte non verrà finanziata o si ricorrerà a fondi nazionali. La modifica di questi obiettivi è positiva, perché accelererà il lavoro successivo. Hanno riaperto la possibilità per i Comuni di bandi per gli asili, per le scuole, per consentire a chi è rimasto fuori di accedere alle risorse disponibili.
Si tratta di modifiche molto “pratiche”?
Sì, per consentire all’investimento di andare avanti o per evitare al bando di non andare deserto. Modifiche “micro-tecniche” che però riguardano investimenti complessivamente milionari come quelli sulle colonnine elettriche e sul 110%. Sul progetto di sviluppo dell’industria cinematografica hanno cambiato il nome da Istituto Luce a Cinecittà, probabilmente perché la ragione sociale del primo attuatore non consentiva di rendicontare nel modo giusto.
Quali sono le scadenze della quarta rata?
La terza rata era per dicembre e non ce l’hanno ancora data. Per la quarta la scadenza era a giugno, quindi la dovremmo chiedere adesso. Non lo abbiamo ancora fatto perché stiamo risolvendo tutti questi aspetti. Molti Paesi, come la Francia, non hanno neanche chiesto la terza rata. È chiaro che se un Paese sa che non ha raggiunto gli obiettivi non sta neanche a chiederla.
Complessivamente, invece, quali sono le prospettive di realizzazione del Pnrr. Per ottenere il più possibile serve una ridefinizione del Piano: riusciremo nell’intento?
Sono abbastanza fiduciosa. Non so se riusciranno a rendicontare tutti i 191 miliardi di euro, dipenderà molto dal cambiamento del Piano che il ministro Raffaele Fitto sta negoziando. Oltre alla quarta rata sta mandando avanti il negoziato per spostare su altri fondi alcuni interventi che non sono realizzabili nel 2026. Sta definendo cambiamenti strutturali del Piano per portare a casa tutto quello che si può.
Ma questo nuovo disegno, il nuovo impianto del Pnrr, è già abbastanza chiaro?
Lo sapremo non prima di ottobre. Come dice l’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) c’è comunque un miglioramento delle performance degli enti locali. Su 100mila gare che ci sono state circa la metà, 52mila, sono di Comuni. Stanno accelerando i tempi. Prima tra la fase di progettazione e di affidamento correva anche un anno e mezzo, ora in sei mesi si è riusciti a procedere con le gare. I tempi si sono compressi rispetto a quello che è lo standard italiano. Speriamo che sia sufficiente.
Se il Pnrr lasciasse in eredità procedure più veloci per gli appalti sarebbe già un grande risultato?
Infatti. L’idea è di applicare il metodo Pnrr a tutti gli altri fondi europei, fondi strutturali, alla programmazione 2021-2027: cercare di applicare questo approccio, sveltendo le pratiche.
Quanti soldi abbiamo speso finora per il Pnrr e quanti riusciremo a spenderne nell’immediato?
Siamo in attesa dei cambiamenti che verranno apportati. Sicuramente si darà molto più spazio agli incentivi, a ciò che può essere speso più rapidamente. Secondo la Ragioneria generale riusciremo entro l’anno a spendere 14 miliardi. Ne abbiamo già impiegati 25, quindi si dovrebbe arrivare a 40 miliardi complessivi: sarebbe un buon risultato. Per ora è una previsione. Lo vedremo a dicembre.
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