Nei giorni scorsi si è svolta a Ginevra la periodica riunione della Conferenza internazionale del lavoro. Delegati dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei Governi degli Stati membri dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), tra cui l’Italia, hanno, nello spirito dell’incontro, affrontato tematiche di diversa natura e complessità, tra le quali la protezione del lavoro, una transizione più “giusta” verso economie sostenibili e inclusive e quella di come sviluppare un apprendistato di qualità per i giovani.
In particolare su quest’ultimo tema la commissione competente ha approvato una raccomandazione che propone l’adozione di un nuovo strumento normativo, volto a definire e delineare meglio cosa si intenda per un apprendistato di qualità.
La Raccomandazione, nell’incoraggiare l’implementazione di un apprendistato di qualità, sottolinea l’importanza di un’istruzione e formazione continua e di qualità per tutti, richiamando il diritto di ciascuna persona a perseguire il proprio benessere materiale e sviluppo spirituale, in una condizione di libertà, dignità personale, sicurezza economica e pari opportunità. Un ambizioso obiettivo, questo, ahimè, ancora lontano dall’essere garantito a tutti in molte parti del mondo e che rappresenta un cardine “programmatico” della nostra Costituzione.
Si immagina, quindi, che i diversi Stati membri (tra cui l’Italia), attraverso una proficua, e costante, consultazione con le organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori, si adoperino per adottare tutte quelle misure necessarie a creare un ambiente favorevole alla promozione di apprendistati di qualità.
Si ritiene, ad esempio, che sarebbe utile integrare il tema degli apprendistati di qualità nelle strategie nazionali di sviluppo e nelle politiche dell’istruzione, della formazione professionale, dell’apprendimento permanente e dell’occupazione.
Sarebbe, inoltre, auspicabile che venissero sviluppate specifiche attività di sensibilizzazione e campagne promozionali tese a migliorare l’immagine e l’attrattiva degli apprendistati di qualità mettendo in evidenza i loro benefici per lavoratori, giovani, famiglie, sistema formativo, organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori e datori di lavoro e, in particolare, per le micro, piccole e medie imprese.
Molto è già stato fatto in questi anni nel nostro Paese dove, tuttavia, lo strumento dell’apprendistato viene ancora troppo spesso vissuto come un utile mezzo per ridurre i costi del lavoro e non puntando troppo spesso sulla qualità della formazione, un elemento fondamentale per l’utilità di “sistema”, nel medio-lungo periodo, di questi percorsi.
Nei prossimi mesi sarebbe, insomma, auspicabile che il Governo, e tutte le parti a vario titolo coinvolte, riprendano il dialogo, per molti aspetti interrotto con l’approvazione del “Decreto lavoro”, e si rimettano a lavorare per migliorare la qualità dei percorsi formativi degli apprendisti (giovani ma non solo).
Nel mondo di oggi, ancor più che nel passato, non vi può essere, infatti, sviluppo economico e sociale senza scommettere, con forza, sulle competenze da aggiornare costantemente. Anche un buon apprendistato può, insomma, essere utile al futuro della nazione tanto caro alla Premier Meloni.
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