IL VOLUME CHE PROVA A FARE CHIAREZZA SULLO IOR
Un lungo volume dal titolo emblematico “Ior – Storia, Vizi e Virtù della Banca vaticana” prova a ricostruire dal di dentro la Chiesa Cattolica le vicende controverse e complesse legate all’Istituto per le Opere di Religione, opera fondata nel 1942 da Papa Pio XII e di fatto ente gestore delle finanze in Vaticano. Dopo le lunghe riforme prodotte in questi anni da Benedetto XVI e Papa Francesco per migliorare la gestione dello Ior ed evitare casi e scandali del passato, è l’autore Francesco Anfossi a provare nel nuovo saggio “Ior” a raccontare da vicino luci e ombre dell’istituto.
Oggi “Avvenire” pubblica ampi stralci della prefazione al volume, a firma dello storico Agostino Giovagnoli: un lungo lavoro di ricerca basato oltreché su una mole di articoli e sulla vastissima bibliografia esistente, «su una documentazione inedita conservata nelle carte del cardinale Agostino Casaroli, e da altre “fonti” reperite dall’autore (lettere, bilanci, documenti finanziari), oltre a conversazioni con economisti, consulenti, uomini della finanza, dipendenti e dirigenti dell’Istituto vaticano», spiega il volume che ripercorre la storia dello Ior dalla sua fondazione al crac del Banco Ambrosiano, fino alla controversa gestione dell’arcivescovo Marcinkus, la morte di Roberto Calvi, l’assassinio di Michele Sindona, la P2 di Licio Gelli e molto altro ancora.
“DA SINDONA A MARCINKUS”, I DOCUMENTI INEDITI SULLO IOR
Dopo aver ripercorso a fondo l’origine positiva e importante della banca in Vaticano denominata Ior, l’autore affronta la comparsa di monsignor Paul Marcinkus ai vertici dello Ior che aprì invece un’altra stagione, molto più turbolenta. «Il prelato americano è stato persino accusato di aver ordito l’assassinio di Giovanni Paolo I e di essere coinvolto nel rapimento di Emanuela Orlandi», scrive Anfossi, ripreso da Giovagnoli. Nei documenti reperiti dalla lunga bibliografia di Casaroli si ripercorre «la vicenda del Banco Ambrosiano conclusa tragicamente con il suicidio della segretaria di Calvi e la morte a Londra dello stesso banchiere, che venne trovato impiccato a un’impalcatura sotto il Blackfriars Bridge. Fu una vicenda oscura, in cui entrarono – nota Anfossi – Licio Gelli e la loggia P2, Umberto Ortolani, Francesco Pazienza e Flavio Carboni».
Secondo il nuovo studio, quel particolare momento dello Ior rimarrà nella storia per la «più grave deviazione di un’importante istituzione bancaria rispetto alle regole della professione verificatasi in un grande Paese industriale in questi ultimi quarant’anni», come ebbe a definire il ministro del Tesoro Beniamino Andreatta. Fu lo stesso ministro a trovarsi nello scontro a distanza tra Stato italiano e autorità vaticane proprio a seguito degli scandali che lambirono lo Ior: «Il ministro democristiano, infatti, prese nettamente posizione contro quest’ultima e affermò che esisteva una corresponsabilità dello Ior nella mala gestione della più importante banca privata italiana, chiedendo al Vaticano di pagare l’ingente cifra di 1.159 milioni di dollari. Tutto ciò mise in seria difficoltà la Santa Sede e Casaroli avviò un’approfondita indagine interna per chiarire che cosa fosse effettivamente avvenuto». Una lunghissima contrapposizione la “pace” sulla vicenda Crac Ambrosiano e Ior venne chiusa da Papa Giovanni Paolo II il 25 maggio del 1984, a Ginevra, quando le parti «stabilirono di addivenire a un accordo “in uno spirito di reciproca conciliazione e collaborazione”». Come spiega lo storio nella prefazione, «la documentazione utilizzata da Anfossi spinge a ritenere che le responsabilità dello Ior fossero meno evidenti di come le aveva ritenute Andreatta presentando la banca vaticana come “un socio di fatto” dell’Ambrosiano». Sebbene le responsabilità della Santa Sede e dello Ior non furono esclusive ed ingenti, resta la figura di Marcinkus tutt’altro che limpida: «la pervicacia di Marcinkus nell’escludere qualunque sua responsabilità, anche involontaria, non depone a suo favore. L’allora presidente dello Ior ha comunque esposto la Santa Sede e più in generale la Chiesa cattolica a pericoli molto grandi e ne ha danneggiato fortemente la credibilità, come sottolineava il cardinale Martini».