Sarà un estate calda per il Giorgia Meloni che dovrà pensare alla nota di aggiornamento del documento di economia finanza che verrà presentata a metà settembre. Tutti si chiedono se all’interno della Nadef di settembre porta offrire almeno una bozza di forma pensioni 2023 che riesca dare il via ad una legge strutturale che , con ogni probabilità , trattato attraverso una leggera dopo magari inserita in legge di bilancio 2023 e poi lavorata nel 2024 .
Attualmente le frazione non a cena a diminuire e quindi tutti coloro che si provano in un calo e tasse di interesse da parte della bici e hanno dovuto inevitabilmente ricredersi. Ciò influisce anche sul sistema della spesa pubblica perché costringe il ministro dell’Economia ad un costante di calcolo di stipendi , assegni di welfare previdenziale e sociale , pensioni è molto altro.
Riforma pensioni 2023: le difficoltà del sistema pubblico
E anche se il continuo aggiornamento dell’indice perequativo costringe inevitabilmente le casse pubbliche a dover incrementare la spesa, anche in funzione ai continui a flussi sempre maggiori dell’Iva, la vera problematica si presenterà fra qualche anno, quando i giovani under 40 si ritroveranno non poterla accumulare 41 anni di contributi entro e 70 anni di età.
Cosa potrebbe accadere in quel caso? È naturale che il governo dovrà pensare necessariamente ad un ammortizzatore sociale come ape sociale, rendendola strutturale, esattamente come voleva l’ex Ministro Andrea Orlando. Eppure la direzione di Giorgia Meloni sta andando nel senso opposto: se si dovesse infatti analizzare ciò che è accaduto con opzione donna, una misura già di per sé costosa, perché avrebbe comportato per i beneficiari una decurtazione del 30% sull’assegno mensile, e per questo scelta soltanto da un quarto delle potenziali beneficiarie, e limiti minimi per poter usufruire di opzione donna andavano da 58 anni e 36 anni di contributi, adesso invece la soglia è stata innalzata di altre due anni portando quindi la possibilità di una exit anticipata per le donne a 60 anni.
Riforma pensioni 2023: cosa accadrebbe senza Ape Sociale?
Anche quota 41 universale potrebbe causare una proroga simmetrie della exit del mondo del lavoro, perché le numerose crisi economiche e la quasi totale assenza di una politica previdenziale, hanno causato in molte situazioni lavorative una condizione di sofferenza dove i contribuenti non hanno potuto godere di una continuità contributiva.
Quindi cosa potrebbe fare il governo Meloni entro dicembre 2023? Dal momento che il problema si presenterà molto prima, già solo per coloro che fra qualche anno dovranno andare in pensione con il paletto dei 41 anni di contributi, benché nel 2022 l’età media per l’exit pensionistica è stato di 62 anni, Questo sarà inevitabilmente portato in avanti entro il 2030 e poi entro il 2035. In quell’anno sarà necessario avere una ricetta per un ammortizzatore sociale che eviti la bomba economica previdenziale che potrebbe realmente andare in crisi il paese.
Cosa potrebbe quindi accadere senza un ammortizzatore sociale in una fase critica come il periodo che va dal 2030 al 2035? Sicuramente la bomba economica previdenziale si rivelerebbe in tutto il suo vigore e la sua forza. Ecco perché, a fronte di tante promesse, il governo Meloni dovrebbe garantire un ammortizzatore sociale e soprattutto pensare seriamente alla riforma pensioni da attuare dal momento che settembre è già a un passo.