Secondo una recente indiscrezione del Sole 24 Ore, la Manovra 2024, da tempo in discussione e che a fine mese sarà al centro di un nuovo incontro di Governo, richiederà tra i 12 e i 15 miliardi di euro per essere attuata. Un vera e propria sfida che dovrà passare, anche o soprattutto, dall’approvazione del Ministro dell’economia e della finanza Giancarlo Giorgetti, che da tempo ha imposto il paletto di non superare i limiti del deficit fissati con il Def ad inizio aprile. A fare il conto sulle probabili spese che la Manovra 2024 richiederà sono stati gli stessi tecnici del Ministero del Lavoro, con la collaborazione dei partiti di maggioranza, che ora dovranno decidere quali tra le tante misure messe in campo vorranno favorire e quali, invece, stralciare o ridimensionare.
Manovra 2024: la ripartizione delle spese e gli interventi
Insomma, per la Manovra 2024 occorreranno non meno di 12 miliardi di euro, per un massimo che potrebbe arrivare, e forse superare leggermente, i 15 miliardi. La maggior parte di questi, pari a circa 12 o 13 miliardi, spiega il Sole 24 Ore, dovrebbero essere destinati ai pacchetti per il lavoro e il welfare. In particolare, si parla dell’estensione del taglio del cuneo fiscale, che scadrà a fine anno, con circa 9 o 10 miliardi e del pacchetto “produttività e welfare”, al quale saranno destinati i restanti 2 o 3 miliardi.
Complessivamente, infatti, il pacchetto sul lavoro e sul welfare previsto dalla Manovra 2023, oltre al taglio, vuole dare una sorta di risposta al tanto richiesto salario minimo. Risposta che passa dai premi di produttività (ovvero una tassazione agevolata del 5% su importi fino a 3 mila euro, con redditto annuale di massimo 80 mila), ma anche da un probabile azzeramento delle tasse e da una semplificazione normativa generale. Altro punto forte della Manovra 2023 sarebbero i fringe benefit, oggi estesi fino a 3 mila euro per i lavoratori con figli, ma che verrebbero allargati anche per i lavoratori senza figli. I restanti soldi stanziati dalla manovra saranno, poi, destinati alle pensioni, che rimangono però un capitolo aperto alle contrattazioni, anche in attesa degli sviluppi dei conti pubblici.