Il caso dei documenti coperti da segreto istruttorio che sarebbero stati proposti a Fabrizio Corona per uno scoop sulla cattura di Matteo Messina Denaro, file riservati riguardanti le indagini sull’arresto del superboss e le fasi investigative successive, è esploso poche ore fa con l’arresto di due persone. Ai domiciliari, secondo quanto riportato dall’Ansa, sarebbero finiti un carabiniere e un consigliere comunale di Mazara del Vallo, Luigi Pirollo e Giorgio Randazzo, accusati di aver concorso al tentativo di vendere contenuti top secret dell’inchiesta sul padrino di Cosa Nostra proprio all’ex re dei paparazzi. Pirollo, stando a quanto si apprende, sarebbe indagato per accesso abusivo al sistema informatico e violazione del segreto d’ufficio, Randazzo per ricettazione. Ipotesi, quest’ultima, che sarebbe formulata anche a carico di Fabrizio Corona e sulla quale si è espresso il suo avvocato, Ivano Chiesa, in una nota diffusa poche ore fa.
Ma quali sarebbero i file riservati oggetto del presunto affare illecito che oggi infiamma le cronache? A farne una sintesi è l’Agi, secondo cui si tratterebbe di materiale di cui il consigliere comunale sarebbe entrato in possesso grazie al militare che lo avrebbe sottratto agli archivi informatici dell’Arma dei Carabinieri, ben 786 file suddivisi in 14 cartelle relativi alla delicatissima operazione che ha condotto alla cattura dell’ex superlatitante di Castelvetrano. “Fabrizio – ha dichiarato il legale di Corona via social per spiegare la posizione del suo assistito – è stato contattato qualche mese fa da un soggetto che gli ha proposto di acquistare del materiale coperto da assoluto segreto istruttorio. Fabrizio ha chiamato Moreno Pisto (giornalista e direttore di Mow che poi avrebbe salvato una copia dei contenuti per produrla alle autorità e denunciare la faccenda, ndr) e hanno deciso di chiamare il soggetto e capire di cosa si trattava. Moreno Pisto e Fabrizio hanno verificato il materiale e insieme hanno deciso che non si poteva assolutamente pubblicare niente, ma bisognava denunciare il tutto. Questo è stato fatto di comune accordo. Risultato? Pisto ovviamente non è indagato, Fabrizio Corona invece sì, e di cosa? Di tentata ricettazione. Una perquisizione notturna con 10 persone… Siamo alle solite, quando c’è di mezzo Fabrizio Corona tutto il diritto si stravolge”.
Quali sarebbero i file top secret sulla cattura di Messina Denaro oggetto del caso che coinvolge Fabrizio Corona
Secondo quanto riportato in queste ore dalle agenzie di stampa, l’indagine sfociata nell’arresto del carabiniere Pirollo e del consigliere comunale Randazzo, e nell’iscrizione di Fabrizio Corona nel registro degli indagati per tentata ricettazione, sarebbe scattata dalle intercettazioni disposte a carico dell’ex re dei paparazzi nell’ambito di approfondimenti investigativi dovuti al possesso di alcuni audio di Matteo Messina Denaro risalenti all’epoca immediatamente precedente alla cattura. Audio che Corona, via Telegram, aveva diffuso al pubblico come contenuti esclusivi su cui, inevitabilmente, si è accesa l’attenzione degli inquirenti. Nell’ordinanza del gip di Palermo che ha disposto i domiciliari per i primi due indagati Pirollo e Randazzo, riporta Agi, Corona sarebbe descritto come “particolarmente attivo” dopo la cattura del superboss e a caccia di uno scoop clamoroso da poter piazzare subito rivendendolo ai media e chiudere così un affare piuttosto fruttuoso.
In una delle intercettazioni, risalente al 2 maggio scorso, Corona avrebbe fatto riferimento a un presunto “scoop pazzesco” di cui sarebbe entrato in possesso un politico locale grazie a non meglio specificati carabinieri che avrebbero proceduto alla perquisizione dei covi di Messina Denaro e che avrebbero voluto “vendersi il materiale“. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, lo scoop avrebbe avuto come cardine decine di documenti riservati e avrebbe avuto una cornice “complottistica” immediatamente “vendibile” alla stampa online: il presunto ritardo nella perquisizione del covo di Matteo Messina Denaro quando ormai sarebbe stato ripulito di ogni elemento sensibile e determinante ai fini dell’inchiesta sulla latitanza. Gli accertamenti sul contenuto di una pendrive di Randazzo (copiati da Pisto per denunciare i fatti, riporta Agi) avrebbero portato ad appurarne la provenienza (dagli archivi informatici dei carabinieri di Campobello di Mazara) e l’estrema delicatezza. All’interno del dispositivo di archiviazione attribuito al consigliere comunale, una cartella denominata “No Name” con numerosi file suddivisi in 10 sottocartelle e relativi alle complesse attività investigative condotte a seguito della cattura di Messina Denaro a Palermo. Altri file, riferisce ancora Agi, sarebbero “scansioni di alcuni documenti sequestrati il 25 gennaio presso il covo di Campobello di Mazara” e copie di verbali di sommarie informazioni testimoniali che sarebbero stati illecitamente acquisiti dal carabiniere oggi indagato e ceduti al consigliere comunale per presunti scopi di lucro.