Pare che a Palazzo Chigi siano entrati in funzione tutti gli estintori disponibili per spegnere un incendio imprevisto e potenzialmente devastante per il Governo: lo scontro tra la Meloni e nientemeno che l’erede al trono mediatico di Silvio Berlusconi, quella primogenita Marina che il padre definì in una intervista “figlia, mamma, amica e confidente”, praticamente se non erede designata poco manca. La Meloni ha detto che “Marina Berlusconi non è un soggetto politico”, un modo per spegnere le polemiche con magistrati, Anm e Quirinale, tutti appassionatamente indignati per le posizioni ipergarantiste di Marina (“Mio padre viene perseguitato dai giudici anche da morto”).
Le due donne si piacciono e dunque si sono capite anche in questa occasione: Marina ha corretto il tiro, riconfermando la sua devozione alla Meloni, e quest’ultima ha precisato di aver solo detto che Marina è fuori da qualsiasi ruolo politico, niente altro. Il punto politico é questo: Marina è davvero fuori da ogni ruolo politico? Bella domanda. A sentire i ronzulliani, scuola di pensiero che si rifà al capo dei senatori ed ex assistente di Silvio Licia Ronzulli, Marina Berlusconi é il vero leader di Forza Italia.
La conferma a sorpresa viene nientemeno che da un notaio milanese, in confidenza col celebre collega depositario del testamento di Berlusconi: “Il presidente di fatto ha lasciato la conduzione ai figli di primo letto, e intanto i due si sono trovati d’accordo perché nelle intese è entrata pure la politica. Marina concede a Piersilvio un maggiore protagonismo aziendale, e conserva per sé un ruolo a un tempo di custode della memoria del padre, e di media partecipazione politica, con interventi mirati, di tanto in tanto, per vedere l’effetto che fa”.
Insomma i fratelli maggiori avrebbero deciso, non si sa se col consenso dei minori, che è Marina la carta da giocare per una eventuale discesa in campo bis. E a Marina la prospettiva piace, caspita se piace; uno dei pochi parlamentari che la frequenta dice che “letteralmente non vede l’ora di scendere in campo”. E Tajani? Sta al gioco. Sa che poco potrebbe di fronte alla decisione dei padroni di FI di mettere in campo la bionda figlia prediletta del fondatore. E cerca di guadagnare tempo, come un segretario democristiano di transizione, accumulando potere, influenze, amicizie, ed essere condizionante e importante anche nel caso in cui dovrà cedere la scena alla Berlusconi.
Ovviamente la fronda anti-Tajani non vede l’ora di accelerare questo processo: chiodo scaccia chiodo, meglio Tajani fuori dalle scatole subito e al suo posto qualcuno che prepari la discesa in campo di Marina. Gli occhi di tutti sono puntati su Giorgio Mulé, fraterno amico della presidente di Mondadori, vicepresidente della Camera e spina ronzulliana nel fianco di Giorgia Meloni. La novità è che non ci si sono più solo i ronzulliani contro Tajani. Si segnala l’attivismo dei tre tenori di Marta Fascina, quei Sorte, Benigni e Ferrante che hanno fatto il bello e cattivo tempo negli ultimi mesi di vita di Berlusconi.
In tutto ciò non é chiaro il momento in cui Forza Italia calerà la carta Marina. A microfono spento, e sotto giuramento di anonimato, è il solito deputato di seconda fila a svelare l’arcano: “Chi ha frequentato Arcore sa che tutto si prepara in vista delle elezioni, mai prima, e dunque Marina, come il padre, si preparerà nei mesi precedenti il voto per le politiche, non prima. Nel frattempo si concede palloni d’assaggio, dice cose, fa sondaggi, misura la sua popolarità. Certo, ora Giorgia è in cima alle classifiche di popolarità. Ma la presidente di Mondadori sa che il vento cambia velocemente, e al primo segno di crisi ecco che il centrodestra busserà alla sua porta, e per lei si schiuderanno le porte dell’avventura politica”. Fin qui è l’onorevole a parlare, e al vecchio Cappa lascia solo il dubbio se tutto ciò sia una sua speranza o una sua notizia.
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