Riaperto dopo trent’anni il caso dell’omicidio di Laura Bigoni, uccisa con nove coltellate alla gola e al petto l’1 agosto 1993 a Clusone, in provincia di Bergamo, nella casa di vacanza della famiglia. La vicenda sembrava essersi chiusa con l’assoluzione dell’allora fidanzato della 23enne, Jimmy Bevilacqua, in appello nel 1998 e definitivamente in Cassazione, dopo la condanna a 24 anni di carcere in primo grado nel 1997. Ma c’è un nuovo filone d’indagine, finito in un fascicolo aperto dal pm Guido Schininà. A svelare la riapertura dell’indagine, che però non è recente ma risale al 2021, è il periodico Araberara, che alla fine di maggio di quell’anno aveva raccolto una nuova pista, che questura e procura di Bergamo stanno vagliando. Si tratta della testimonianza di una donna che frequentava Clusone e viveva a Milano, proprio come Laura Bigoni, i cui genitori erano portinai in un palazzo di Porta Romana, dove vivano Dario Fo e Franca Rame. La ragazza, aspirante estetista, arrotondava facendo le pulizie per il Comune di Milano.
La testimone lavorava nello stesso posto della ragazza: ha spiegato di essersi licenziata in quanto un uomo aveva provato più volte a violentarla. “Quando io fui aggredita, quel tizio aveva un accendino e una bomboletta. Ho letto che l’assassino di Laura aveva tentato di dare fuoco al materasso con una bomboletta“. La testimone ha raccontato che questo uomo era arrivato qualche volta al lavoro con un taxi giallo di proprietà del fratello, mezzo che alcune persone dichiararono di aver visto sotto l’appartamento di Laura Bigoni la notte dell’omicidio. “Mi vennero i brividi quando a Clusone fu uccisa la ragazza milanese… lei lavorava negli uffici dove c’era questo tipo“, ha dichiarato ancora, come riportato dall’Ansa.
OMICIDIO LAURA BIGONI: PARLANO EX FIDANZATO E MAMMA VITTIMA
La testimone ha consegnato ai giornalisti di Araberara anche il nome di quest’uomo e loro si sono rivolti alla polizia. La donna ha raccontato che era il 1992 quando subì un tentativo di violenza in un ente pubblico, era la settima collega che lo subiva. Laura Bigoni c’entra in tutto questo perché “lavorava negli uffici dove c’era questo tipo“. Quando si licenziò, la 23enne prese il suo posto. Dopo la notizia della riapertura del caso, Gianmaria Negri Bevilacqua, che è stato assolto in appello e definitivamente in Cassazione, dichiara a Il Giorno: “Mi auguro giustizia. Di cuore“. La madre della vittima, invece, continua a nutrire sospetti su di lui. “So che non c’è più niente da fare. La giustizia non funziona“, dichiara Maria Facchi al Corriere della Sera. Ma esclude che qualcuno, sul posto di lavoro a Milano, desse fastidio alla figlia: “Laura non ne ha mai parlato“. Poi lo sfogo contro l’assassino: “Crescere una figlia fino a 23 anni e poi perderla così. Me l’ha…“. Oggi Laura Bigoni avrebbe 53 anni e forse realizzato il suo sogno: “Aveva studiato come estetista. Vicino a dove eravamo noi, c’era un negozio d’estetista. La signora che lo gestiva sarebbe andata in pensione. Le avevo detto: ‘Laura, ti compro quel negozio’. Era tanto contenta“.