PROCESSO VATICANO, LA DURA REQUISITORIA CONTRO IL CARDINALE BECCIU
Entro Natale 2023 è attesa la sentenza del processo in Vaticano per la vicenda della compravendita di un palazzo a Londra in Sloane Avenue con i soldi della Segreteria di Stato Vaticana: è il processo contro il Cardinale Angelo Becciu ma non solo, sul banco degli imputati vi è l’intera gestione delle finanze della Santa Sede in questi ultimi anni. Nella seconda giornata della requisitoria finale lo scorso 20 luglio il promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi ha attaccato duramente il cardinale sardo, l’ex sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato.
«Becciu è stato il vero ispiratore della mancata speculazione petrolifera in Angola che ha dato avvio alla vicenda, una manovra che aveva già di per sé il carattere del peculato»: a seguito di ciò, ha proseguito Diddi (secondo il reportage dell’Avvenire sull’udienza), sono state percorse «operazioni finanziarie scriteriate» con Becciu che «predispone la schermatura dei conti della Segreteria di stato, per metterli al riparo dai controlli». Non solo, il cardinale viene accusato di essere stato «costantemente informato di quello che avveniva» e sotto la sua regia tra il 2012 ed il 2014» sono avvenute tutte le operazioni finanziarie che hanno portato fino al affaire Londra. Secondo Diddi, «il palazzo di Londra era la sua operazione, prese le mosse da lui»: dopo le prime indagini, inoltre, il cardinale avrebbe cercato di «sbugiardare i magistrati, fin da quando non era nemmeno indagato» oltre a muovere una «campagna stampa contro la magistratura. Becciu non si difendeva nel processo, ma dal processo, attaccando quelli che rappresentavano l’autorità giudiziaria».
LA REPLICA DELLA DIFESA CONTRO IL PROMOTORE DI GIUSTIZIA IN VATICANO
Altrettanto dura e netta è stata la controreplica degli avvocati del cardinale Becciu nell’udienza del processo in Vaticano: «La requisitoria ha dimostrato la totale assenza di linearità dell’accusa che nel tentativo di difendere la propria indagine contro il cardinale, franata durante il processo, ha omesso prove e contestazioni per dare spazio a suggestioni e giudizi etici e moralistici perfino sulle modalità con le quali il cardinale si è difeso. Verrebbe da chiedersi a cosa siano servite 63 udienze…», si legge nelle cronache di Avvenire sull’ultima udienza.
Addirittura, concludono gli avvocati, «Si insinua che il cardinale fosse in grado di condizionare l’informazione per delegittimare l’indagine. Davvero paradossale. Il cardinale infatti ha subito per oltre due anni una pesantissima gogna mediatica senza precedenti. E per molti mesi alcuni giornali hanno sfigurato l’immagine del cardinale con accuse che non hanno riguardato neanche l’indagine».
BECCIU SI DIFENDE: “ACCUSE SONO TUTTE FALSE, ECCO COME ANDÒ”
Nella successiva lunga dichiarazione spontanea che il cardinale Becciu – riammesso un anno fa da Papa Francesco in Concistoro ma ormai senza più incarichi nella Curia romana e senza il diritto di entrare in futuro conclave – ha reso davanti al promotore di giustizia e al Presidente del Tribunale in Vaticano, il prelato si è difeso da ogni accusa: «Il Promotore continua a raccontare fatti sul mio conto totalmente lontani dalla realtà, che respingo con forza cosi come respingo ogni singola accusa. Nessuna esclusa. E lo faccio per amore di verità».
Nella 64esima udienza sul caso Vaticano-palazzo Londra, Becciu si difende dall’accusa di aver gestito in maniera fraudolenta i fondi della Segreteria di Stato: «mi si accusa con veemenza di aver impedito che il cardinale Pell e la Segreteria per l’Economia (Spe) effettuassero dei controlli sull’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato: ribadisco che il denaro amministrato dalla Segreteria di Stato costituiva il Fondo sovrano del Papa dai tempi di Paolo VI (e da allora mantenuto riservato), non rientrava nel bilancio consolidato della Santa Sede e di esso si rendeva conto solamente al Pontefice e al segretario di Stato ogni sei mesi». È ancora il prefetto emerito della Congregazione dei Santi a smentire le tesi del promotore sui diversi passaggi, come sui «50 milioni annui donati dallo Ior al Papa per le necessità della Sede Apostolica e depositati nei conti della Segreteria di Stato, manifestando dubbi sul loro utilizzo»: secondo Becciu, «Quando arrivai in Segreteria di Stato questa tradizione era già consolidata e ricordo che la somma era ripartita tra Radio Vaticana, Osservatore Romano e Nunziature Apostoliche». Da ultimo, sugli investimenti del Vaticano è come se il promotore di giustizia, accusa il cardinale, «mi avesse scambiato con il capo ufficio dell’Amministrazione della Segreteria di Stato, mentre ho svolto il ruolo di sostituto. Tutte le attività che Diddi ha attribuito a me le doveva svolgere e la ha svolte il capo ufficio, monsignor Perlasca. Nessuno tra chi ha avuto a che fare con il Palazzo di Londra ed è intervenuto in questo processo ha fatto il mio nome».