L’indagine sulla scomparsa di Emanuela Orlandi è stata “intossicata” secondo Gianluigi Nuzzi. Il giornalista, scrittore e conduttore di Quarto Grado è tornato sul caso di cui si è occupato anche con il suo programma televisivo, spiegando che l’obiettivo è “rendere impenetrabile l’accesso alla verità”. Ma questi depistaggi non hanno l’obiettivo di proteggere chissà quale personalità importante, bensì di “ricattare, fare pressioni nell’ambiente vaticano, affinché si esercitassero dei poteri all’interno di dinamiche soprattutto finanziarie che c’erano tra soggetti criminali e lo Ior”. Ne parla a Quotidiano Nazionale, precisando che secondo lui anche il Vaticano è parte lesa in questa vicenda, anche se in modo diverso rispetto alla famiglia Orlandi. “Molti depistaggi non hanno avuto lo scopo di coprire personaggi eccellenti, ma di ricattare e minacciare”.
Infatti, c’è un punto che Gianluigi Nuzzi ritiene sia stato finora trascurato, pur essendo interessante: prima dell’arrivo di Papa Francesco allo Ior sono stati chiusi centinaia di conti privati, “non riconducibili a enti o soggetti religiosi, quindi che non avevano diritto a essere lì”. Il giornalista parla di un “movimento massiccio a unisono apparentemente inspiegabile”. Una movimentazione improvvisa che, rimarca Nuzzi, “anticipa addirittura le dimissioni di Benedetto XVI”. Potrebbe essere un indizio per cercare nella direzione giusta.
EMANUELA ORLANDI, I DEPISTAGGI E LE PISTE
Per arrivare alla verità su Emanuela Orlandi bisogna ricostruire i depistaggi secondo Gianluigi Nuzzi, individuarne gli autori e capirne le motivazioni. “Bisogna guardare ai depistaggi seriali, ci sono stati quelli dei puri mitomani, ma anche quelli di chi un brandello di verità la possedeva”. Ad esempio, bisognerebbe sgombrare il campo dalla figura di Ali Agca. “La pista internazionale va esclusa”. Per quanto riguarda la presunta pista familiare, quella dello zio Mario Meneguzzi, il giornalista a QN spiega che il Vaticano “dopo decenni di silenzi finalmente ha battuto un colpo. Incredibilmente ha trovato dei documenti che ha trasmesso alla procura di Roma e questo dimostra due cose”.
In primis, che c’erano dei documenti, inoltre che come pista era già stata scartata. Allora perché sarebbe uscita ora? “La storia dello zio potrebbe essere stata una mossa per far rientrare la vicenda in una dimensione familiare, quindi non meritevole di una commissione di inchiesta e renderla così superflua”. Gianluigi Nuzzi non si sbilancia su eventuali altri dossier. “Io penso che il Vaticano disponga di un’ampia documentazione solo a partire dal fatto che al rapimento aveva dedicato una linea telefonica disposta da Casaroli”.
IL GIALLO DEGLI SCAVI DELLA TOMBA A SANT’APOLLINARE
Gianluigi Nuzzi commenta la vicenda dell’apertura della tomba nella basilica di Sant’Apollinare, spiegando che l’unica cosa che ritiene interessante è che “gli scavi della tomba vengono fatti e poi interrotti”. Ma alla repertazione delle ossa “mancano diverse cassette di zinco, gli inquirenti dissero semplicemente che non erano afferenti alla famiglia Orlandi, ma nessuno può dire il contrario, nessuno ha potuto fare delle controperizie. Le cassette sono state messe via e basta”. Ci sono dei punti oscuri anche sulla presunta trattativa tra procura e Vaticano, di cui Nuzzi parlò per primo. “Il Vaticano dice che il magistrato Capaldo ha capito male. A sua volta un poco nicchia. Che ci siano stati contatti tra lui e i vertici della Gendarmeria di allora è fatto del tutto normale. Mi interessano più i colloqui successivi con esponenti della Curia romana, su questo aspetto”, conclude Nuzzi a QN.