La legge europea sulla libertà dei media viola la costituzione tedesca, ma il governo di Scholz non se ne preoccupa, nonostante la prospettiva di inevitabili azioni legali. A denunciarlo è Frederik Ferreau, assistente di ricerca presso l’Istituto di diritto dei media e delle comunicazioni dell’Università di Colonia, attraverso le colonne del giornale Frankfurter Allgemeine Zeitung. Preoccupata per la situazione nell’Europa orientale, dove i governi hanno sostituito i consigli di amministrazione dei media pubblici e inserito le pubblicità delle aziende statali solo nei media fedeli al governo, l’Unione europea sta correndo ai ripari con il “Freedom of the Media Act“, i cui effetti però sarebbero opposti a quelli che si prefigge, perché restringerebbe la libertà dei media anziché garantirla. La Germania tra l’altro è stata sin da subito critica, tanto da aprire una trattativa in Europa per modificare la bozza della legge. Il ministro tedesco per la Cultura e i Media, Claudia Roth, a fine giugno ha parlato di negoziati costruttivi che hanno portato a dei miglioramenti, ma di fatto almeno tre norme violano la Legge fondamentale tedesca.
Come evidenziato da Ferreau su FAZ, in primo luogo, la bozza vieta alle agenzie statali di interferire nelle decisioni editoriali dei fornitori di media e vieta anche di spiare le redazioni. Una disposizione di per sé positiva, ma soggetta alla riserva della responsabilità degli Stati membri per la sicurezza nazionale. Quindi, si apre un varco per il controllo dei media per motivi più o meno giustificati. Di conseguenza, anche le fonti giornalistiche potrebbero essere eliminate per paura della repressione statale. “La riserva generalizzata a favore della sicurezza nazionale è incompatibile con la Legge fondamentale“, osserva Ferreau. Come stabilito dalla Corte Costituzionale tedesca in una sentenza, anche il tradimento di segreti da parte di informatori della stampa provenienti dai servizi segreti non giustifica la perquisizione delle redazioni. Ma questa ampia tutela dei diritti fondamentali potrebbe essere compromessa dalla legge sulla libertà dei media, secondo FAZ.
IN GERMANIA A RISCHIO ANCHE “LIBERTÀ DI TENDENZA”
Inoltre, c’è la questione degli imprenditori dei media. Da parte della Commissione europea c’è una certa diffidenza nei loro confronti, visti come una minaccia alla libertà dei media. Una diffidenza giustificata dalla presenza di potenti oligarchi a capo di alcuni media. Ma in Germania la partecipazione imprenditoriale al processo di formazione delle opinioni è il fulcro della libertà di stampa. Gli editori hanno il diritto di orientare i prodotti della stampa secondo una certa tendenza politica o ideologica, in una sorta di “libertà di tendenza” che garantisce una moltitudine di offerte. Ma questo modello è minacciato se l’editore viene degradato a mero finanziatore con limitate possibilità di influenza. Frederik Ferreau su FAZ riconosce che il fatto che la legge sulla libertà dei media si applichi “fatte salve le disposizioni costituzionali nazionali” potrebbe attenuare il conflitto con la Legge fondamentale. Ma è evidente un notevole grado di incertezza giuridica, oltre che una sensazione di sfiducia da parte delle istituzioni europee nei confronti del panorama mediatico organizzato sulla base di un’economia di mercato.
Sfiducia emerge anche nei confronti delle autorità nazionali di vigilanza sui media quando si tratta di controllare le fusioni societarie nel settore dei media e il loro impatto sulla diversità dei media. In Germania, questo compito spetta alle autorità statali per i media, organizzate a distanza dallo Stato. In futuro, tuttavia, un “consiglio” con rappresentanti di tutte le autorità di regolamentazione degli Stati membri dovrà guidare la supervisione nazionale a livello dell’Unione. Questo “consiglio” potrà emettere pareri di cui l’autorità nazionale dovrà “tenere conto per quanto possibile”. Se è vero che il consiglio e le autorità di regolamentazione nazionali sono tenuti a essere indipendenti dai governi, tuttavia la Commissione europea non solo potrà emettere i propri pareri sulle fusioni nazionali o chiedere al consiglio di emettere pareri, ma potrà stabilire anche nelle linee guida come deve essere effettuata la valutazione delle fusioni.
“COMMISSIONE DEVE SOLO DOMARE ECCESSI”
Frederik Ferreau fa notare su FAZ che se i Länder tedeschi volessero imporre alle istituzioni mediatiche statali come applicare le norme giuridiche sulla tutela della diversità, la politica si indignerebbe. Ma quando si tratta dell’influenza della Commissione sui media e sulla loro regolamentazione, la politica dei media resta in silenzio. Probabilmente a causa dell’errata concezione della Commissione europea come “guardiano dei trattati” non di parte. Ma la Commissione è il capo politico dell’esecutivo dell’Unione e dispone di un potere che molti governi nazionali invidiano. Dal punto di vista del diritto costituzionale tedesco, quindi, per la Commissione vale lo stesso principio degli organi governativi nazionali: deve restare fuori dalla regolamentazione dei media per quanto possibile.
“Anziché accontentarsi di domare gli eccessi, la Commissione punta a una riorganizzazione di vasta portata dei media e della loro supervisione. In questo modo, penetra nel cuore dell’identità costituzionale della Legge fondamentale e mette in pericolo gli standard dell’ordine mediatico tedesco“. Tutt’altro che secondario anche il fatto che l’Ue agisca “ultra vires”, cioè “al di là dei suoi poteri, quando basa una legge sulla sua competenza di realizzare il mercato interno, ma in realtà interviene profondamente nella regolamentazione dei media e quindi nella sovranità culturale degli Stati membri“. Tutte ragioni per le quali la “legge sulla libertà dei media” della Commissione Ue potrebbe essere portata davanti alla Corte Costituzionale tedesca. Se a Bruxelles si dovesse trovare una maggioranza qualificata per la legge anche senza il consenso tedesco, alla Germania resterebbe solo l’opzione di una procedura di infrazione davanti alla Corte di Giustizia europea. L’auspicio è che si riesca a risolvere la questione a livello politico.