Un gruppo di militari ha dato l’annuncio in tv: il presidente Mohamed Bazoum è stato destituito in seguito a un golpe. Il Niger, secondo le prime dichiarazioni dei partecipanti al colpo di Stato, manterrà fede agli impegni presi con la comunità internazionale, che però intanto si trova di fronte a un’azione che toglie il potere a un presidente uscito da una consultazione elettorale.
Si tratta di un Paese strategico, sia perché è il punto di passaggio dei migranti che poi salpano per arrivare a Lampedusa, sia perché ha legami con l’Occidente in un’area dove i russi e la Wagner sono presenti da tempo, in particolare nel Mali e nel Burkina Faso. Il Niger è cruciale anche per l’Italia: 350 soldati italiani sono in missione per addestrare l’esercito nigerino. Non solo, rientra anche nel cosiddetto Piano Mattei pensato dal governo Meloni per il rilancio dei Paesi africani.
Ora bisognerà vedere quanta parte dell’esercito sostiene il golpe, anche se l’appoggio appare diffuso. “Se la situazione in Niger precipitasse – spiega Fausto Biloslavo, corrispondente di guerra de Il Giornale – potrebbero esserci conseguenze un po’ in tutta l’area”.
Quali sono le ragioni del tentato colpo di Stato in Niger: sono tutte interne o c’è l’influenza di qualche forza straniera?
L’unica cosa chiara è che il Niger è un forte alleato dell’Occidente, in particolare dell’Italia. I golpisti hanno detto che rispetteranno tutti gli impegni internazionali, ma il Paese si trova in una zona in cui Mali e Burkina Faso, con altri golpisti, si sono pesantemente spostati su Mosca. Lì intorno si muove la Wagner, ma è troppo presto per dire se c’entrano i russi anche in questa vicenda. In Niger ci sono ancora i francesi, con mezzi e truppe, e ci sono anche i militari italiani: abbiamo 350 uomini e il comando della missione europea.
Gli italiani sono lì per addestrare l’esercito nigerino?
Questo è l’aspetto anche forse un po’ imbarazzante. La nostra missione bilaterale è di supporto alle forze armate nigerine, alle forze speciali, all’esercito, non alla guardia presidenziale, che ha dato il via al colpo di Stato. Però si è capito che le forze armate almeno in parte sono con i golpisti: l’annuncio, infatti, è stato dato da un colonnello dell’aeronautica. E l’Italia in Niger si sta occupando di addestrare l’aviazione.
Qual è la linea dell’Occidente di fronte al golpe?
I francesi, che hanno l’interesse maggiore sul Niger, gli Usa, la Ue, la stessa Unione africana hanno condannato l’iniziativa. Al momento per tutti Bazoum è il presidente in carica.
Ma alla fine quali sono i motivi della rivolta?
L’ufficiale che ha annunciato la destituzione di Bazoum ha parlato di una situazione economica e sociale grave. Il malcontento è profondo, come in altri Stati africani, ma è stato peggiorato dagli scontri tra fazioni interne al potere a Niamey, probabilmente anche tra il presidente e il suo predecessore, sostituito dopo la vittoria nelle elezioni. Bazoum fin dall’inizio del suo mandato ha destituito diversi generali e voleva cambiare anche il capo della guardia presidenziale, Omar Tchaini, anche se poi lo ha lasciato al suo posto cambiando qualcosa solo nella sua scorta. Siluramenti che hanno favorito questo ammutinamento.
Per adesso la situazione non è precipitata, non ci sono stati scontri a fuoco?
No, solo manifestanti che si sono avvicinati al palazzo presidenziale sparando in aria per esprimere il loro sostegno a Bazoum. Se le forze armate sono spaccate il rischio c’è. Se così fosse non dico che si rischia una situazione come il Sudan ma quasi.
Perché il Niger è strategico in questa area?
È un tassello dell’Occidente con Paesi intorno che sono diventati filorussi. Dal Niger passano i flussi migratori: prima andavano soprattutto in Libia, adesso anche attraverso l’Algeria vanno in Tunisia. E sono le stesse persone che con i barchini cercano di raggiungere le coste italiane, a Lampedusa. La nostra missione militare è anche per aiutare il Paese nel controllo dei confini. Il Niger ha rischiato di finire nel calderone jihadista. Non è successo perché sono intervenuti i francesi e in seguito anche noi. Ci sono gruppi legati ad Al Qaeda e all’Isis che avevano dato filo da torcere al potere centrale e ancora adesso sono attivi in alcune zone più remote. Non sono più la minaccia che erano all’inizio, però ci sono. Per questo il Niger è fondamentale. L’Italia, nel solco dei francesi, ha riaperto l’ambasciata e ha tenuto rapporti stretti: per noi è un Paese cruciale. In più il golpe è iniziato proprio mentre il primo ministro nigerino Ohoumoudou Mahamadou è a Roma per la conferenza della Fao.
Come potrà evolversi la situazione?
Bisognerà vedere quanta parte delle forze armate è con i golpisti. All’inizio sembrava che l’esercito avesse dato un ultimatum ai golpisti, poi, con l’annuncio dato da un colonnello dell’aereonautica il quadro può cambiare. Dipenderà molto da quello. Non penso che ministri o manifestazioni di piazza possano cambiare la situazione, a meno che non abbiano dietro una forza militare. Ma il rischio che si finisca in uno scontro aperto e in un bagno di sangue c’è sempre. La capitale, per il momento, al di là del coprifuoco, è abbastanza tranquilla. È anche delicata la situazione delle truppe straniere, francesi e italiani ma anche di altre nazionalità europee. Bisogna vedere cosa faranno i francesi, ma anche noi, che di fatto eravamo in stretto contatto con le forze armate del Niger.
Ci sono anche interessi economici dal salvaguardare da parte dell’Occidente? Da questo punto di vista il Niger cosa può offrire?
Sì. Il Niger è un tassello del Piano Mattei, che non significa solo bloccare i migranti ma anche porre le basi di uno sviluppo economico virtuoso dell’Africa. Solo così si evitano le partenze o i golpe.
È un Paese che ha risorse energetiche e minerarie?
Ha qualche risorsa neanche tanto sfruttata. Agli inizi di luglio, alla presenza dell’Alto rappresentante della Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza Borrell, di Emanuela Del Re, rappresentante dell’Ue per il Sahel, è stata inaugurata una grande centrale elettrica che è stata un grosso investimento dell’Europa. Uno dei problemi del Niger, come di altri Paesi africani, è proprio l’elettricità, non sempre disponibile e che crea problemi alla struttura sociale ed economica. Il Niger ha anche risorse che vanno sfruttate e che in molti casi si trovano in zone ostiche. Ne ha meno rispetto ad altre nazioni come la Nigeria, con cui confina a Sud, che è piena di petrolio. Ma forse anche per questo nel Piano Mattei è previsto un aiuto, ad esempio, per quanto riguarda le energie rinnovabili, chiodo fisso della Ue, che ha 150 miliardi da investire in Africa per questo.
In Niger, insomma, la Ue sta investendo. Il colpo di Stato non ci voleva.
È sicuramente uno dei Paesi più poveri di quell’area, però c’è anche un’industria mineraria che esporta l’uranio. Tuttavia per sfruttare quello che c’è, oltre all’uranio anche il ferro, il petrolio e l’oro, ci vuole stabilità.
Ci sono diversi soggetti che intanto stanno cercando di accreditarsi come mediatori. Chi può assumere questo ruolo?
Il più importante è forse l’ex presidente del Niger Mohamed Issoufou, che naturalmente conosce molto bene la situazione del Paese. C’è anche il presidente del Benin e l’Unione africana ha espresso preoccupazione, così come la Nigeria. Teniamo conto della situazione geografica. Il Niger confina a Ovest con Mali e Burkina Faso che sono in mano ai russi, a Nord ci sono la Libia, che è ancora nel caos, e l’Algeria che è diventata luogo di transito dei migranti verso la Tunisia. La situazione è relativamente tranquilla solo a Sud verso Nigeria e Ciad.
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