Fondere cellule cerebrali umane con l’intelligenza artificiale: è l’ambizioso progetto di un team di ricercatori dell’University College di Londra e della Monash University in Australia, in collaborazione con la start-up Cortical Labs di Melbourne. Il progetto ha ottenuto una sovvenzione da 600.000 dollari da parte dell’Office of National Intelligence e dal Dipartimento della Difesa australiano. Un progetto che “renderà possibile lo sviluppo di macchine in grado di riprodurre la capacità di apprendimento delle reti neurali” come ha spiegato a La Croix il direttore del programma, il professor Adeel Razi.
Per studiare come fondere cellule cerebrali umane con l’intelligenza artificiale, un anno e mezzo fa il team di ricercatori è riuscito a far crescere all’interno di una piastra di Petri una rete di 800.000 neuroni (per confronto, si pensi che un cervello umano ne ha comprende circa 86 miliardi) che, collegati a un processore, sono stati in grado di attivare una versione semplificata del famoso videogioco Pong, in cui la sfida consiste nel muovere un righello verso una palla. Il principio alla base di questo sistema, denominato “Dish Brain”, è l’assunto che neuroni e chip condividono un linguaggio comune: l’elettricità. Marion Delous, ricercatrice Inserm del Centro di Neuroscienze di Lione, parla di “organoide cerebrale” per definire questa particolare coltura in vitro, a base di intelligenza artificiale e cellule cerebrali umane. “Per ottenerle prendiamo cellule della pelle o del sangue che vengono riprogrammate per ottenere cellule staminali pluripotenti che si svilupperanno in una rete neurale 3D” ha spiegato al quotidiano francese.
Cellule cerebrali e intelligenza artificiale: cosa sono i biocomputer
Unire cellule cerebrali umane con l’intelligenza artificiale in un “organoide cerebrale” può avere diversi scopi, tra cui comprendere meglio i meccanismo di formazione del cervello e di alcune malattie come la microcefalia, ma anche indagare lo sviluppo di biocomputer operanti sul modello del nostro cervello.
Fabien Milanovic, sociologo presso la scuola di ingegneria SupBiotech di Parigi e coordinatore di Organact, programma di ricerca interdisciplinare sull’uso degli organoidi, si domanda: “Come possiamo interpretare l’attività di queste reti neurali?” e “quale status dovremmo attribuire loro? Dovrebbero essere considerate come cose o come una forma di umanità? Qual è il legame di proprietà e intimità con il donatore? Dovrebbero essere specificamente regolamentate e come?”. Un prodigio della scienza che però solleva numerose domande di stampo etico.