Il settore degli influencer, i creatori di contenuti, starebbe attraversando una vera e propria crisi. Dopo che per dieci anni si è avuto una crescita senza sosta, con un fatturato di trecento milioni di euro, negli ultimi tempi il sistema ha iniziato a scricchiolare, come sottolinea Fabiana Giacometti per il quotidiano Il Foglio. Secondo Giovanna Ferrero, responsabile della strategia digitale del Salone del Mobile ed ex manager di Havas e WPP a complicare la situazione sarebbe stato TikTok, che ha cambiato troppe carte in tavola, evidenziando la fragilità di questa modalità di marketing. Inoltre, gli algoritmi delle piattaforme cambiano troppo velocemente e in maniera imprevedibile, specificando come “l’unico modo per verificare davvero il tasso di conversione di uno di questi creator – scrive Fabiana Giacomotti – sia di associarlo a un codice sconto o a un link di verifica”.
A conferma che il trend stia cambiando anche quanto fatto da Domenico Dolce e Stefano Gabbana, due fra gli stilisti più noti al mondo, che se fra il 2016 e il 2017 furono i primi a capire il valore degli influencer, invitandoli alle sfilate, in occasione degli ultimi show di moda maschile, e che hanno detto a Repubblica di aver eliminato buona parte dei content creator dalle proprie liste, per via di una scarsa rilevanza sui follower nonché per la loro preparazione e cultura specifica che non sarebbe stata all’altezza. “Non possono essere l’unico esempio – hanno detto – i giovani hanno bisogno di basi”. E tali basi latitano spiega ancora Fabiana Giacometti, e non soltanto nella moda, risultando “sempre più evidente – scrive – che le basi del successo di influencer e tiktoker non risiedano in un’evidente supremazia culturale e sociale quanto nel suo contrario: quelli di maggiore successo dicono e fanno, meglio e con più garbo o in luoghi molto desiderati, cose che faremmo o che già facciamo tutti”.
SETTORE INFLUENCER IN CRISI: LA LORO ASCESA GRAZIE ANCHE AL POPULISMO
In Italia il settore degli influencer e dei creatori di contenuti conta circa 350mila persone per trecento milioni di euro, un esercito formato per lo più da millennials ma anche genitori ambiziosi e ultrasessantenni guidati più dal divertimento che dal guadagno. E’ “protetto” dall’associazione Assoinfluencer che punta al riconoscimento del codice Ateco e ad altri diritti per la categoria. Di questo esercito però solo pochissimi riescono ad avviare collaborazioni interessanti con i brand, mentre gli altri finiscono per perdere la propria credibilità.
Fabiana Giacometti si dice anche convinto che l’ascesa dell’influencer sia infine un derivato superficiale della crisi delle elite e la nuova affermazione del populismo: “La verità è che – conclude – a mano a mano che l’influencer marketing ha preso piede, uscendo dalla nicchia mediatica, i rischi connessi con la presunta autenticità e indipendenza dei creatori sono aumentati, e insieme con questi la corrispondenza delle campagne con gli obiettivi”.